Due anni dopo La Bestia di Borowczyck, Luigi Russo porta al cinema il suo La Bella E La Bestia, che cita il regista polacco nel titolo, nel cast (Lisbeth Hummel) e nelle intenzioni, visto che i quattro episodi del film di Russo sono tutti ampiamente riferibili allo stile di Borowczyck. Un'operazione scoperta, quasi un omaggio, un tributo, sebbene Russo cerchi di mantenere comunque una propria cifra personale. Il titolo sembrerebbe riferirsi in modo più diretto al secondo episodio, nel quale la Hummel, moglie e figlia di un ricco uomo russo, viene sorpresa in pieno adulterio e rinchiusa nelle stalle della tenuta con il cadavere dello stalliere (l'amante), un cavallo e due cani, con i quali dapprima farà comunella per ingannare la solitudine, poi dovrà scendere a patti per le vettovaglie (e sarà lei ad essere sbranata dai compagni di cella, incattiviti dal digiuno a oltranza). Ma invece quell'episodio un suo titolo ce l'ha ed è Zooerastia (che comunque non va a cascare tanto lontano), probabilmente perché la Hummel gode particolarmente dell'amoreggiare tra i cavalli e la biada, ma anche perché non ci vengono risparmiati i membri animali in bella mostra; tuttavia, non trattandosi di un film con la Lotar, ma di un'operazione che vuole in qualche modo ricalcare l'eleganza aristocratica di Borowczyck, non ci sono scene esplicite in tal senso.
La Hummel ricorre anche nel primo capitolo (La Schiava), dove interpreta la concubina preferita di uno zar russo (Robert Hundar). L'imperatore è sfinito dal continuo negarsi della donna (o meglio, il corpo è obbligata a concederlo, ma senza partecipazione emotiva, come un mero oggetto di piacere) e raggiunge con lei un accordo per il quale egli potrà averla anima e corpo a patto di concederle un giorno di potere assoluto in sua vece. Durante quelle 24 ore la schiava userà lo scettro (anzi l'anello) in modo puramente vendicativo e puerile, cercando di umiliare lo zar, ma non appena egli rientrerà in possesso delle sue prerogative, anziché prendersi il corpo tanto agognato della schiava la farà gettare in pasto ai cani (e fanno due, un vero e proprio destino per la Hummel). In La Fustigazione, un giovane collegiale sorprende la madre ad amoreggiare con l'amante e tale "shock", coniugato alle frequenti punizioni corporali ricevute dal maestro per la sua impreparazione scolastica, lo porteranno a sviluppare un morboso risvolto masochistico in presenza dell'eccitazione sessuale, perfettamente coadiuvato in questa sua parafilia da una compagna di studi (Brigitte Petronio), particolarmente portata per la dominazione. Ne La Promessa una giovane sposa (Franca Gonella) da prima sembra bearsi delle avances saffiche della propria sarta (Françoise Gerardine) durante la prova del vestito del matrimonio, poi decide di saldare una promessa fatta da lungo tempo all'aitante cugino, concedergli la propria verginità una volta cresciuti. All'indomani si celebrerà il matrimonio, è infine giunto il momento di saldare il debito.
I primi due episodi sono quelli più direttamente riconducibili a Borowczyck ma, come detto, per tutto il film si respirano le ambientazioni del suo cinema (non solo La Bestia, anche i Racconti Immorali ad esempio). Ad ogni frazione si cambia tempo storico e latitudine, dal passato al presente. Il filo conduttore è l'aspetto "bestiale" dell'erotismo rappresentato, la sua deriva più estrema, che si tratti di dominazione, di sadomasochismo, di zoofilia o di ninfomania (la Gonella è semplicemente un po' zoccola). Decisamente più gelido il temperamento nei racconti con la Hummel, proprio a causa della sua freddezza espressiva, la sua è una sensualità algida, che effettivamente porta in dote un seme di morte e di follia. I suoi sguardi allucinati, tanto al cospetto dello zar quanto nella prigionìa zoofila, non causano una grande eccitazione, semmai una certa angoscia. Più ruspanti, eroticamente parlando, le storie successive. La Fustigazione è forse il più complesso psicologicamente (e cerebrale), mentre La Promessa è quello con la trama più esile ma, a conti fatti, anche il più efficace e "lussurioso". Ariosa e molto riflessiva la messa in scena di Russo, che si concede tempi estremamente lenti ed una discreta cura scenografica, pur senza raggiungere il manierismo di Borowczyk. Soggetto, sceneggiatura e montaggio sono tutti opera di Russo, giusto le musiche sono lasciate al maestro Piero Umiliani. Sempre nel '77 sarà la volta anche di un'altra "bestia", quella di Alberto Cavallone, L'Uomo, La Donna E La Bestia - Spell (Dolce Mattatoio).