La Bambola

La Bambola
La Bambola

Se siete in cerca di cinema d'autore potreste scegliere per esempio film di Pupi Avati, se volete il grande cinema americano potreste scegliere Spielberg, se volete il Cinema con la C maiuscola scegliete Kubrick, se volete sentire gli umori del Tevere un Corbucci d'annata con Tomas Milian, o se volete della toscanità verace un Monicelli o un Francesco Nuti. Se però volete una trashata erotica, fatta coi piedi, con assegnazione di medaglia al valore kitsch e standing ovation per la cagneria recitativa, il vostro uomo è Ninì Grassia. Una critica senza appello? Affatto, Cineraglio ama incondizionatamente Grassia, quindi tutto questo preambolo era un panegirico elegiaco

In La Bambola i segni distintivi di mr. Grassia ci sono tutti. Il film è ambientato a Corsara, dove tre amiche suppergiù diciotteni frequentano il liceo. Sono tre ragazze facili dichiarate, si ritrovano raccontando alle famiglie che escono assieme, in realtà poi ognuna va col proprio ragazzo e, all'ora prestabilita, si ritrovano per tornare a casa. Una delle tre, Deborah Calì, ha una travagliata situazione familiare, la madre gestisce un bar tabaccheria ipotecato, l'ufficiale giudiziario è in agguato ed il nuovo compagno della donna è un farabutto patentato. La soluzione a tutti i mali viene individuata in un bordello dove la Calì viene spedita per prostituirsi e far soldi come una slot (slut) machine. Nome di battaglia: Bambola. Reclusa nel Casino, la ragazza dapprima fa buon viso a cattivo gioco, poi dopo la morte di una amica/"collega" per droga fugge con l'aiuto di un suo professore (frequentatore del bordello). - SPOILER: la sua fuga scatena un alterco tra la madre (sempre più stordita e depressa) ed il compagno magnaccia che culmina con una revolverata letale alle spalle dell'uomo. La Calì trova finalmente il coraggio di denunciare i fatti ai Carabinieri (a che scopo poi non si sa, visto che l'unico colpevole è stato fatto fuori).

La prima mezzora del film raggiunge livelli leggendari quanto a cialtroneria e squallore della mise-en-scène. Si inizia con la scolaresca (tutti evidentemente troppo grandi per essere dei liceali) che ascolta il professore - per altro quasi coetaneo dei suoi studenti - declamare una poesia di Baudelaire sulla pericolosità del sesso femminile. Al primo banco c'è la Calì in minigonna, décolleté col tacco e una bocca rosso fuoco che manco la Parietti. Molto sobriamente la Calì inizia a fare domande allusive al professore, ma purtroppo suona la campanella. E se tanto mi dà tanto, ne vedremo delle belle... Cinque minuti dopo infatti assistiamo ad un tipico pomeriggio delle ragazze del muretto, ognuna col suo boyfriend ad esplorare il corpo umano. Da brividi la scansione temporale degli eventi; Grassia decide che tutte e tre, a montaggio alternato ("montaggio" in tutti i sensi), sperimentano le stesse posizioni, per cui quello che fa una fa l'altra, e la terza pure. Praticamente vanno in sincrono. Potrebbe essere una nuova disciplina ollimpionica. Le tre si ritrovano a "studiare", cioè si raccontano le proprie esperienze amorose. Una ad esempio racconta la sua prima volta, quando a 13 anni conobbe il sesso. Il fatto è narrato in flashback e la ragazza appare in tutto e per tutto identica, a 13 anni come a 18 (che poi l'attrice ne ha pure qualcuno di più). A parte la leggerissima tangenza con la pedofilia, rimane il fatto che quella "tredicenne" ha un seno ed un corpo parecchio parecchio sviluppati. Questo però non costituisce un problema sostanziale per Grassia che, semplicemente, se ne frega della coerenza interna del film. Quindi è il turno del racconto della Calì, pure lei alle prese con la sua prima volta; praticamente uno stupro in piena regola e Grassia non si fa specie minimamente di ritrarre la Calì piuttosto "in sintonia" con la situazione. Con quella solita strisciante, ambigua, sgradevolissima idea maschile per cui "tanto alla fine le piace comuque". Ovviamente non poteva mancare neppure la parentesi lesbo, per la serie "accontentiamoli tutti".

I dialoghi hanno una cura fantasmagorica, basti pensare che mentre due tizi giocano a carte (scopa o briscola), uno fa all'altro: "intanto mi prendo il 3", e cala un fante con cui effettivamente prende un 3. E per quanto urticanti i dialoghi sarebbero il meno, se si pensa alla recitazione. Non ce n'è uno/a che si salvi, pare un porno amatoriale di provincia dove l'aiuto regista al 28esimo ciak della stessa scena sbotta: "vabbè, tanto poi aridoppiamo tutto, nun gnene frega gnemte a nisuno de 'ste parti dove nun se vede che stanno a termosifona' de' brutto". Ogni fotogramma è mostruosamente velleitario, abborracciato, la fotografia è da filmino della comunione (come quando la maitresse del bordello illustra la camera della Calì, dicendo che ha avuto estrema attenzione estetica per ogni dettaglio, perché anche l'aspetto della mobilia è importante....e infatti sembra una di quelle camere ottocentesche delle nostre nonne, manca solo la bacinella di porcellana con l'acqua e l'effige del Duce). La Calì è una gran figliola, di certo la pellicola non lesina abbondanti dettagli epidermici ed il suo fisico la salva dalla catastrofe. Grassia è a tutto campo, produzione, soggetto, sceneggiatura, montaggio e musiche. Per fortuna almeno davanti alla macchina da presa non si è messo lui, ma ha preferito la Calì e le sue sodali. Incerta la datazione del film che Wikipedia assegna al 1990, altrove ho visto il 1991 e IMDB addirittura dice il '94. Piuttosto divertente il fatto che ovunque abbia letto la trama del film questa sia stata sempre riportata sbagliata, con degli errori, compreso lo stesso dvd Duck Records che, ad esempio, sostiene che alla fine la Calì ed il professore si sposino (mentre invece i titoli di coda arrivano davanti alla caserma dei Carabinieri). Evidentemente tutti hanno fatto molta attenzione al vero elemento portante di questo film... che è la sceneggiatura.

Trailer ufficiale

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