Jackie Brown

Jackie Brown
Jackie Brown

Nel 1994 Pulp Fiction lo vidi al cinema e come la maggior parte degli spettatori rimasi molto colpito, si trattava di qualcosa di completamente diverso, per citare i Monty Python. Quindi recuperai Le Iene e a quel punto divenni uno spettatore affezionato delle produzioni di Quentin Tarantino. Non durò moltissimo per la verità, il primo Kill Bill lo vidi in sala ma già mi passò la voglia di pagare il biglietto per vedere anche la seconda parte al cinema. All'altezza di Django Unchained ero totalmente saturo di Tarantino, del suo stile cinematografico. Grandissimo talento tecnico, formalmente creativo e sempre ispirato, sul versante contenutistico i suoi marchi di fabbrica mi avevano ampiamente stancato e soprattutto erano diventati prevedibili e ripetitivi. Audace, sfidante, provocatorio, un frullatore di generi diversi tra loro, molto divertito dalla violenza e dal grottesco, entrambi usati come collante per tenere assieme dramma e commedia; sorta di camera di decompressione che consente più agilmente allo spettatore di passare dai sapori dolci a quelli aspri in modo (quasi) indolore. Ad insaporire il piatto poi Tarantino riversa una impressionante quantità di citazioni e omaggi al cinema di genere dei '70 e '80 americano ma anche e soprattutto europeo ed asiatico, ed un uso rutilante delle musiche. Il celebratissimo C'era Una Volta A.... Hollywood, salutato da molti addirittura come il suo capolavoro, è un film che mi ha lasciato abbastanza tiepido; ok la maniacale ricostruzione d'ambiente, gli scintillanti sixties, gli ammiccamenti e le gomitate di complicità con lo spettatore, le musiche, le scenografie, le lattine di birra, gli occhiali da sole di Brad Pitt, i moscerini e qualsiasi altro infinitesimo dettaglio citazionistico si possa cogliere, ma 2 ore e 43 minuti sostanzialmente senza una storia, con personaggi che vivono quasi esclusivamente dell'estro caricaturale degli attori (e della bella faccia delle attrici) e persino dei dialoghi un po' mosci, mi hanno fatto pensare che Tarantino sia molto più lucido dei suoi fans nel ripetere ossessivamente che dieci film siano il numero giusto per smettere. Anche se non accadrà.

Per tutti questi motivi la visione di Jackie Brown è l'unica che si salva dalla mia personale uggia tarantiniana. Non potrebbe essere altrimenti visto che di fatto è la sua pellicola che, pur senza prescindere da molti dei suoi trademark, li porta impressi in maniera meno asfissiante e autoreferenziale. Jackie Brown è il film meno tarantiniano di Tarantino ed è curioso che sia il titolo immediatamente successivo a Pulp Fiction, ovvero l'opera che lo ha fatto conoscere a livello planetario, lo abbia affermato come regista e lo abbia trasformato in un monumento vivente. In Jackie Brown ci sono gli anni '70, c'è la blaxploitation, c'è la musica "vecchia" ("Across 110th Street" di Bobby Womack, theme song dell'omonimo film del 1972 da noi distribuito come Rubare Alla Mafia È Un Suicidio, la risentirete coverizzata da Pivio a Aldo De Scalzi per la serie tv Coliandro), c'è Pam Grier vecchia gloria e ci sono le consuete situazioni violente e beffarde al cospetto delle quali riderete di azioni atroci (come De Niro che uccide per stizza Bridget Fonda). Allo stesso tempo Tarantino qui si concede molto altro, i tempi sono dilatatissimi, i dialoghi hanno un rilievo importantissimo, dialoghi veri non le gigionate come i killer che parlano di "Like A Virgin" di Madonna o Travolta e Jackson che discettano dei panini di MacDonald's. C'è un tocco di romanticismo, c'è una recitazione che non va costantemente sopra le righe, c'è un intrigo lento e avvolgente anziché frenetico e paranoico, e ci sono tantissimi primi piani che parlano al posto delle battute in sceneggiatura.

Tarantino si concede nuovamente un montaggio ad incastro, derivandolo da Pulp Fiction, anche se qui lo riserrva ad un preciso momento del film nel quale gli occorre di mostrare uno stesso accadimento da diversi punti di vista. Pam Grier è superlativa, relegata per anni ad "attricetta" di film di serie B col décolleté generoso per un pubblico afroamericano, con Jackie Brown mostra una serie di sfumature recitative ed uno spessore attoriale di prima grandezza. Meraviglioso il volto di Robert Forster; Samuel L. Jackson varia di poco e niente lo spartito del suo Jules timorato di Dio in Pulp Fiction; De Niro accetta un ruolo da stordito che non tutti i grandi attori sarebbero stati disposti ad interpretare, a lui in realtà sarebbe dovuta andare inizialmente la parte di Forster ma pur di lavorare con Tarantino fu disposto a cambiare ruolo e scendere di un gradino, chapeau; insopportabile Michael Keaton con la sua recitazione sempre sovraccarica ed estremamente smanacciona. Il fatto che il film sia l'unico non originale di Tarantino ma tratto dal romanzo omonimo (da noi Punch Al Rum) di Elmore Leonard, che collabora anche all'adattamento della sceneggiatura, è forse tra i motivi che ha reso questo lavoro tarantiniano più eterogeneo rispetto alla sua restante produzione. Nel libro Jackie Brown (che si chiama Burke) è una donna bianca. Sylvester Stallone avrebbe dovuto recitare la parte assegnata poi a De Niro, mentre John Travolta quella di Michael Keaton, ma si resero indisponibili.

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