Bizzarramente Wikipedia, descrivendo Andrea Bianchi, lo pennella definendolo un regista "controverso", "famoso per aver diretto Edwige Fenech in Nude Per l'Assassino", autore di "curiose commistioni tra film drammatici, horror e thriller e, in alcuni casi, anche pornografici". Dagli anni '80 il filone hard sarà quello esclusivamente battuto da Bianchi (altro che "in alcuni casi"), anche se nell'89 - dice sempre Wikipedia - "realizza invece un film drammatico scegliendo come protagonista Pamela Prati". Ora, definire Io, Gilda un film drammatico è come assegnare Gola Profonda alla fantascienza; d'accordo che il clitoride al posto delle tonsille è qualcosa di sconosciuto alla medicina, ma da qui ad entrare nel mondo della robotica positronica di Asimov e degli androidi di Dick ce ne corre. Nutro qualche punto interrogativo anche in merito all'epiteto "controverso", ma qualcuno poi mi spiegherà perché Bianchi sarebbe più o meno controverso di un Marco Ferreri o di un Russ Meyer, per dire.
Io, Gilda è senz'altro un film gagliardo, inteso come pellicola che non si fa scrupoli a pigiare il pedale dell'acceleratore e osare. Che Bianchi traffichi col porno lo si capisce nei primissimi minuti quando, senza colpo ferire, vediamo in technicolor panoramico la patonza di Valentine Demy, indaffarata a massaggiata Gerardo Amato con le nudità del proprio corpo (secondo una tecnica orientale che i cultori di Emmanuelle conoscono assai bene). Il boss italo americano Max (Amato) è solito frequentare il locale di Lulù (Valentine Demy), dove hanno luogo spogliarelli e forse pure altro. Qui una sera assiste all'esibizione di Gilda (Pamela Prati), rimanendone comprensibilmente folgorato, anche perché Max ha un culto morboso per la mitica Rita Hayworth e rivede nella Prati l'incarnazione della Gilda originale ("pure più bella"). Prende possesso quindi della donna (in tutti i sensi possibili ed immaginabili) e le assegna una guardia del corpo, l'ossigenatissimo Alex (Gino Concari). Molti anni prima proprio tra Alex e Gilda c'è stata una storia sentimentale, che inevitabilmente riesplode una volta che i due tornano a frequentarsi. Il gelosissimo Max se ne accorge e decide di punire entrambi. - SPOILER: quello che scopriamo strada facendo è che nessuno è chi sembra essere. Lulù era l'amante di una ragazza che Max ha fatto uccidere, e per questo gli ha giurato segretamente vendetta; Gilda era la sorella della donna assassinata, ed insieme a Lulù sta attuando la vendetta; Alex è un poliziotto che, grazie anche all'aiuto di Lulù, tenta di incastrare Max. Max è il fratello di Michele Placido nella vita reale, magari non lo sapevate.
Il film parte come un erotico puro per poi prendere la piega del thriller, anche se la trama poliziesca è subordinata agli amplessi continui della Prati. Protagonistissima in questa pellicola, appare quasi sempre nuda o tutt'al più in lingerie; sui suoi seni si potrebbe fare una dettagliata trattazione scientifica, tanto sono esposti sullo schermo. Per altro la Pamela era veramente al top della forma, la sua fisicità statuaria e la perfezione antigravitazionale delle sue forme raggiungono livelli di tutto rispetto in Io, Gilda. Cercano di strappare qualcosa alla sovraesposizione della Prati anche la Demy e la sua amante uber pettuta, di cui non so il nome ma della quale conservo ugualmente un gradito ricordo. Giusti dice che nel film si possono vedere alcune starlette prestate dal porno; una è chiaramente la Demy, e non faccio fatica a pensare che pure la sua bombastica amante lesbica non venisse dal Piccolo Teatro di Strehler. C'è poi un'altra biondina che si aggira nuda per qualche minuto prima di essere presa a revolverate, la prima amante di Amato e la crew del Notorius, il locale di striptease dove si esibisce Gilda (e che comprende pure un gay in corsetto e reggicalze). Come nel calcio, si dovesse fare una statistica del possesso palla, traslandolo qui nei fotogrammi che vedono le attrici svestite vs quelli che le vedono vestite, il rapporto sarebbe tipo 80% nel primo caso, 20% nel secondo. La Demy è nuda senza un perché, semplicemente quando Bianchi decide che lei deve dire la battuta, per qualche motivo la vediamo come mamma l'ha fatta, sempre e comunque. La Prati facciamo appena in tempo a scorgerla con qualcosa indosso, ma solo perché un attimo dopo inizia a spogliarsi. Chiaro, è un bel vedere, nessuno si lamenta, è che in linea di massima sai sempre cosa aspettarti.
Bianchi non dirige meccanicamente, ci mette del suo, in questo senso il film è meno sciatto e stupido di quello che si potrebbe pensare, pur avendo dei dialoghi terribili. La fotografia non è male (anche se saremmo in America ma pare che il tutto sia stato girato a Roma). Ogni tanto svolazza con idee ambiziose, ad esempio la lunga cavalcata della Prati con Concari, fatta al ralenty e arricchita da una velleitario ed intellettuale commento sonoro di pianoforte; assistiamo a del grande cinema quando, in un corridoio tranciato da giochi di luce naturale, la Prati corre inseguita da Concari, mentre il suo seno dà contezza delle leggi di Isaac Newton. Imperdibile anche il balletto della Prati al Notorius - quello che giustamente sconvolge Amato - così come il suddetto massaggio della Demy, o l'altarino super kitsch dedicato alla Hayworth. Col tempo Max ha collezionato cimeli e memorabilia dell'attrice, compreso un intero completo intimo fatto di calze, mutande, top scollatissimo e guanti; lo fa indossare alla Prati e l'effetto è naturalmente sbalorditivo. Viene solo da chiedersi quando mai la Heyworth avrebbe potuto possedere una mise così "oltre", ma qui ci avventuriamo in questioni metacinematografiche. La Prati viene vestita pure di rosso, proprio a richiamare l'immagine iconica di Gilda; non si temono confronti insomma.
Nonostante tutta questa profferta generosissima di nudità e amplessi muliebri, non so quanto sia chiaro anche il sottotesto gay che secondo me Bianchi caccia nel film. A parte l'inguardabile Concari ossigenato manco fosse un incrocio tra Anna Oxa e David Bowie, c'è poi quella prolungata scena nella quale Amato si sollazza in casa con due dei suoi sgherri e una biondina senza arte né parte. I due sono a petto di fuori (uno pare lo yeti - rivisto poi in una soap di Canale 5 tempo addietro, ma non chiedetemi il nome) e Amato indossa un vestaglina che avrebbe fatto rabbrividire Magnum P.I., senza contare che il gay c'è davvero e fa i suoi balletti al Notorius (per la gioia di chi non si sa), e anche la Demy e la sua girlfriend non scherzano. Ma pure il culto della Heyworth con gli altarini....dai, non sta in piedi; un boss della Mala al massimo può sbroccare maschiamente per Eva Henger, non per un'elegantissima esofistica attrice anni '40. Purtroppo il dvd Minerva ha un "leggerissimo" difetto, è tutto fuori sincrono di 3-4 secondi, dal primo all'ultimo fotogramma, il che esalta ancora di più il già alto livello della pellicola di Bianchi. Naturalmente per l'amore che nutriamo per l'arte, ce lo siamo sciroppati ugualmente senza il minimo cenno di protesta. Se poi lo avessimo guardato in modalità "muto", forse ne avremmo guadagnatoulteriormente. Notare la curiosa assonanza con Io, Emmanuelle - pellicola del '69 di Cesare Canevari con Erika Blank - non so quanto voluta coscientemente da Bianchi. Che intendesse forse dare avvio ad un nuovo prolifico filone? Quattro anni prima pure la premiata ditta Gabriele Lavia/Monica Guerritore si era impegnata in Scandalosa Gilda, ennesima presa in prestito del brand "Gilda", divenuto oramai universalmente noto come marchio di sensualità