Io, Emmanuelle

Io, Emmanuelle
Io, Emmanuelle

Cesare Canevari, partito come regista western e finito a fare nazi porno e film con Moana Pozzi, nel '69 dirige Io, Emanuelle, anticipando ampiamente non solo il filone apocrifo di Joe D'Amato, quello con una "M" sola e con la Gemser come protagonista, ma persino il primo Emmanuelle della Krystel, uscito solo nel '74. Immaginiamoci che razza di anno era il '69, femminismo, emancipazione, liberazione sessuale, cultura, costume e società, non era semplice dire "buongiorno" ad una trentenne, rischiavi di essere incenerito con lo sguardo in quanto espressione di un bieco maschilismo fallocentrico di stampo vetero patriarcale, e pure un po' borghese e fascistoide. Graziella Di Prospero pubblica "Disintegrazione 68", e da quel libro Canevari trae il suo film, anche se l'ammiccamento al romanzo di Emmanuelle Arsan è più che ovvio (in Italia era uscito praticamente in concomitanza col film), tant'è che la scrittrice tentò pure di impedire l'uscita della pellicola ma senza riuscirvi. Il riferimento ad Emmanuelle dunque si esaurisce prima di iniziare; Erika Blanc nel film si chiama Emmanuelle, incarnando senza ombra di dubbio lo stereotipo nascente della donna libera, disinibita e sessualmente assai attiva, tuttavia altri legami concreti con il personaggio che poi sarà della Krystel non ve ne sono.

Siamo in una città italiana, e la Blanc si strugge per il suo amore che però è assente, un professore "cretino" perché non capisce quanto lei abbia bisogno di lui. La fame d'amore è dolorosissima, quasi insopportabile, prende allo stomaco, e la Blanc è "costretta" a doverla calmare procurandosi rapporti occasionali, pur di lenire le ferite. La giornata passa così, tra amorazzi gratuiti, rapporti abortiti, e pruderie financo lesbo, fino a quando, calato il buio, la Blanc scopre che... - SPOILER: il professore è morto carbonizzato in un incidente d'auto. Stracult l'ultima scena nella quale la Blanc tutta nuda beve del latte, lasciandoselo copiosamente cadere lungo il corpo.

Canevari non mira a realizzare un film puramente erotico, sebbene voglia essere trasgressivo e dirompente, ed osi molte scene di nudo; il suo intento è intellettuale, o perlomeno, un erotismo d'autore, molto cerebrale e strettamente connesso col rovescio della medaglia dell'amore, ovvero la morte, la distruzione, l'annichilimento, il dolore. Se da un verso questa cifra pone il film su di un piano distante dal trash artigianale, per esempio di un D'Amato, dall'altro trasforma la visione di Io, Emmanuelle in una palla mastodontica, pur al netto del valore storico che il film può avere. In tutta onestà il film, a mio modesto parere, è noiosissimo, pretenzioso e anche sconclusionato, per via di un montaggio "estroso" che spezza scientemente la geometria euclidea tipica della narrazione di un film, per saltare di palo in frasca, al seguito delle paturnie emotive della Blanc, e conseguentemente della donna "liberata" dal '68. La galleria di personaggi maschili con i quali si confronta Emmanuelle è da Ridolini: un giornalista comunista (Adolfo Celi) che si dispera per aver perduto la catenina della madonnina che gli aveva regalato sua madre, un giovane intellettuale svalvolatissimo e molto glamour che frigge i libri di Marcuse, un padre di famiglia scopereccio, uno scrittore vanaglorioso, un venditore di lingerie terrorizzato dalle corna (Paolo Ferrari).

Tutto questo girovagare della Blanc è condito da continui sproloqui pomposi, un flusso di coscienza, una voce narrante che è l'Io della Blanc (appunto Io, Emmanuelle) che commenta tutto, sempre in chiave autolesionista ed autocompiaciuta. Curioso sapere che al posto della Blanc sarebbe dovuta esserci la Fenech (la Blanc subentrò perché amica del regista e molto economica a livello contrattuale). Canevari probabilmente avrebbe imposto lo stesso canovaccio pretenzioso pure all'algerina, ma anche solo le forme della Fenech avrebbero finito col trasformare il film. La Blanc diceva dei suoi nudi che pure di schiena valevano di più dei frontali di molte altre attrici; nonostante ciò, con Edwige non ci sarebbe stata competizione. Da segnalare anche le grazie della bella Mila Sannoner. La canzone principale del film, dedicata ad Emmanuelle, è cantata nientemeno che da Mina perché di suo il film non pareva sufficientemente uggioso.

Trailer ufficiale

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