Into The Storm

Into The Storm
Into The Storm

Into The Storm è un giocattolone fracassone, roboante, esagerato, è il film di cui parlano al telegiornale perché è il next blockbuster con effetti speciali strabilianti, ma sottotraccia il giornalista vi fa capire che è una vaccata perché non è cinema d'autove. Poi c'è la cvitica sul giovnale, dove vi si dice apertamente che il film in questione è vobetta vuota e supevficiale, buona pev le masse plebee e incolte che sgvanocchiano pop covn carvmellato in sala e smanettano fuviosamente i lovo smavtphone di ultima genevazione. Poi però c'è il film, l'unica vera cosa da guardare, e una volta che Into The Storm ve lo siete visto avete perlomeno una certezza in saccoccia: vi siete divertiti. Si perché, al netto di tutta la filosofia e di tutte le elucubrazioni accademiche, se decidete di prendere in mano Into The Storm non è per imparare qualcosa di più su Kant e Hegel, tendenzialmente lo fate per godervi un'oretta e mezza di semplice, banale, lapalissiano, rilassante divertimento ad encefalogramma piatto.

Nel 1996 ci fu Twister (di Jan DeBont, quello di Speed), con Helen Hunt e Bill Paxton, decisamente carino. 20 anni dopo arriva la furia devastatrice totale; voi direte: "quella dei tornado?" No, quella degli effetti speciali, che in questi decenni hanno fatto salti da gigante, e la visione di un film del genere oggi - magari in sala, col THX, lo schermo XXL, eccetera - diventa un'esperienza sensoriale da pelle d'oca. I personaggi del film non hanno un sufficiente approfondimento psicologico shakespeariano? Ma dai, veramente? E io che pensavo che ci fosse Re Lear contro il meteo.... In Into The Storm tutto è funzionale ai veri leader indiscussi della pellicola, quei torciglioni che si scatenano da cieli plumbei per abbattersi al suolo e spazzare via case, alberi ed auto come mattonici Lego. In questo senso Into the Storm raggiunge oggettivamente un livello altissimo, impressionante. Da un punto di vista scientifico non c'è nemmeno da porsi il dubbio, siamo fuori dalla grazia di Dio, ma chissene, dopotutto quando vedo Il Mostro Della Laguna Nera o Freddy Krueger in azione mica mando una mail a Zichichi per sapere se effettivamente sia possibile quello che sta accadendo davanti ai miei occhi.

Dei cacciatori professionisti di tornado si stanno dirigendo verso la cittadina di Silverton, dove si registra una situazione climatica tale da lasciar presagire l'abbattersi di tornado. Puntualmente il disastro si avvera ma va ben oltre le proporzioni immaginate. Una serie di potentissimi tornado anticipano un enorme vortice ampio chilometri e chilometri che annichilirà completamente tutta l'area circostante, mentre la popolazione cerca rifugio come può. La trama, come si vede, è poca cosa, anche perché non contano le dinamiche relazionali o l'emotività dei personaggi, conta solo come salvare la pelle. Attori e personaggi tendono a sovrapporsi e combaciare perfettamente in Into The Storm poiché il film è stato realizzato all'insegna della verosimiglianza più stretta possibile. Ventilatori giganteschi che soffiavano l'aria a 160 kmh, enormi gru che fungevano da torri della pioggia, cannoni che lanciavano chicchi di grandine delle dimensioni di palline da golf, tutto è accaduto veramente sul set, compresi furgoni scaraventati a pochi metri dagli attori e muri di fuoco da fronteggiare. Le reazioni degli interpreti davanti a questi fenomeni artificiali erano sostanzialmente le stesse dei personaggi davanti ai fenomeni "naturali" che si vedono nel film, adrenalina, tensione, paura, coraggio, sopravvivenza. In questo senso Into The Storm è estremamente vero, autentico. C'è una scena in cui due teenager rimangono intrappolati in una buca piena d'acqua di 2 metri per 2, con appena una fessura per respirare e chili e chili di metallo e cemento sulle loro teste. Sperare di non morire annegati era lo stesso martellante pensiero tanto degli attori quanto dei personaggi. Chiaro che la CG giochi un ruolo fondamentale nel film, ma, eccetto per i tornado, tutto il resto su quel set è accaduto per davvero mediante simulazioni estreme e crude.

I caratteri rappresentati sono fisiologicamente monodimensionali, c'è il papà vedovo vicepreside, tutto casa e dovere morale, palestrato come Van Damme e virile come Gerard Butler; ci sono i suoi due figli, uno estroverso e simpatico, l'altro timido e altruista; c'è la belloccia del college, con una maglietta scollata che lascia presagire un gran futuro nel mondo dello spettacolo, c'è il team di cacciatori di tornado, con la studiosa un po' Juliette Lewis, l'uomo d'azione pratico e concreto, il negro, il pavido, e c'è la loro auto corazzatissima, una specie di mini carroarmato super accessoriato. Poi ci sono i personaggi di contorno, carne da macello che serve alla storia per procedere liscia e senza intoppi verso il finale. In chiusura, tra le macerie di un nuovo mondo da ricostruire, non poteva mancare la bandiera americana che garrisce al vento. E' tutto ovvio, prevedibile e stereotipato, e a noi va bene così, con buona pace di Kiarostami e Ingmar Bergman. L'unico aspetto che non ho gradito granché è quell'insistenza iniziale nel far vedere tutto attraverso il filtro delle videocamere maneggiate dai personaggi. Si parte come fosse una specie di mockumentary, espediente tanto in auge ultimamente, e dopo un po' la cosa rompe i corbelli; per fortuna quando si entra nel vivo dell'azione il regista Steven Quale ci dà un taglio e si ricorda che il suo primo ed unico obiettivo è fare male.

Trailer ufficiale

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