Quando al cinema uscì La Terza Madre (2007) Argento e la Nicolodi spinsero tantissimo sulla versione che quello era il capitolo finale di una trilogia iniziata con Suspiria e riguardante le Tre Madri (il cui spunto derivava da Thomas De Quincey). All'origine di questa costruzione narrativa c'era Daria Nicolodi, la quale all'indomani di Profondo Rosso cercò di orientare Dario ad abbracciare territori fantastici, esoterici ed alchemici, allontanandosi dalla stretta pertinenza cronachistica di assassini e poliziotti. Accade con la sequenza Suspiria/Inferno, ma le critiche ricevute in patria e il mancato apporto del mercato americano (anche considerando che Inferno fu prodotto dalla 20th Century Fox, che poi si spaventò della crudezza del film consentendone l'uscita solo in VHS e non nelle sale) spinsero Dario a terminare lì quella sperimentazione e tornare sulla cronaca nera (con Tenebre). Daria voleva concludere la trilogia ma rimase mutilata dalla volontà di Argento. Lei aveva nella penna il finale della storia e provò a rivolgersi a Luigi Cozzi per definirla in immagini ma Cozzi, comprensibilmente, non si sentì a suo agio a porre la firma sulla fine di un'opera concepita da altri (dove "altri" era il suo amico, mentore e maestro Dario Argento). Scelse una via di mezzo, "all'italiana", ovvero un film tributo che celebrasse Argento, nel quale dei cineasti di serie B realizzavano il sequel che avrebbe dovuto realizzare lui. Metacinema. 27 anni dopo Argento dirigerà (ed in parte scriverà) La Terza Madre, strombazzandola molto plasticamente come l'epilogo della saga. Al film partecipa Daria Nicolodi, che tuttavia dirà poi di avere poco apprezzato, ritenendo la pellicola un episodio tutto sommato debole (pur con qualche buon momento) e soprattutto sgradevolmente clericale, poiché sostituiva al laicismo mistico ed esoterico della stregoneria dei "suoi" film un fervore tutto religioso fatto di preti, esorcismi e diavoli, che spostava la narrazione più dalle parti de L'Esorcista che in un ambito dove la religione non era necessaria per spiegare "lo spiegabile".
Guardando Suspiria ed Inferno non si percepisce tutta questa omogeneità di contenuto. Semmai è assai più evidente la mano formale del regista, la fotografia, il cromatismo, alcuni attrici che ritornano (la Nicolodi, la Valli), il taglio fantastico di due fiabe horror, la magia "laica" priva appunto di un contraltare morale e religioso. Questi aspetti mettono in continuità i due film, ma non tanto il matriarcato delle tre megere che presiedono ai destini della mondo (dall'Oltretomba) e che invece verranno meglio e più didascalicamente contestualizzate ne La Terza Madre. In tutta onestà non ho mai capito se davvero Argento avesse pensato ad una trilogia fin dal 1977 o se questo orizzonte sia stato costruito un po' artificiosamente (leggi: opportunisticamente) con l'arrivo nelle sale de La Terza Madre, per creare un humus propedeutico ad un incasso più soddisfacente rispetto ai film di Argento di quegli anni, in verità non sempre apprezzatissimi da pubblico e critica. La Terza Madre si rivelerà un mezzo disastro, il che per opposizione esalterà ancora di più il valore di Suspiria ed Inferno. Il primo è universalmente ritenuto miglior del secondo, spesso e volentieri il capolavoro massimo di Argento, ed anche lui lo colloca in cima alla sua carriera assieme ad Opera, i due titoli che ha più cari. In termini assoluti credo sia vero, razionalmente sono d'accordo, di pancia però ho sempre avuto un debole per Inferno che, se non è il mio film preferito di Argento, poco ci manca. Ancora più sconclusionato a livello di trama, con vuoti di sceneggiatura notevoli e cose date per scontate che farebbero rabbrividire registi assai più accorti "grammaticalmente" parlando, Inferno è tuttavia la quint'essenza del cinema argentiano. E' curioso come rivedendolo per l'ennesima volta (nella magnifica edizione bluray della Arrow) salti all'occhio come tutta la prima parte (suppergiù fino alla scena dell'auditorium col Nabucco di Verdi) il ritmo sia davvero atipico per un film che fa della tensione dell'adrenalina il suo forte. Argento sceglie un incipit carico all'inverosimile di atmosfera e di premesse, ma tutto sommato molto "fermo" quanto a battito e velocità. Si viene tutt'altro che catapultati nel centro dell'azione, ci si arriva anzi con estrema lentezza. Certo, la scena dell'immersione subacquea di Irene Miracle (nuotatrice di livello agonistico, per ironia della sorte nata in una cittadina dell'Oklahoma chiamata Stillwater) non ha termini di paragone quanto a meraviglia, inquietudine e sensualità.
L'ambientazione americana è in realtà assai romana, ma l'umore internazionale serviva al film per trovare favori oltreconfine. Indubbiamente all'altezza del 1980 Argento era a tutti gli effetti un innovatore ed un creativo in grado di dettar legge fuori e dentro l'Italia, a tal punto da non essere capito, come spesso accade alle avanguardie. E' noto come decine e decine di registi si siano poi rifatti al suo cinema, esattamente come lui ha trovato una generosa fonte di ispirazione in Mario Bava. Il decano sanremese venne coinvolto su interessamento di Daria Nicolodi (almeno così lei ha sempre sostenuto) e girò materialmente alcune scene (quella finale della Morte) e quella del lago che vede protagonista Sacha Pitoëff. Sul set tuttavia c'era già suo figlio Lamberto ad occuparsi degli effetti speciali. La colonna sonora di Keith Emerson (che prende temporaneamente il posto dei Goblin) entrerà nella storia e contribuirà alla fama imperitura di Inferno, modellandosi sulla falsa riga dei Carmina Burana, così come richiesto dal regista. Si nota una certa avversione per gli animali nel film, da intendersi come servitori della forze occulte e maligne e pertanto "negativi", ottica che indubbiamente oggi suonerebbe politicamente scorretta. Fa un certo effetto pensare che attori come Eleonora Giorgi, Gabriele Lavia o Leopoldo Mastelloni (ma anche la stessa Alida Valli) venissero usati per ruoli estremamente minori, periferici e collaterali, mentre come protagonisti Argento non di rado si affidava a faccione straniere che poi poco e niente avrebbero messo assieme in carriera (eccezion fatta per Jessica Harper, la quale comunque neppure ha mai avuto una carriera alla Meryl Streep). Lo stile, la composizione dell'immagine e le atmosfere sono tutto in Inferno, letteralmente tutto, annientando e fagocitando trama, logica, consequenzialità. Lo stesso Argento ne parla come di una serie di piani di lettura che scivolano l'uno dentro l'altro e personaggi che lo spettatore tende a individuare come principali ma che poi invece spariscono (in genere per morte violenta) lasciando il passo ad altri che subentrano. Tuttavia alcuni passaggi che sembrano puramente estetici o fini a loro stessi fungono in realtà da raccordo ed assolvono a precise funzioni simboliche (come ad esempio quando Eleonora Giorgi si punge con uno spillone uscendo dal taxi - il taxi sotto il diluvio, come per Jessica Harper, guidato sempre da Fulvio Mingozzi - e da quel preciso momento entra in un mondo parallelo dal quale non uscirà più....viva). Inferno è una gigantesca e terrificante costruzione onirica che viene dissolta da un monumentale incendio, lo stesso epilogo di Suspiria, evidentemente l'unico possibile per arginare la forza distruttrice delle Tre Madri.