
Il Sudario Della Mummia è il terzo capitolo della serie sulle mummie della Hammer iniziato nel 1959 con La Mummia, proseguita nel 1964 con Il Mistero Della Mummia, poi il qui presente Sudario nel 1967, quindi terminata come tetralogia nel 1971 con Exorcismus - La Dea Dell'Amore (in originale Blood From The Mummy's Tomb). Ed è anche l'ultimo film ad essere stato realizzato nella sede storica degli studi Hammer, i Bray Studios, ai quali poi vennero preferiti gli Elstree Studios e talvolta i Pinewood (quelli di James Bond). La pellicola in sé è una classicissima (ennesima) rivisitazione dell'universo mummiesco, con prologo nell'antico Egitto, al tempo di una guerra fratricida tra faraoni, o meglio tra il faraone ed il suo ambizioso fratello che guida la rivolta non appena il sovrano d'Egitto riceve un erede dalla moglie sul letto di morte. Il pargolo deve essere eliminato perché ostacola la via al trono dell'ambizioso fratello reale. Il piccolo perirà durante la fuga nel deserto, vegliato dallo schiavo più fidato del faraone. Quasi 4000 anni più tardi una spedizione archeologica britannica rinviene la sepoltura sacra e con essa il mitico sudario del figlio del faraone che reca con sé delle arcane formule di protezione capaci di gettare la maledizione su chiunque profanerà il suo sonno millenario. Inutile dire che uno dopo l'altro tutti i membri della spedizione verranno perseguitati, mentre il capo della polizia egiziana cercherà di far luce sugli omicidi e gli adoratori del sacro culto alimenteranno la sete di vendetta dei faraoni.
Per quanto la storia sia stata percorsa e ripercorsa da sempre, tanto dalla Hammer quanto dalla cinematografica horror riguardante l'antico Egitto, anche stavolta il miracolo si compie, creando delle atmosfere in parte irresistibili via via che il racconto si dipana. Più che la vicenda in sé può infatti il contesto, la messa in scena, talvolta pesantemente posticcia, ma non per questo meno divertente, come del resto accade in un luna park il cui tunnel dell'orrore è chiaramente finto ma il cui richiamo rimane sempiterno. Si possono cogliere anche erroracci qua e là, come la testa di Stanley Preston fracassata contro la parete proprio nel punto in cui è già stata approntata la macchia di sangue prima ancora che la testa ci sbatta contro. Tutto è estremamente caratterizzato, dal riccone finanziatore della spedizione, un avido egoista (il suddetto Preston), al capo archeologo, un saggio e pacato professore dai capelli grigi che impazzirà per colpa della mummia (André Morell); dal volitivo e tenace archeologo che cerca di risolvere il mistero (David Buck) all'interprete dei geroglifici, una bellissima bionda dall'aria sempre atterrita (Maggie Kimberly); e poi l'ispettore locale (Richard Warner), la sorniona moglie del finanziatore, vera e propria coscienza silente dell'uomo (Elizabeth Sellars), il servitore tuttofare, spaventato a morte anche dalla propria ombra (Michael Ripper).
Nel film non accade nulla che non sia ampiamente prevedibile ed anche piuttosto enfatico (come i siparietti della veggente con la sfera di cristallo e del suo sodale, principale artefice della vendetta della mummia), ma non per questo il giro di giostra non si rivela ugualmente divertente. I colori sono fiammeggianti, l'Egitto ricostruito sa di studio cinematografico, i personaggi femminili del film sono varie declinazioni dello stereotipo dell'angelo del focolare e dispiace che la Kimberly, sudafricana di nascita, vagamente somigliante alla showgirl Stefania Orlando, abbia poi messo assieme appena tre titoli in carriera, ovvero questo, Il Grande Inquisitore e Il Molto Onorevole Agente Di Sua Maestà Britannica, perché il suo era un volto fascinoso ed inquietante che pareva fatto apposta per pellicole simili. L'attore che interpreta la mummia, sempre e soltanto coperta di bende, era la controfigura stuntman di Christopher Lee, Eddie Powell. L'aspetto della mummia si ispirò direttamente a quelle conservate presso il British Museum londinese.