Il Nome Della Rosa

Il Nome Della Rosa
Il Nome Della Rosa

Il romanzo omonimo di Umberto Eco esce nel 1980, sei anni dopo il film di Jean-Jacques Annaud è nelle sale, cinque sono quelli impiegati nella preparazione; tutto sommato congrui trattandosi di tradurre in immagini e narrazione cinematografica l'incredibile messe sapienziale di un erudito di altri tempi. La lavorazione sul set occupò 16 settimane per un costo complessivo di circa 17 milioni di dollari. Al volto di Sean Connery per Guglielmo di Baskerville (Baskerville non a caso.... durante il film Guglielmo "Holmes" si rivolge al novizio Adso "Watson" chiosando le sue riflessioni con "elementare!") si arriva dopo le ipotesi Michael Caine, Roy Scheider, Jack Nicholson, Marlon Brando, Max von Sydow, Donald Sutherland e Robert De Niro; non c'era molta fiducia in Connery, in fase discendente di carriera all'epoca e ritenuto troppo identificato con il ruolo di James Bond. Quella di Annaud fu una scommessa (inizialmente mal vista sia da Eco che dalla Columbia Pictures), rivelatasi poi felicissima per entrambi, visti che Connery tornò in auge ed il suo apporto al film si può considerare decisamente monumentale. Nel ruolo dell'unico personaggio femminile del film ci sarebbe dovuta essere la meravigliosa Mathilda May, la quale preferì partecipare a Space Vampires di Toby Hooper (tutt'altre atmosfere, anche se alla fine quello è il suo film della vita), così si ripiegò sulla cilena Valentina Vargas, Indicata insistentemente da Christian Slater). Per quanto "secondaria", la rosa oltre a dare il titolo al film gli dà anche il suo significato più profondo, rappresentando l'unico concreto sprazzo di umanità effettivamente presente nella vicenda, se si fa eccezione per l'amore ideale di Guglielmo per i libri, ovvero per la sapienza e la ragione, numi tutelari a lui assai più cari degli ottusi precetti religiosi. L'indagine su "chi avrebbe dovuto interpretare chi" è affascinante poiché si scopre anche che il noto caratterista Salvatore Baccaro avrebbe dovuto essere il frate Salvatore, di nome e di fatto (a pensarci bene, sarebbe stato perfetto), ma morendo prima dell'inizio delle riprese favorì il passaggio del testimone a Ron Perlman, il quale per la verità era terzo in ordine di arrivo, prima di lui Franco Franchi che non accettò di farsi deturpare il cuoio capelluto.

Inevitabilmente il film apporta alcuni cambiamenti rispetto alle pagine di Eco, il quale dette il benestare senza opporre resistenze. Era fatalmente impossibile riversare su pellicola Il Nome Della Rosa così come era stato concepito letterariamente, praticamente una sorta di laurea breve e concentrata in filosofia, letteratura, storia medievale, storia delle religioni, scienze, lingue, semiotica e quant'altro. Si tratta quasi di due entità diverse ed a sé stanti, anche se naturalmente il film discende dal libro, perlomeno come filiazione immediata. Il grosso della rimozione attiene alle elaborate discettazioni teoriche, che parte del pubblico avrebbe senz'altro mal digerito. Il Nome Della Rosa di Annaud si attesta come una pellicola estremamente elegante e colta ma che sostanzialmente ha i toni del giallo di ambientazione medievale. A ben vedere la rosa stessa nel libro non è solo la ragazza ma sottintende rimandi ben più aulici alla filosofia medievale. Accade anche l'inverso, ovvero che il film arricchisca rispetto al libro. E' il caso della biblioteca, che appare ispirata ai celebri disegni di Escher per il suo groviglio di scale e piani, mentre nel romanzo occupa un solo piano ed è un normale susseguirsi di stanze. L'atmosfera complessiva è sottilmente inquietante, vuoi per il senso di minaccia costituito dal potere assoluto clericale legato a doppio filo alla superstizione più ignorante, un combinato disposto che in un batter d'occhio poteva condannarti a indicibili torture fino al rogo, vuoi per il clima invernale che ammanta la splendida location dell'abbazia di Eberbach in Germania (ma per gli interni si ripiegò su Cinecittà, costruendo set gargantueschi che rivaleggiarono con quelli di Cleopatra). Annaud non lesina su una certa crudezza, assolutamente legittima e filologica, trattandosi del 1327; così abbiamo le scene dello sgozzamento degli animali, delle vessazioni inflitte ai poveri ex frati dolciniani, il ritrovamento (macabro e teatrale) dei cadaveri ed anche la stessa scena d'amore tra Slater e la Vargas ha un sottotesto ruvido e asprigno. L'amore consumato tra i due giovani è istintivo e genuino ma anche primitivo, quasi animalesco, acuito anche dal fatto che non viene spesa la minima parola ma è accompagnato solo da gemiti e respiri. C'è quasi una piccola violenza (della Vargas ai danni di Slater), dolce e costrittiva al contempo. L'iniziativa venne presa dall'attrice stessa, Annaud la lasciò completamente libera di dirigere la situazione e non dette appositamente alcuna indicazione a Slater di cosa sarebbe successo, proprio per dare il maggior tocco di naturalezza possibile a quel momento.

Le figure dei monaci sono molto ben delineate e contribuiscono parecchio alla suggestione d'insieme. La loro fisicità un po' "estrema", i loro atteggiamenti ora sospettosi, ora impauriti, ora vogliosi, destabilizzano tanto i protagonisti della vicenda quanto lo spettatore. Il venerabile Jorge (Fëdor Fëdorovič Šaljapin), Berengario (Michael Habek), Salvatore o il terribile inquisitore Bernardo Gui (F. Murray Abraham) sono impossibili da dimenticare. Šaljapin stoicamente recitò la sua parte ottantunenne, incurante delle condizioni climatiche e della adrenalinica scena dell'incendio della biblioteca, durante la quale la trave di legno che gli cade in testa gli cadde per davvero in testa. Helmut Qualtinger (doppiato magistralmente da Carlo Croccolo) morì invece a fine riprese di cirrosi epatica. Dietro Il Nome Della Rosa c'è un apparato tecnico impressionante che comprendeva oltre allo stesso Annaud anche la fotografia di Tonino Delli Colli, le scenografie di Dante Ferretti e le musiche (meravigliose) di James Horner. In America il film (che è una co-produzione tra Italia, Francia e Germania Ovest) ebbe un riscontro moderato di botteghino, mentre andò molto meglio in Europa, il che francamente non stupisce affatto. In Italia ebbe un grandioso successo anche nel suo primo passaggio televisivo (nel dicembre del 1988) e fino all'avvento in tv de La Vita E' Bella di Benigni mantenne il record di pubblico. Nel 2019 è arrivata - sempre in tv - una serie italo-tedesca scritta e diretta da Giacomo Battiato, con John Turturro nei panni di Guglielmo da Baskerville e Damian Hardung in quelli di Adso da Melk.

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