Il Mondo Non Basta

Il Mondo Non Basta
Il Mondo Non Basta

Pierce Brosnan ci ha preso gusto e confidenza, questa è la sua terza prova come Bond, anche se alla regia arriva l'ennesimo nuovo nome, Michael Apted. Brosnan ha il curioso svantaggio (o vantaggio?) di non aver mai girato un film della serie con lo stesso regista. Se si pensa che in diversi casi alcuni director ne hanno accumulati diversi (Terence Young, Guy Hamilton, John Glen, Sam Mendes, Lewis Gilbert), in alcuni casi anche non in sequenza, la sinergia tra protagonista e regista può aver portato chimica al film, oppure abitudine, dipende. Certamente Brosnan non ha potuto sperimentare questo aspetto, ritrovandosi ogni volta in sella ad un cavallo del tutto nuovo, pur all'interno di un codice sempre identico, quello di James Bond, fatto di gadget tecnologici, super cattivi, bellissime donne, lusso, vodka martini agitati e non mescolati, ed un mondo da salvare. Broccoli e Wilson sono sempre i produttori, anche se per la prima volta è la Metro Goldwyn Mayer e distribuire il film anziché la United Artist. I film hanno ripreso la cadenza regolare di uno ogni due anni e tutto sommato, al di là di critiche non sempre benevole, il corso Brosnan soddisfa il pubblico e risulta una decisa ripresa rispetto al breve regno di Timothy Dalton. Apted viene scelto per un motivo preciso, la ricerca di un regista in grado di supportare un ruolo femminile di spessore, più importante rispetto alle Bond girl viste sin qui. Si pensi a La Ragazza di Nashville con Sissy Spacek (1980), Gorilla Nella Nebbia con Sigourney Weaver (1983) o Nell (con Jody Foster, 1994), tutti diretti da Apted. E' la prima volta che il villain di turno non è un uomo, perlomeno non solo un uomo. Sophie Marceau porta sulle proprie spalle la responsabilità di dar vita ad Elettra King, una delle donne più ricche psicologicamente in casa Bond. La sua Elettra attraversa tutto il film, passa da una polarità all'altra, è sensuale e femminile ma quanto di più lontano da un oggetto di arredamento o da un trofeo sul camino. Al suo posto ci sarebbe dovuta essere Maria Grazia Cucinotta, poi relegata a manovalanza ammazza Bond ad inizio film, principalmente a causa della sua mancanza di confidenza con la lingua inglese. Pur rimanendo con la curiosità di come sarebbe potuto essere un capitolo di Bond con la Cucinotta co-protagonista, non si può che prendere atto di quanto Sophie Marceau sia una scelta impeccabile e assai intelligente, tanto da renderla una delle mie Bond girl preferite se non la preferita in assoluto. I suoi sguardi, il suo taglio di capello, i bellissimi vestiti, la naturale eleganza che accompagna ogni suo gesto, il senso di ambiguità, minaccia e contemporaneamente di fragilità che convivono nella sua figura, la rendono davvero indimenticabile.

Senza contare tutti gli apporti del passato, qualche anno dopo arriverà anche Monica Bellucci a magnificare il made in Italy in una pellicola di Bond (Spectre, 2015), ma nel frattempo dobbiamo "accontentarci" del poker formato dalla Cucinotta tutta pelle e mitra, la "dottoressa" Molly Scott Thomas (una dottoressa mandata a certificare la sana e robusta costituzione di James, dai su... nemmeno nei migliori film di Tarantini con Nadia Cassini!), Sophie Marceau e Denise Richards, tra i personaggi meno credibili e probabili di tutto il franchise. La Richards a 28 anni è infatti una esperta di armi nucleari che sotto la tuta da lavoro indossa shorts ed un top che le lascia scoperto l'ombelico e non riesce in alcun modo a contenerle il seno (sempre nucleare). Persino il nome è di grande estro (Christmas Jones). La sua scienziata si è guadagnata qualche ironia da parte di pubblico e critica, ed in effetti sarebbe stato difficile pensare altrimenti. Va anche detto che nel convulso finale, quando assieme a Brosnan si agita e si dimena per evitare che il pianeta sia devastato dal plutonio, pare la finale di miss maglietta bagnata. Le scene spettacolari sono, come sempre, all'insegna del grande dispiego di mezzi; superlativo l'inseguimento in motoscafo che si incarica di aprire il film (prima della gun barrel) e che termina addirittura in mongolfiera. Stavolta la sceneggiatura risparmia qualcosa sul versante ironico e dà un accento leggermente più serio e rabbioso a Bond, forse per via del suo particolare coinvolgimento sentimentale con Elettra King/Sophie Marceau. Il villain interpretato da Robert Carlyle non mi ha mandato in sollucchero, l'idea era buona ma il personaggio a parer mio viene sviluppato poco e male, la Marceau gli ruba la scena in lungo e largo. Intrigante comunque il rapporto tra i due. Ultimo film di Desmond Llewelyn nei panni di Q (che morirà giusto un mese dopo l'uscita del film nelle sale), affiancato per l'occasione da un nuovo "ragazzo" di bottega, niente meno che John Cleese (il quale odia la tecnologia e racconta di aver fatto una gran fatica a dover imparare tutte quelle battute piene di termini tecnici e tecnologici). Pur non avendo oramai più nulla di estratto dai romanzi di Fleming, questo diciannovesimo capitolo mantiene perlomeno un riferimento nel titolo, poiché Il Mondo Non Basta è il motto della casata Bond ("orbis non sufficit"), visibile sotto lo stemma di famiglia in Al Servizio Segreto Di Sua Maestà. Theme song cantata da Shirley Manson dei Garbage, non esattamente in cima alle mie preferenze.

Trailer ufficiale

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