
In principio fu il romanzo di Richard Mason (1957), poi l'adattamento teatrale di Paul Osborn (1959), quindi la sceneggiatura di John Patrick ed il relativo film della Paramount. Il ruolo di Suzie Wong era stato affidato a France Nuyen, che lo aveva rivestito anche a teatro (con William "capitano Kirk" Shatner nei panni di Robert Lomax), motivo per il quale risultava già familiare al cosiddetto "puibblico del sud Pacifico". Incaricato della regia era Jean Negulesco (tra i suoi titoli impossibile non ricordare Come Sposare Un Milionario, con Marilyn Monroe, 1953). Dopo già cinque settimane di girato ad Hong Kong, la posizione della Nuyen si complicò; l'attrice ingrassava a vista d'occhio a causa delle paturnie sentimentali derivanti dai tradimenti di Marlon Brando, al quale era legata. I vestitini cinesi ("cheongsams") non le entravano più e la produzione la licenziò. Per qualche motivo venne rimpiazzato anche il regista e la troupe fu costretta a tornare ad Hong Kong per rifare tutte le scene che coinvolgevano la Nuyen, così come tutto il materiale pubblicitario già prodotto venne cestinato e riformulato con la nuova protagonista. La scelta ricadde su Nancy Kwan, già provinata per la parte ma lì per lì ritenuta ancora troppo acerba. La Kwan era la sostituta della prima attrice di una compagnia che stava girando Stati Uniti e Canada con lo spettacolo teatrale di Suzie Wong. La Kwan insomma si trovò nel posto giusto al momento giusto e soprattutto conosceva (già) la parte.
Col senno di poi fa specie conoscere questo dettaglio, ovvero l'arruolamento fortuito della Kwan, poiché dopo il successo del film divenne non solo un sex symbol grazie alla sua avvenenza esotica ma anche una delle reginette dello sdoganamento della cultura e della popolazione cinese presso Hollywood e l'America in generale. All'epoca c'era un certo razzismo verso gli Orientali (come verso i neri), mi piace ricordare - cosa che credo di aver già fatto altrove nel blog - la famosa scena che c'è in Dragon, la biografia di Bruce Lee, in cui Bruce va a vedere al cinema Colazione Da TIffany e rimane indispettito dalla goffa ridicolizzazione del signor Yunioshi ad opera di Mickey Rooney, il quale si impegna in una offensiva caratterizzazione dello stereotipo orientale (qui evidentemente giapponese) che certo non deve aver strappato applausi alla comunità asiatica. Il Mondo Di Suzie Wong non fa eccezione in tal senso, o meglio, mescola apertura e diffidenza verso quella cultura, il tutto sempre con un'ottica un po' paternalistica. Se dunque si guarda al film con un occhio sociologico, assai critico e piuttosto severo, si finirà con l'avere un'opinione negativa e distaccata sulla pellicola di Quine. Tuttavia fu un successo di notevoli proporzioni e questo va pur tenuto in considerazione nel tentativo di decriptare la ragione di un simile riscontro di pubblico. La Kwan si affermò così tanto come novella eroina euroasiatica (il padre era cantonese ma la madre era scozzese) che persino il suo taglio di capelli asimmetrico (il "carrè") diventò di moda attorno al 1963, quando l'attrice lo sfoggiò in The Wild Affair.
Ad esempio perché Il Mondo Di Suzie Wong è un gran bel film. I paesaggi esotici della Hong Kong anni '60 sono degni di un documentario, tant'è che costituiscono un vero e proprio "documento" storico di come era all'epoca e di ciò che oggi non è più possibile vedere. La vicenda, a suo modo e con tutte le timidezze di un periodo storico che appartiene ad oltre mezzo secolo fa, cerca di mostrare umanità verso la condizione di una donna, cinese, madre (senza marito) e prostituta, non esattamente un tema facile per Hollywood, eppure con del coraggio che gli va riconosciuto il film va in quella direzione. Rimane probabilmente di fondo una certa superiorità facilona ed un certo snobismo quasi ingenuo, William Holden si staglia come un titano saggio e paterno tanto sul cuore di Suzie quanto sul mondo orientale, che appare dominato da facce occidentali nei ruoli che contano (la Polizia, il banchiere, l'aristocrazia che la sera va a cena nei migliori ristoranti, etc.); ma è pur vero che il personaggio di Suzie strappa il cuore, è di una dolcezza (e al contempo di una determinazione) infinita e, al dunque, non si può non parteggiare per lei e per la sua vicenda umana, anche quando si comporta come una scioccherella bambina vanitosa (la scena in cui mostra alle amiche prostitute tutti gli oggetti nella stanza di Lomax, esibendoli come veri e propri trofei di guerra). Anche solo l'ossessivo riferimento all'essere picchiata da un uomo come dimostrazione di amore (geloso) da parte di questi, oggi fa tremare le vene dei polsi, ma all'epoca era indice di una mentalità maschilista prima ancora che razzista.
Suzie Wong è un dramma sentimentale, ma soprattutto è un affresco esotico e romantico, intinto di una certa epicità (il finale con il disastro del crollo del villaggio dei poveri nullatenenti sotto il nubifragio ha una sua tragica spettacolarità). Non è un caso se il film si chiama "Il Mondo Di...", ad indicare che l'attenzione viene posta non solo e soltanto sulla protagonista ma sull'humus che la esprime, la rende affascinante e diversa ma al contempo esclusiva, nel senso negativo del termine. Il doppiaggio cinese della traccia audio italiana è un po' così, a metà strada tra un Cina e Albania, e non risulta certo tra gli aspetti più brillanti del film. Interessante invece la cena di bianchi caucasici a casa del banchiere (Laurence Naismith), dove si sbeffeggia esplicitamente i cinesi, mentre al desco siedono un debosciato puttaniere (Michael Wilding) che se la intende proprio con le donnine locali e Robert Lomax (William Holden), il cui cuore viene rapito da Suzie (Nancy Kwan) sin dal giorno stesso in cui mette piede ad Hong Kong (un incontro per altro molto burrascoso). Alla sceneggiatura è stato imputato il tono eccessivamente in chiave sopa opera, che effettivamente ha (si pensi alla scena veramente kitsch del vestito da imperatrice con tanto di coroncina), ma non si può avere sempre il cuore di granito, talvolta anche quello dei più duri e puri si può e si deve sciogliere. Al soffice e incantato velo di fiaba esotica si contrappone l'ambiguità di figure come quelle degli O'Neil, Kay (Sylvia Syms), la figlia del banchiere che si innamora di Lomax, prima elegante e angelicata bionda del focolare domestico, poi livorosa e vendicativa americana razzista dopo, quando deve cedere il passo ad una cinese che vende il suo corpo per sostentarsi; la stessa ambivalenza riguarda anche il padre, il quale compie una decisa inversione ad U quando la difesa della cultura cinese passa da concetto astratto a qualcosa che riguarda direttamente le sorti della propria famiglia. Per questo ruolo Nancy Kwan - praticamente qui al suo esordio cinematografico - venne nominata per il Golden Globe, pur senza vincerlo.
In Italia il film ha lasciato un'influenza tangibile se a distanza di decenni viene realizzato Il Mondo Dei Sensi Di Emy Wong (1977), in debito fin dal titolo. Lo diresse Bitto Albertini, autore della prima Emanuelle apocrifa (quella nera e senza la doppia "M", del 1975), il cui franchise fu poi raccolto e sviluppato da Joe D'Amato anch'egli ispirandosi vistosamente al film del 1960 di Quine, sebbene spingendo in direzione di una trasfigurazione erotica piuttosto marcata costantemente in bilico tra soft e hard. Il main theme de Il Mondo Di Suzie Wong, scritto da Sammy Cahn e Jimmy Van Heusen, uscì in Italia rivisto da Nico Fidenco in una versione cantata (e occupando per cinque settimane il primo posto in classifica); ebbene, Fidenco curerà pure la colonna sonora de Il Mondo Dei Sensi Di Emy Wong. Anche i deliziosi vestitini di Suzie, i cheongsams, fecero scuola, istituendo una vera e propria moda nei '60, passata alla storia come quella dei vestitini con lo spacchetto laterale alla Suzie Wong.