Il Labirinto Dei Sensi

Il Labirinto Dei Sensi
Il Labirinto Dei Sensi

Inframezzato con altri cento film, secondo la filosofia bulimica di Massaccesi, tra il '93 ed il '94 il regista capitolino dà corso al suo cosiddetto periodo orientale, sulla cresta dell'onda di Sex And Zen del 1991 (ma distribuito in Italia due anni dopo). La faina D'Amato annusa chiaramente un ennesimo filone da sfruttare a tutta exploitation; mette in fila quattro titoli: Il Labirinto Dei Sensi, I Racconti Della Camera Rossa, China And Sex e Chinese Kamasutra. Nel '94 c'è anche Marco Polo - La Storia Mai Raccontata (ma lì siamo già nell'hardcore conclamato) e nel '96 il sequel di Chinese Kamasutra (talmente bello da meritare pure un secondo capitolo in effetti...). Un po' come per il periodo americano a cavallo tra gli '80 e i '90 (con D'Amato si va a periodi, alla Picasso), anche qui il canone è preciso e ripetuto in modo industriale, da stakanovista della macchina da presa. Personalmente mi sono abbastanza annoiato durante la visione de Il Labirinto Dei Sensi, girato come un film televisivo (l'Oriente è tutto in interni, quindi alquanto posticcio) e assai poco erotico anche nei momenti erotici. E' vero che i dettagli anatomici sono generosi ed espliciti, tuttavia la sensualità è quasi del tutto assente, la sequenza di amplessi è meccanica, svogliata, fredda, davvero poco eccitante. Il (de)merito oltre che da attribuire a D'Amato, più attento alla catena di montaggio che al prodotto artistico, va anche agli attori impiegati, uno più modesto dell'altro. Con gli occhi a mandorla c'è solo Lora Luna (ignoranza mia, ma non se neppure se sia effettivamente cinese), per il resto le fisionomie sono assolutamente caucasiche e la protagonista è Monica Seller, al secolo Monica Carpanese, veneta più che cinese. La sua filmografia è quasi esclusivamente rivolta a titoli softcore, ora diretti da Massaccesi ora da Bruno Mattei.

Qui s(veste) i panni di una governante francese di nome Valérie che va a servizio da una facoltosa famiglia di Saigon (dunque Vietnam più che Cina), dove però l'unica orientale è la signora Mia (Lora Luna), poiché il marito è Steven Rogers. I due hanno un figlio gay, che invita a casa il ragazzo che ama solo per vederlo amoreggiare con la sua fidanzata, invidiandola tantissimo. In compenso i genitori sono al nadir della loro passione, i due lavorano, sono benestanti e annoiati. L'arrivo di Valérie in famiglia romperà tutti gli equilibri. Dapprima sedurrà Mia, quindi il figlio (che sarebbe gay ma ovviamente non è in grado di resistere alle avances della spigliata servetta francese), infine metterà sotto anche il padre, che pareva voler fare la voce grossa e invece era solo invidioso del resto della famiglia che aveva già timbrato il cartellino. Ci sarebbe pure il nonno (che non vive nella casa) il quale si innamora di Valérie e la chiede addirittura in sposa. Dopo essersi assicurata di aver manipolato sessualmente tutta la casa, Valérie ne accetta l'invito, trasferendosi a casa sua e lasciando la famiglia pseudo cinese nello sconforto più totale, priva degli ormai quotidiani giochini pruriginosi. Il lato positivo è che tanta lussuria ha finito col ravvivare perlomeno lo sfilacciato rapporto tra moglie e marito.

D'Amato gira ad occhi bendati, gli attori sono terribili. Musiche e doppiaggio non ne parliamo, pessimi. La Seller ha un minimo di gamma espressiva, ma sul resto del cast va steso un velo pietoso. Per quanto possa sembrare politicamente scorretto come commento, in un film erotico la (bella) presenza femminile ha un suo peso specifico; sulla Seller niente da dire, per quanto non sia una bellezza sfolgorante, ha un suo perché malizioso ed un bel corpo, la Luna non ha decisamente le forme per il ruolo che deve interpretare, men che mai mi è sembrato che il comparto maschile fosse all'altezza per un eventuale pubblico femminile (di cui solitamente questo genere di pellicole non abbonda). Il Labirinto Dei Sensi (in cosa labirintico poi...) è lento, noioso, prevedibile, banale, faticoso da sopportare fino alla fine e con amplessi riciclati (stratagemma che D'Amato ha adottato in diversi film). Uno dei titoli alimentari di Massaccesi, tranquillamente trascurabile.

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