Nel '75 quando gira Il Fidanzamento, Landone è già una star della commedia italiana col gusto della.... si insomma della.....vabbè. L'Homo Eroticus, Il Merlo Maschio, L'Uccello Migratore, il Dottor Danieli e il Dottor Gaudenzi, lo Jus Primae Noctis, si era capito che al fiero rappresentante dei maschi siculi non si poteva insegnare nulla, perlomeno in certi ambiti. Con Giovanni Grimaldi Buzzanca si rende protagonista di una storia in cui sguazza a meraviglia, quella dell'impiegatino Luigi Mannozzi eternamente fidanzato con Mirella Guglielmi (Martine Brochard), figlia di Mussia Katiuscia (Anna Proclemer), nobildonna che vanta presunte discendenze zarine, a suo volta maritata con Edmondo Guglielmi (Michele Abruzzo), ex colonnello fascistone oramai rassegnato al predominio della moglie tra le mura domestiche. Dopo 8 anni di fidanzamento nessuno è riuscito a far capitolare Buzzanca dal suo marmoreo convincimento di non convolare a nozze con la Brochard; ciò significherebbe la fine della sua libertà, anzi, delle sue libertà di fare l'ospite servito e riverito a casa dei futuri suoceri, godere delle gioie d'amore che la Brochard mai gli nega e, al contempo, non vedersi l'anello al dito, con tutta la serie di restrizioni, obblighi e doveri che ciò comporterebbe. Mussia Kartiuscia però è una vera guerriera, ne escogita continuamente di ogni per piegare le resistenze del fidanzato di lungo corso, finché, inaspettatamente, un giorno sorprende a letto i due. Questo scatena una resa dei conti, in nome dell'onore e della buona reputazione.
Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Goffredo Parise, pubblicato tre anni prima. La trasposizione cinematografica naturalmente ne accentua le componenti funzionali alla congeniale messa in scena del personaggio buzzanchiano del maschio tutto sesso, virilità, tradizioni meridionali e sotterfugi. La "fimmina" di turno stavolta è Martine Brochard, un po' scipitina per la verità; gran personaggio invece quello della Proclemer, reso divinamente dall'attrice, incredibilmente subdola e calcolatrice. Molto tenero il padre in disarmo interpretato da Michele Abruzzo, ogni suo parola, ogni suo gesto, hanno un senso di dolcezza e genuinità che per un attimo rompe gli schemi comici e vagamente erotici del film, riportandoci ad un autentico clima familiare e genitoriale. Compare anche Didi Perego nel ruolo della zia della Brochard, e Carlo Sposito, nel ruolo di Totò, amico un po' sfigato di Buzzanca che svolge la funzione di sparring partner per l'attore palermitano.
Il Fidanzamento ha dei momenti divertenti ma anche dei passaggi a vuoto, c'è qualche lungaggine, qualche ripetizione, e soprattutto l'ennesima riproposizione di una schema rodatissimo dei film con Buzzanca. In tal senso è apprezzabile ciò che il Mereghetti detesta, ovvero, per dirla con parole sue, "l'adesione acritica di Buzzanca alla meschinità del suo personaggio"; per il critico la questione morale è sempre centrale, non ce la fa proprio ad accettare un'opera d'arte per quello che è, a prescindere dal valore educativo che essa dovrebbe veicolare e contenere. La cosa divertente infatti è proprio l'assoluta ed incondizionata "meschinità" del Mannozzi, disposto a tutto pur di affermare il proprio ego e soddisfare le proprie necessità, alla faccia di tutto e di tutti. Non ha alibi il Mannozzi, pure l'amico di sempre, Totò, lo schifa davanti ai continui piani miserabili per soggiogare la Brochard e rendere innocua la temibile Madre Russia. Un elemento di verità, nonché di sana cattiveria e cinismo in un film che a tratti invece finirebbe con l'annoiare un po'. E poi c'è da chiedersi perché quando il farabutto senza scrupoli lo fa un Gassman, un Vianello o un Sordi, scattano le cinque stellette d'obbligo, mentre con Buzzanca c'è sempre stata la puzza sotto il naso, mah....