Il Fantasma Dell'Opera di Dario Argento (1998) rientra comunemente nella categoria "pellicole indifendibili der sor Dario" e tuttavia, essendo notoriamente io: un rompicoglioni, un argentiano convinto, uno come Manolo, a cui piacciono le sfide - solo che Manolo c'è rimasto secco...- non posso esimermi da una trattazione sul film e dalla messa in luce dei suoi aspetti positivi, minoritari che siano. Intanto a Dario Argento viene in mente che è un ottima idea rifare un film che è stato già girato da 8512 registi, una cosa originale insomma, mai vista, scritta e diretta. Lui però è innamorato della versione del '43, quella di Arthur Lubin, è il primo film horror che ha visto, ne è rimasto atterrito ed affascinato sin da bambino, e dunque era stabilito che, prima o poi, pure lui ci avrebbe messo le mani. Bon, nel '98 arriva quel momento fatidico. Argento ha la sua visione, niente mostro deforme, ma un figone enorme la cui deformità è tutta e solo interiore (malvagio e crudele); la sceneggiatura deve attenersi il più possibile al romanzo di Leroux, non come De Palma che è andato allegramente per fatti suoi (e infatti... pure Argento, coerentemente alle premesse, fa parecchie modifiche). Location, il teatro dell'opera di Budapest (molto simile a quello ottocentesco parigino), il castello di Budapest per quanto riguarda i sotterranei, e pure le grotte di Pertosa vicino Salerno. Protagonista femminile Asia Argento, con cui è nato un sodalizio artistico a partire da Trauma (1993). Piaccia o meno ai detrattori, se il film minimamente sta in piedi è per due fattori: le scenografie e Asia Argento, il resto è più o meno un visionario delirio di autodistruzione di Argento. E quel che è peggio il pubblico in larga maggioranza ha pensato esattamente la stessa cosa.
Trombone Morandini definisce il film un "soft-core per platee bulgare", rendetevi conto di come ci si debba immaginare Il Fantasma Dell'Opera a seguito di una definizione del genere. Il film non può essere classificato come un horror, piuttosto è una sorta di fiaba fantastica dai toni gotici; a prescindere dalla sua origine letteraria, il taglio che Argento dà al racconto ed alle immagini è tale. Complessivamente c'è poco, pochissimo da salvare; i momenti di ridicolo involontario abbondano (quando Asia Argento parla da sola col fantasma - del quale può avvertire i pensieri - pare Ambra con Boncompagni nell'auricolare; le visioni del fantasma sul tetto del teatro sono fra le cose più kitsch mai viste al cinema), la colonna sonora di Morricone è insolitamente loffia e anonima, Julian Sands è insostenibile (pare l'imitazione di Timo Kotipelto), i fondali finiti per gli effetti speciali sono veramente "finti". Brividi di paura manco a parlarne, anzi pure qualche sbrodolo patetico-sentimentale di troppo. Cosa c'è di interessante allora? Beh la macchina annienta topi ad esempio, le locations indubbiamente suggestive, fotografate ed illuminate anche discretamente, Asia che recita a dovere il proprio personaggio e che in questo film in particolare ha una marcata carica sensuale. Morandini ci va giù un po' pesante con la definizione di "soft-core", visto che poi grandi scene in tal senso non ci sono; eccezion fatta per un paio di topless (uno di Nadia Rinaldi e uno di un'attrice secondaria di cui non conosco il nome, la lavandaia insomma), abbiamo due copule di Sands con la Argento, ma niente di che. Certo è che, mimare amplessi di fronte al proprio padre non deve essere stato il massimo della vita per Asia, come lei stessa ha dichiarato in un'intervista. Dice che alla fine della scena i due, muti, si sono abbracciati prorompendo in un pianto liberatorio. Divertente il momento del cacciatore di topi (veramente sui generis, anche come recitazione) che accoltella il fantasma al grido imperativo di "morte al mostro!"; si coglie un certa ironia poiché, per come sono ritratti i due personaggi, il vero mostro è ovviamente il cacciatore di topi. C'è poi la scena di Sands che amoreggia con le bestiacce roditrici; dice Argento che per girarla Kotipelto si è dovuto sottoporre a diverse sedute di yoga, onde trovare la calma e la pace interiore necessarie a farsi trastullare ignudo da una massa di topi infoiati.
Molte immagini hanno una patina naive, quasi ingenua, ma quella è una cifra che Argento mantiene anche quando gira le cose più sanguinarie, pare non accorgersi di come la sua lettura del momento sia "bambinesca" (ma anche per questo conserva una sua purezza). Ci sarebbero molti perché da chiedersi...come può il bambino "fantasma" essere allevato ed accudito dai topi? Nei primi mesi/anni di vita praticamente di cosa si nutre? Chi lo allatta, mamma topa? Come fa poi Julian Sands a costruirsi un regno sotterraneo? C'è addirittura un organo da chiesa in camera, come ce lo ha portato lì? Perché, se il fantasma non è un vero fantasma ma solo un disgraziato allevato dai topi e cresciuto nell'oscurità, pare avere addirittura poteri extrasensoriali, come la trasmissione del pensiero nelle menti altrui? Oddio, quello forse è spiegabile col fatto che il fantasma conosce il teatro a menadito e dunque riesce a far propagandare la sua voce sfruttando pertugi, condotti e anfratti vari ma insomma, me lo spiego più io che Argento durante il film. Pure l'innamoramento di Asia per il fantasma avviene in cinque secondi netti, il che significa o che Christine (il personaggio di Asia) è deficiente, oppure che il fantasma ha il potere di stregare al minimo sguardo, e allora si ripropone il quesito di sopra, è "normale" o "super"? In conclusione, Il Fantasma Dell'Opera rientra tra i trascurabili di Argento, tuttavia mi sono vergognato di più a vedere Giallo o La Terza Madre. E però Asia è sempre un bel vedere.