Il racconto che preferisco di Edgar Allan Poe è molto probabilmente La Caduta della Casa degli Usher; sono tutti belli, ma quello è paradigmatico delle atmosfere che caratterizzano Poe, il suo mondo parallelo, la sua scrittura, la sua lucida follia. Gli Usher sono anche il racconto a cui pensa Roger Corman quando riceve l'incarico dalla American International Pictures di girare un film che risollevi le sorti della compagnia. Dopo anni di b-movies in bianco e nero, popolari e commerciali, ma oramai in forte declino, la AIP vuole fare un film di livello, sempre commerciale naturalmente e di ambito fantastico-orrorifico, come da tradizione del marchio, ma che sia una scommessa (anche impegnativa a livello di budget) per acquisire nuovi spettatori e raggiungere audience più importanti. Corman, regista embedded della AIP, chiama Vincent Price, all'epoca attore emergente ma non ancora consacrato, e fa scrivere una sceneggiatura a Richard Matheson. Il ricorso a Poe non comporta alcun esborso poiché non ci sono diritti d'autore da pagare ed è uno scrittore conosciuto (e amato) da tutti perché studiato a scuola. Rispetto al racconto Matheson deroga dove necessario, in funzione del film da girare. Anziché qualche decina di migliaia di dollari (dell'epoca), il film ne costa qualche centinaio, il risultato però è strabiliante, la risposta al botteghino anche, ha inizio la stagione degli adattamenti dei racconti di Poe ad opera di Corman e con Price spesso e volentieri protagonista.
Le riprese durano appena 15 giorni, ma sono 15 giorni di qualità ininterrotta. Floyd Crosby, direttore della fotografia, crea quegli effetti cromatici che poi diverranno caratteristici del cinema fantastico di Poe, della Hammer ed i cui riverberi si ritrovano anche in Bava ed arrivano fino a Dario Argento. Le scenografie sono sontuose e decadenti, e anche laddove il fondale cartonato è evidente risulta talmente bello ed evocativo che pare un dipinto da museo. The House Of Usher poi (da noi ribattezzato demenzialmente I Vivi E I Morti) sfrutta un'ambientazione tutta compresa in poche stanze (la magione della famiglia Usher), una cripta e quattro personaggi, Roderick (Vincent Price), sua sorella Madeline (Myrna Fahey), il maggiordomo Bristol (Harry Ellerbe) e il promesso sposo di Madeline, Philip (Mark Damon). Questo dà una compattezza incredibile alla vicenda, magistralmente sviluppata in forma di trama dalle poche pagine scritte da Poe, che più che narrare una vicenda dipingono un ambiente, un contesto, un'atmosfera, uno stato d'animo.
Tutti e quattro gli attori sono meravigliosi, con Price che naturalmente svetta una spanna sopra tutti. Passano in secondo piano anche piccole incongruenze (come ad esempio le sonate serali di liuto di Roderick, il quale a malapena dovrebbe tollerare il suono di uno spiffero di vento, a causa della sua patologia, una ipersensibilità clamorosa verso qualsiasi cosa solletichi i suoi sensi). Gli sguardi persi ed allucinati di Madeline, il vigore erculeo ma un po' ottuso di Philip, la mesta rassegnazione di Bristol, l'ambiguità luciferina e tuttavia estremamente aristocratica di Roderick, un teatro dell'inquietudine e degli orrori che trova la sua sublimazione quando la scena si sposta nella cripta dove sono sepolti tutti i "terribili" Usher (i ritratti che li passano in rassegna sono davvero la quintessenza del kitsch). Appena 80 minuti di cinema estremamente suggestivo, colorato, narrativo, magnetico ed appassionante. Le poche riprese dedicate agli esterni, ancorché posticci, risultano se possibile ancora più surreali, fiabesche e pittoresche. Nonostante i tanti film successivamente dedicati al mondo di Poe e/o ad ambientazioni ed atmosfere a lui riconducibili ed affini, I Vivi E I Morti rimane a tutt'oggi uno degli esempi meglio riusciti, il capostipite e forse il migliore di tutti.