I Ragazzi Del Massacro

I Ragazzi Del Massacro
I Ragazzi Del Massacro

Nell'anno cruciale 1969 Fernando di Leo gira due pellicole controverse, anche se distanti tra loro, Amarsi Male e I Ragazzi Del Massacro, due vicende la cui scaturigine è pur sempre il tormento che la società italiana (e non solo) sta vivendo a seguito della fine degli anni del boom economico, la cui ricaduta rivela un bel po' di polvere sotto il tappeto. La rivoluzione sessuale del '68 è deflagrata come una bomba e Di Leo, autore che ha sempre amato interrogarsi e mettere in discussione tutto il discutibile, non si fa pregare, affrontando di petto la questione. I Ragazzi Del Massacro rovescia il cliché dei ragazzotti della borghesia bene, annoiati e viziati, che per dare una scossa ad una vita sin troppo agiata e priva di inciampi delinquono o abbassano l'asticella della propria moralità. I ragazzi del film (e più propriamente dell'omonimo romanzo di Scerbanenco del 1968) sono dei ragazzi perduti che frequentano la scuola serale, le cui famiglie (quando alle spalle ce n'è una) rappresentano proprio l'humus dal quale può nascere esclusivamente frutta marcia; giovani che vengono espulsi dalla società ancor prima di entrare a farne parte. La Legge li costringe a frequentare una scuola (anziché "buttarli nel cesso e tirare la catena", come dice uno dei personaggi), ma anche quel luogo diventa l'ennesimo teatro di violenza e sopraffazione. Una scolaresca violenta la propria maestra e la sevizia a tal punto da causarne la morte. Il commissario Duca Lamberti (Pier Paolo Capponi) conduce le indagini sul caso. Interroga veementemente i ragazzi e tenta in ogni modo (anche ai limiti del lecito) di cavarne qualche indizio che riconduca ad un possibile capobranco o mandante. In questo sofferto percorso verso la verità è accompagnato dall'assistente sociale Livia Ussaro (Susan Scott).

Oltre mezzo secolo ci separa da questa pellicola che tuttavia rimane ancora estremamente disagevole e scomoda da vedere. La brutalità e la gratuità del male perpetrato dai ragazzi lascia sgomenti, così come l'omertà e la strategia difensiva, che punta consapevolmente a non tradirsi facendo leva sulla dinamica di gruppo e sull'impotenza della Legge davanti a dei minori senza flagranza. La frustrazione di Lamberti è percepibile a pelle, è la nostra. I suoi confronti con il questore (Enzo Liberti) ne amplificano i charoscuri. Di Leo sceglie di affilare al massimo le spine, dandoci in pasto il crimine disumano sin dai titoli di testa. Anzi tutto si consuma in appena due minuti, violentissimi (ma se lo spettatore s'illude di non doverci tornare più sopra si sbaglia di grosso...); seguono i primissimi piani delle facce dei ragazzi (perlopiù non-attori professionisti), volti pasoliniani, deformati dall'estrema vicinanza all'obbiettivo e della precisa volontà di spaesare chi guarda. Non sono da meno le musiche di Silvano Spadaccino, altrettanto sfidanti e spigolose nella loro dissonanza. Capponi offre una prova di grande intensità, tra i primi a proporre un commissario dall'aspetto informale, spicciolo, non necessariamente ritratto in giacca e cravatta, secondo tutti i crismi; mentre la presenza della Scott è abbastanza ancillare, una donna accogliente, comprensiva e remissiva, che accetta persino di essere annoverata nel mucchio delle donne "facili" da uno dei genitori interrogati da Lamberti, senza sollevare obiezioni. Il film tradisce una certa forma mentis quando ad esempio sia Lamberti che il questore etichettano - non senza una certa veemenza - uno dei ragazzi come un "invertito" (aggettivo frequentissimo nei film di quegli anni), o quando Lamberti si dice inorridito del crimine verso la maestrina "neanche troppo piacente". Note apparentemente stonate che in tempi di politicamente corretto a tutti i costi non passeranno certamente inosservate. Il finale del film è piuttosto amaro ed anche se le indagini si concludono con un responsabile (pure quello all'insegna della "scorrettezza"), i colpevoli rimangono pressoché tutti i ragazzi visti sfilare ala scrivania di Lamberti, chi per coinvolgimento diretto, chi per vigliaccheria, chi per inedia. Di Leo non giudica, anche perché quei ragazzi sono pur sempre il prodotto dei padri, tanto familiari quanto laici e politici, che hanno apparecchiato loro una tavola troppo misera e squallida. Né sono da meno le donne adulte con cui i ragazzi amano intrattenersi, professioniste dall'apparenza morigerata come infermiere (Danika La Loggia) o personale d'ambasciata (Gabriella D'Olive), quelle che oggi chiameremmo "milf" annoiate, disposte a pagare le prestazioni dei ragazzi senza alcun sussulto di coscienza.

Emblematico in tal senso e di senso opposto il fugace dettaglio durante lo stupro della povera maestra, che la vede sorridere e accarezzare la testa di uno dei ragazzi il quale, anziché partecipare attivamente alla violenza, viene a sua volta costretto dai compagni (e c'è un preciso motivo). La maestra è consapevole di questa "diversità" e pur nel momento del martirio accoglie in grembo il ragazzo, nel quale riconosce un'altra vittima come lei. Il Mereghetti attribuisce al film ambizioni "sociololgiche" che poi si perdono in un "sensazionalismo" a buon mercato, ovvero I Ragazzi Del Massacro sconta la colpa di appartenere al "genere", di non essere un film puramente "autorale" (cosa che in realtà è, ma non secondo la levatura alta intesa da certa critica). Così facendo viene persa completamente di vista la qualità registica di Di Leo, il coraggio e l'azzardo di un film simile, le soluzioni anche visive con le quali procede la narrazione. La scelta di cambiare l'epilogo (e quindi il mandante dello stupro terminato con la morte della vittima) è tutta cinematografica e sposta minimamente il noir verso il giallo, anche in questo "sporcandosi", secondo l'estetica dei Mereghetti più snob.

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