I Racconti Di Canterbury

I Racconti Di Canterbury
I Racconti Di Canterbury

Un anno dopo Boccaccio arriva Chaucer, Pasolini si internazionalizza, scrive e dirige il secondo capitolo della cosiddetta "Trilogia della Vita" che concluderà nel 1974 con Il Fiore Delle Mille E Una Notte, l'intera epopea dell'arte e del piacere di narrare dall'Italia all'Inghilterra e poi ad est, verso Oriente, coprendo tutto il mondo conosciuto prima di Cristoforo Colombo, che quel mondo chiuderà per sempre in un cassetto. L'impianto è molto simile a quello del film precedente, lo prosegue con coerenza, pur trasferendone l'ambientazione in ambito anglosassone, ma sempre con i dialetti nostrani tanto cari a Pasolini, così come i corpi e le facce (improbabili) di attori-non-attori presi dalla strada e mescolati ai vari Hugh Griffith, Laura Betti, Ninetto Davoli, Franco Citti, Josephine Chaplin, Tom Baker, eccetera. Uomini, donne, ragazzi e ragazze con dentature assai poco cinematografiche, grossi nasi, capigliature scomposte, pance e/o ossa sporgenti, insomma la più assoluta normalità, un campionario umano che esattamente quello deve essere e rappresentare, l'umanità, quella non patinata, no leccata e irreggimentata solitamente mostrata al cinema. Pasolini del resto ha sempre cercato la verità e ha teso a rappresentarla in tutta la sua gamma di aspetti, dal sublime al disgusto.

Entrambe queste polarità, con tutta la gamma intermedia, convivono nei suoi Racconti Di Canterbury. Otto racconti, più o meno riadattati, tutti incentrati su argomenti sessuali ma che in sottotraccia spiegano le dinamiche di potere, anche tra persone semplici, del popolo, nullatenenti o quasi. C'è la cornice che apre e chiude la narrazione; inizialmente i pellegrini in viaggio vengono invitati da un oste ad intrattenersi raccontandosi delle novelle, per evitare le noia, e Chaucer (Pasolini) che li segue ne prende attentamente nota. Quindi al termine dell'ultimo dei racconti (il frate avido che viene scortato fino all'inferno), Pasolini si compiace sul suo scranno da lavoro, apponendo la parola "amen" al termine della preziosa raccolta. Originariamente anche ogni singolo capitolo prevedeva la sua presentazione introduttiva, poi espunta. Mentre a Berlino il film si assicurava un Orso d'Oro, in Italia veniva sequestrato e dissequestrato secondo la più consolidata tradizione della censura nazionale, con conseguente balletto grottesco (assai più del film) di accuse di oscenità ed "offese al pudore" degli italiani.

L'episodio del monaco rimane davvero impresso per la potenza visiva dell'inferno (che poi è l'Etna), di chiara declinazione dantesca, nel quale lo spettatore è trascinato, tra demoni variopinti (e con il membro in libertà) che sputano preti dall'ano e sodomizzano i peccatori o li punzecchiano con il forcone. A queste torture si aggiunge un baccano quasi insopportabile ed una pioggia battente che fa scempio dei corpi. Una fantasia visionaria ed al contempo decisamente devota alla Commedia dantesca ed all'immaginario medievale sull'argomento. A meravigliosi giardini con alberi scolpiti e popolati da spiriti boschivi e panici, agli interni perfettamente filologici (tranne forse un edificio a mattoni un po' troppo da periferia operaia thatcheriana), ai costumi sfarzosi ed elegantissimi (si pensi a quello rosso con cappello di Laura Betti), fanno da contraltare le scorregge, le feci, il vomito, le copule un po' animalesche del popolino rappresentato da Chaucer/Pasolini, perché l'uomo è questo e quello. Bella e poetica la Maggio di Josephine Chaplin (figlia di Charlie), e chapliniano è il personaggio buffo di Ninetto Davoli, che per mezza novella si muove a ritmo velocizzato creando l'effetto "comica" con bombetta e bastone (ma forse in cuor suo Ninetto pensava più a Totò che a Chaplin). Metafisico e inquietante quello dell'inquisitore che deve cedere il proprio corpo al diavolo (Sergio Citti) con il quale stringe una promessa (diavolo quasi impressionato dal rogo di un povero ometto senza soldi, colpevole solo di omosessualità); efferato e spietato quello del mugnaio trucidato dagli studenti dell'Università, così come quello dei tre "amici" che devono spartirsi un tesoro e sapranno spartirsi solo la morte e l'ingordigia. Di nuovo Dante Ferretti alle scenografie, Tonino Delli Colli alla fotografia, Ennio Morricone (che rielabora la tradizione popolare angloirlandese su selezionate di Pasolini) alle musiche.

Trailer ufficiale

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