Nel 1971 Ken Russell dirige I Diavoli con Oliver Reed come protagonista. Francia XVII secolo, guerre di religione, cardinale Richelieu, potere regio e pratiche demoniache sullo sfondo. Tre anni dopo la distribuzione italiana prende un film diretto da Andrew Sinclair, ambientato nell'Inghilterra contemporanea e lo titola I Diavoli n. 2 senza che vi sia alcun nesso plausibile tra le due pellicole se non il volto dell'attore Oliver Reed presente in entrambe e l'argomento esoterico satanico a far da collante. Un'operazione ributtante a mero scopo commerciale che naturalmente non tiene in alcun conto il rispetto dell'opera e dell'intento artistico di chi l'ha concepita. Il film in originale si chiama Blue Blood e fa riferimento proprio al sangue blu di lignaggio aristocratico; la vicenda infatti ruota attorno alla vita di lord Gregory Landsbury (Derek Jacobi), un debosciato e vizioso lord inglese, padre di due figli, la cui moglie Lily (Fiona Lewis) trascorre molto tempo in giro per il mondo facendo la cantante. Gregory si trastulla con una giovane amante capricciosa di nome Carlotta (Anna Gaël) ed assume continuamente bambinaie che si prendano cura della sua prole verso la quale lui non ha alcun interesse se non quello squisitamente dinastico. Tuttavia la casa di famiglia, il gigantesco maniero di Swanbrook, è concretamente gestito dal cameriere personale di Gregory, Tom (Oliver Reed), verso il quale il lord nutre una sudditanza psicologica ed una dipendenza di completo asservimento.
La pellicola è tratta dal romanzo scritto dal marchese di Bath (sotto lo pseudonimo di Alexander Thynne), ovvero il vero e legittimo proprietario di Longleat House (Swanbrook), nel sud est dell'Inghilterra. Longleat fu la prima magione nobiliare inglese ad essere aperta al pubblico, tema che ha un suo peso nel film poiché Gregory riflette molto sulla sua condizione di lord decaduto, ridotto oramai a scimmia per turisti che ogni anno a milioni pagano un biglietto per invadergli casa, camminare nei suoi parchi che ospitano persino uno zoo fatto di animali presi in convenzione da circhi limitrofi. Un tempo accaniti guerrieri e impavidi conquistatori, ora i portatori di sangue blu albionico si sono ridotti ad essere ragionieri e commercialisti; questo senso di impotenza e reductio influisce molto sullo stato d'animo di Gregory che passa le sue giornate ad oziare, annoiarsi, decorare pittoricamente le pareti di casa, bere alcolici, partecipare a feste e passare di donna in donna. Per lui fare figli è una questione esclusivamente numerica, anche solo l'idea di trascorrere 10 minuti con loro lo terrorizza. Proprio da questa condizione nasce la sua totale dipendenza da Tom, che invece lucidamente compie ogni giorno scelte che lo avvantaggiano e rendono il legame con il padrone sempre più asfissiante. La situazione si incrina quando a Swanbrook arriva l'ennesima governante, Beata (Meg Wynn Owen), con un passato fatto di disturbi mentali. Beata intuisce la strana influenza di Tom sulla casa e su Gregory ma finisce col subirla anche lei.
Blue Blood si può leggere su due piani distinti poiché tutto ciò che accade nella casa ha un risvolto sinistro, allucinatorio e inquietante. Gregory e Beata hanno visioni nelle quali Tom è una sorta di diavolo che compie sacrifici e domina mentalmente tutti. Ogni donna si prostra ai suoi piedi, Lily, Beata e Carlotta; tutta la servitù di Swanbrook gli obbedisce ciecamente e Gregory si rifiuta di contrariarlo in qualunque modo. Tutto ciò è vero? Tom è Lucifero? O semplicemente la precaria condizione psicologica tanto di Gregory quanto di Beata li induce a travisare la realtà ingigantendola e trasformando Tom in un mostro? Il confine è molto sottile ed è ottimamente giocato da Sinclair che non si sbilancia mai. Il dialogo tra Tom e Lily, che inizia con la donna che cerca di domare il servo e si conclude con la dama del castello che viene letteralmente sottomessa dal maggiordomo, tanto gerarchicamente quanto sessualmente (le allusioni sono evidenti e troveranno sbocco nel finale), è un pezzo di bravura da parte degli attori e di Sinclair che firma anche la sceneggiatura, per altro con Reed inquadrato senza che si veda mai la sua bocca (coperta in prospettiva dall'argenteria che sta lucidando); i suoi occhi di fuoco parlano e mettono a nudo l'ipocrisia e la pochezza di Lily. Tutti i personaggi sono segnati da una morale molto zoppa, Carlotta ama per interesse, Lily è un'egoista tanto quanto Gregory, la servitù è gretta e approfittatrice. Persino i bambini, pur nella loro innocenza, risultano pestilenziali. La sola a non essere mossa da malizia e malvagità sembra Beata ma non è in alcun modo attrezzata per resistere all'onda d'urto dell'intraprendenza di Tom e della grettezza di Gregory, ciò nonostante prova a suo modo ad avvisare il Lord della nefasta influenza del suo uomo di fiducia.
Blue Blood gioca con molta parsimonia la carta dell'esoterismo, limitandola a pochissime scene (sempre contenute anche visivamente), a tal punto che a stento il film è catalogabile come un horror. Le atmosfere sono quelle ma sostanzialmente Blue Blood è un film drammatico giocato sulla falsa riga del satanismo, che pure è evocato e che consente di collocare la pellicola in un ideale crocevia di film allo zolfo fatto di case diaboliche e bambini nelle grinfie del diavolo come Rosemary's Baby, Il Presagio o Ballata Macabra (curiosamente pure questo con Oliver Reed ma successivo di due anni). Molto belle ed evocative le musiche di stampo classico di Brian Gascoigne e la regia di Sinclair nella sua semplicità è estremamente efficace e concreta ma comunque sempre elegante. Grande prova di Reed e di Jacobi, consumato attore teatrale e shakespeariano che poi entrerà nelle grazie di Kenneth Branagh che lo userà come un feticcio in quasi tutti i suoi film.