Horror

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Horror

Ombretta Colli piaceva molto al nostro cinema di genere, tant'è che a partire dagli anni '60, ancor prima di debuttare come cantante, girava film storici, i sandaloni, gli horror, d'avventura e gialli, da Fulci a Corbucci, da De Martino a Caiano. Uno di questi film si chiama proprio Horror, senza lasciare troppi dubbi su quale possa essere il suo filone di riferimento. Lo firma Alberto De Martino sotto pseudonimo (Martin Herbert) e si ispira a Edgar Allan Poe, mescolando un po' arditamente varie pagine dello scrittore americano tratte dai racconti La Caduta Della Casa Degli Usher, Quattro Chiacchiere Con Una Mummia e Una Storia Delle Ragged Mountains. La filiazione appare evidente da subito, ci sono vari elementi rimescolati e adattati alla storia che Martino vuole raccontare senza però la minima inventiva, si appoggia saldamente al cliché e sostanzialmente si dedica unicamente alla coloritura delle atmosfere. Una quasi maggiorenne Emily Blackford (Ombretta Colli) fa ritorno a casa, un lugubre maniero scozzese - anche se la scritta in sovraimpressione dice che siamo in Inghilterra nel 1884 - dopo aver trascorso la sua adolescenza in collegio. Ad accoglierla trova il fratello Rodéric (Gérard Tichy) ed una servitù completamente rinnovata a seguito della morte del padre avvenuta un anno prima, in assenza di Emily. Con lei ci sono anche una cara amica, Alice Taylor (Irán Eory), con il fratello John (Vanni Materassi). Al castello è presente pure il medico di famiglia LaRouche (Leo Anchóriz). Il clima è pesante ed opprimente, sembra esserci qualcosa di non detto, una qualche minaccia che aleggia sulla testa di tutti.
- SPOILER: Rodéric rivela a Emily che il padre non è morto, ha rischiato di esserlo ustionandosi completamente, per un certo lasso di tempo è stato curato al castello ma poi è fuggito nella boscaglia circostante, ossessionato da una profezia di estinzione della casata e convinto che solo la morte di Emily al compimento della maggiore età avrebbe potuto spezzare il sortilegio. Dunque Emily è addirittura in pericolo di vita.

Come molti horror dell'epoca la sceneggiatura contiene diverse ingenuità, l'obbiettivo del racconto non è la sostanza (ovvero la logica, la linearità e la verosimiglianza degli eventi) ma la forma. Il bianco e nero naturalmente aiuta moltissimo in tal senso. Il resto lo fanno i costumi, le acconciature, le scenografie, le candele, le musiche, i silenzi e la recitazione affettata e sospesa. De Martino stesso giudicò con molta severità questo lavoro ritenendolo "un piccolo film senza importanza", né andò meglio con la critica che sostanzialmente ebbe la stessa postura. Non stiamo certamente parlando di un capolavoro, e la stretta aderenza a ben tre racconti di Poe rimescolati un po' alla bene e meglio abbassa le quotazioni del prodotto, ma non sarei nemmeno così sprezzante nei confronti di una pellicola che tutto sommato è piuttosto gradevole. La recitazione a mio parere è invece il suo punto di forza, teatrale quanto serve per un'operetta del genere. Helga Liné nella parte della seriosa e accigliata governante, potenzialmente in combutta con chiunque dentro il castello, è di una bellezza raggelante, i suoi sguardi torvi incutono timore ed al contempo la sua potenza lignea è ammaliante. Incredibile come pur essendo coperta dalla testa ai piedi, fasciata in un abito completamente nero, emani una carica seduttiva e financo erotica enorme... il potere dei film anni '60, dove senza poter mostrare granché si otteneva un effetto persino amplificato. Terribile però la cofana di capelli che porta sulla testa.

Molto grossolani gli effetti speciali, ovvero il trucco, paradossalmente l'unico aspetto che invece De Martino ricorda positivamente. Come è giustamente stato fatto notare, le atmosfere del film ricordano da vicino più i titoli della Hammer che i gotici italiani coevi, e questo in qualche misura conferisce maggior attinenza con Poe. Del resto il film non è una produzione esclusivamente italiana bensì una co-produzione con la Spagna, dove in parte è stato anche girato (nel bellissimo e diroccato monastero di Santa Maria La Real de Valdeiglesias), mentre per gli interni si tratta di Cinecittà. Curioso il fatto che spesso gli attori emettano vapore bianco dalla bocca, segno inequivocabile che sul set ci doveva essere un gran gelo e ancora più curioso che ciò accada prevalentemente, se non esclusivamente, nelle scene in interno, con tanto di caminetti accesi e attori vestiti di tutto punto con abiti molto pesanti. Evidentemente la Produzione deve aver risparmiato parecchio in termini di riscaldamento. La sceneggiatura è di Bruno Corbucci e Sergio Grimaldi, ai quali per meri motivi fiscali, viene appaiata la spagnola Natividad Zaro. Oltre che su piattaforme streaming il film è attualmente disponibile gratuitamente su Youtube.

Trailer ufficiale

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