Hercules

Hercules
Hercules

Luigi Cozzi riceve l'incarico dalla Cannon di Golan e Globus di girare una nuova versione di Ercole con Lou Ferrigno, Mister Universo del momento, cresciuto nel mito di Steve Reeves (l'Ercole di Cinecittà di fine anni '50). I due fanno team e Cozzi - sotto contratto con la casa cinematografica dai tempi di Star Crash, per realizzarne il seguito che non si concretizzerà mai - scrive il soggetto in una notte per convincere Golan e finanziare la sceneggiatura (inizialmente affidata a Bruno Mattei e Sergio Bergonzelli, ma della quale il produttore israeliano era rimasto sconcertato ed insoddisfatto, poiché trasformava quello che per lui era un eroe dei bambini in un protagonista di avventure erotiche "all'italiana", secondo il filone del periodo). Cozzi convince tutti ribaltando la visione del nuovo Ercole, si tratterà di un "reboot" supereroistico, con Ercole in chiama superomistica e tantissimi effetti speciali. Golan investe un discreto budget (circa 2 milioni e mezzo di dollari dell'epoca, una cifra modesta per un film del genere ma enorme per una produzione italiana). Il regista di Busto Arsizio fa le cose davvero in grande, con un incipit che addirittura si incarica di spiegare e descrivere la nascita dell'universo, una intera cosmogonia che Cozzi riprende per filo e per segno con le sue macchina da presa. Nell'83 esce il terzo episodio della prima trilogia di Star Wars e lo stesso Cozzi aveva già diretto il suo rifacimento Star Crash, giusto per contestualizzare il livello di effetti speciali che era lecito aspettarsi sul grande schermo. Tuttavia, come detto, questa è una produzione si Cannon, ma pur sempre maccheronica, anche se Cozzi infonde ogni sforzo umano (ed oltre) per portare la pellicola ad un certo livello. Le riprese nello spazio fanno convivere una imbarazzante ingenuità (soprattutto per "come" si sarebbero creati i mondi e la materia) con una visionarietà sbarazzina e coinvolgente. Riusciamo persino a tollerare un'anfora con delle lucette sopra (tipo led luminosi) che sarebbe il vaso di Pandora, letteralmente un'anfora (perché 1+1 fa 2) che si frantuma sospesa nel niente e dalla quale si generano il Bene ed il Male. Si passa poi al conciliabolo delle divinità, create ovviamente prima degli uomini, e residenti sulla Luna (con tutti i pianeti disponibili dell'universo). Zeus (Claudio Cassinelli con la barba di Babbo Natale), Athena (Delia Boccardo) ed Era (Rossana Podestà) dibattono e si becchettano come in una sit com domestica. Tutto ha inizio con la nascita di Ercole, figlio del re di Tebe, nel quale Zeus instilla la scintilla della luce che renderà il pargolo l'uomo più forte ed intelligente della Terra, che dovrà farsi carico del destino dell'umanità. Ercole non poteva certo essere il figlio di un ciabattino o di uno stalliere, parte già avvantaggiato essendo di stirpe reale (e divina). Ma Era trama contro suo marito e cerca di alimentare le forze del Male perché si riequilibri la bilancia cosmica (che Zeus evidentemente sposta a favore del Bene).

E mentre assistiamo alla creazione di costellazioni (ad esempio quella dell'orsa maggiore la scolpisce Ercole lanciando di peso un grizzly nello spazio), a gigantesche clessidre spaziali (pure quelle a led) che scandiscono il trascorrere del tempo, a spade fiammeggianti con i colori di un ghiacciolo estivo, a delle banali frecce di legno che trapassano i corpetti delle armature dei soldati e ai mostri del Meccano che assaltano Ercole venendo puntualmente disintegrati in 10 secondi, si consuma la storia del più grande eroe di tutti i tempi, ai quali vengono sterminati i genitori terrestri (una coppia adottiva che lo raccoglie e lo cresce, proprio come in Superman) e che si innamora della prima donna che gli capita, ancorché bellissima, Cassiopea (ruolo andato a Ingrid Anderson ma per il quale, fra le altre, vennero provinate anche Irina Sanpiter e una giovanissima Isabella Ferrari). Quando la giovane vergine velata viene rapita da Minosse (William Berger), un fanatico della scienza (?) con l'aiuto di Dedalo (Eva Robins), che gli confeziona i fallimentari mostri meccanici, e di sua figlia Ariadne (Sybil Danning), Ercole è costretto a compiere innumerevoli prove e fatiche per liberarla. Si serve anche dell'aiuto di Circe (Mirella D'Angelo), maga al servizio di Athena, che risiede confinata su di un'isola e invecchiata fino allo sfinimento, dopo che Minosse le ha sottratto il suo magico talismano onnipotente. Ma l'approdo di Ercole all'isola dopo aver nuotato sette giorni e sette notti (con Ferrigno che aveva il terrore dell'acqua e non ci metteva neppure un piede) le infonde nuova vita. La stregona infatti beve 7 gocce del suo sangue e lo scorta fino all'Inferno, dove egli si riappropria del talismano (pur essendo il più intelligente tra gli uomini, Ercole ha infatti bisogno delle dritte di Circe per sconfiggere i nemici). Infine, una peripezia dopo l'altra, Ercole raggiunge Atlantide, nelle cui viscere vulcaniche sta per compiersi un sacrilego rituale che garantirà a Minosse grandissimo potere ma che prevede il sacrificio di Cassiopea. - SPOILER: Ercole giunge in tempo, sconfigge in un duello di spada Minosse e nel farlo stappa il vulcano che tramortirà l'intera popolazione atlantidea, ma a Ercole non importa, egli può riabbracciare finalmente Cassiopea in un romanticissimo finale in riva al mare (dell'isola di Gaeta).

Al di là della estrema semplificazione di tutto a livelli di favola per bambini, Cozzi è molto abile nel creare un purè che sta in piedi, pur parossistico, fumettoso e a tratti persino grottesco. Lo spararla sempre più grossa alla fine crea un clima coerente e credibile, che tiene lungo tutto il film. In modo geniale Cozzi inserisce spezzoni di altri film per risolvere punti problematici, come l'assedio di Tebe che lui sbriga in 10 secondi sovrapponendo immagini prese altrove (idem per l'eruzione vulcanica di Atlantide). Ma del resto, anche visivamente Cozzi saccheggia i suoi amori di gioventù, come l'isola infernale del teschio che cita abbastanza evidentemente quella di King Kong e un po' di Peter Pan. Nella scena della lotta di Ercole con l'orso (che per altro uccide suo padre), Cozzi si fa comprare frattaglie di pellicola di Grizzly, L'Orso Che Uccide (1976) e le monta col suo girato, largamente insoddisfatto del costume da orso (lui dice "da foca") che gli avevano portato sul set e che valuta del tutto non credibile (era quello utilizzato da Joe D'Amato in Ator L'Invincibile (1982). Nonostante Ferrigno avesse già passato i 30 anni, nel film - secondo una datazione che fa Minosse del furto di una spada che coincide con la nascita di Ercole - viene spacciato per un ventenne, forse la cosa più incredibile di tutta la vicenda, considerando il metro e 94 di muscoli, la barbona e l'aspetto non proprio di primo pelo del gigante di Brooklyn. Pare che la colonna sonora spettasse a Morricone, il quale si rifiutò dopo aver afferrato che tipo di musiche gli chiedeva Cozzi (definite dal premio Oscar roba da "banda da strada"); la pensò diversamente Pino Donaggio il quale invece svolse doviziosamente il proprio compito, soddisfacendo in pieno Cozzi.

In Italia il film andò maluccio ma in America incassò parecchio, aiutando anche finanziariamente la Cannon che non navigava in buone acque. Ciò non gli impedì di aggiudicarsi due Razzie Awards (attore protagonista e attrice non protagonista) su cinque candidature. Hercules II, ovvero Le Avventure Dell'Incredibile Ercole, nacque in modo pazzesco e demenziale (trovate la recensione su Cineraglio). Cozzi doveva rimediare al pessimo risultato del girato de I Magnifici Sette Gladiatori (sempre con Ferrigno e la Danning, sempre per la Cannon). Il film era insalvabile e Cozzi aveva il compito di servirsi di quei fotogrammi, rimontandoli a proprio piacimento ed insertandoli con nuovo girato. Gira che ti rigira, Cozzi produsse circa 40 minuti di materiale, allorché gli fu chiesto di arrivare al doppio e creare ex novo un altro film, così da poter cestinare definitivamente I Magnifici Sette Gladiatori ed evitare di distribuirlo (rovinando il nome della Cannon e di Ferrigno). Raffazzonando pezzi di sceneggiatura in corso d'opera, Cozzi plasmò un seguito di Hercules, al quale Ferrigno per altro partecipò inconsapevolmente (per evitare che chiedesse un adeguamento del cachet), convinto ancora di star ancora rimediando al film dei gladiatori. Molto lucidamente Cozzi ha ammesso che tutti i suoi film sono "cazzate senza testa né coda" (cito letteralmente) e a tutt'oggi si chiede stupito come la gente abbia potuto accettarli, perché non si sia mai alzato in piedi nessuno prorompendo in un indignato: "ma che cazzo di film è questo?" Forse semplicemente perché in mezzo a tutta quella assurda follia, quel qualcuno si stava divertendo.

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