Glitter

Glitter
Glitter

Quando Glitter esce al cinema è un momento particolarissimo per Mariah Carey e non solo. La cantante di origini irlandesi, venezuelane ed afroamericane è certamente già una star multimilionaria ed acclamata in tutto il mondo, con dischi di oro e platino accumulati in quantità industriale, premi e riconoscimenti da fare invidia a qualunque popstar vivente ed uno stuolo di fan che si butterebbe in un vulcano al suo solo schioccare di dita. Tuttavia Mariah ha appena divorziato dal suo storico marito e producer Tommy Mottola ed è alle prese con un forte esaurimento fisico ed emotivo dovuto ad una pressione lavorativa divenuta insostenibile, centinaia di ore di sonno perse, oltre alla guerriglia che proprio Mottola e la Sony (di cui è amministratore delegato) le stanno facendo, anche con colpi bassi, come sabotare l'album a cui sta lavorando rubandole collaboratori, campionamenti (per darli alla nuova stellina di Mottola, Jennifer Lopez, celebre il caso del sample originale di "Loverboy") ed orchestrando campagne stampa di puro body shaming riguardanti il peso di Mariah. Così nel bel mezzo dello show Total Request Live dà di matto, si leva la maglietta e inizia a distribuire gelati al pubblico parlando a vanvera. Quel campanello d'allarme porta al ricovero dell'artista (con conseguente diagnosi di disturbo bipolare) ed alla cancellazione di ogni suo impegno fino a data da destinarsi. Finalmente arriva la data di pubblicazione del nuovo album, Glitter, ed indovinate qual è? L'11 settembre 2001. Quale disco sarebbe potuto sopravvivere a quella data? Glitter per altro fa parte di un'operazione complessiva che comprende anche un film, il primo da protagonista per Mariah, diretto da Vondie Curtis-Hall, attore alla sua seconda regia cinematografica dopo aver diretto alcuni episodi tv di E.R. - Medici In Prima Linea e il film Gridlock'd - Istinti Criminali con Tupac Shakur, Tim Roth, Thandie Newton e Lucy Liu. Alla prima del film Mariah si presenta con una bandiera americana sulla canottiera nera, in omaggio alle vittime dell'11 settembre. Dopo le interviste e gli autografi di rito si siede con il pubblico nel bel mezzo del cinema. In quel momento la Carey è perfettamente consapevole di dover scalare una montagna, quanto accaduto agli Stati Uniti ed al mondo intero in quei giorni avrebbe schiacciato chiunque, senza contare che lei sta appena uscendo da un incubo personale e che generalmente sono molto rare le cantanti che riescono a costruirsi una carriera - riconosciuta e accreditata - come attrici (sebbene Jennifer Lopez, l'eterna nemica, fosse già una notevole eccezione alla regola).

Detto tutto ciò, Glitter è un capolavoro? No, ma è un mio guilty pleasure, come del resto lo è anche la musica di Mariah Carey. Si tratta di una romantica commedia musicale, girata a Toronto, con qualche risvolto drammatico, ovviamente costruita attorno all'ugola e al corpo di Mariah, per altro entrambi esaltati in ogni modo possibile. La sceneggiatura è una biografia un po' abbellita che marca stretta la vita vera della Carey, cresciuta da una madre canterina, sballottata in giro, fatta esibire sin da piccola, corista di cantanti più quotate e poi scoperta da un manager che la lancia nello stardom. La sua Billie Frank è grossomodo ricalcata su Mariah, con un po' di dolcezza e poesia in più, ma c'è anche un tocco drammatico che riguarda il suo manager (interpretato da Max Beesley) ed una riconciliazione con la madre (Valerie Pettiford) che in qualche maniera compensa il fiele sentimentale. Il film è grazioso e non è affatto questa mostruosità che i Razzie Award di quell'anno si divertirono a massacrare. La Carey non è neanche terribile come attrice anche se insiste un po' troppo sulle faccine ingenue da cigno tenero e indifeso. C'è una scena in particolare, collocata quando ancora sta costruendo la sua carriera, in cui produttori e registi senza scrupoli devono girare un suo videoclip promozionale e naturalmente intendono puntare tutto sulla sensualità, evidenziando molto il seno. Billie ed il suo manager sono dei puri, loro sono lì per l'arte, per la musica e sono contrari ad una eccessiva sessualizzazione del corpo di Billie. Tuttavia nell'arco dei 104 minuti di Glitter la Carey è praticamente sempre scollata ed ogni abito la fascia come una radiografia, mettendo in risalto ogni sua curva, soprattutto il seno. Senza contare come è proseguita poi la carriera della Carey stessa, sempre più nuda. C'è un po' di ridicolo involontario nel volerla tratteggiare come una cenerentola con un inconsapevole corpo da pin-up, senza fare neanche granché per coprirlo, anzi. Ma è tutto parte del gioco un po' malizioso di Glitter, che in fin dei conti è una agiografia un po' furba della Carey nella quale, al di là dell'aspetto narrativo al minimo sindacale, la sua voce e le canzoni dell'album omonimo (per altro un buon album) spiccano ugualmente.

Al netto dei die-hard fans, la pellicola non piacque al pubblico che non la premiò al botteghino, e la critica non si peritò di stroncarla, facendone praticamente carne da macello. Ai Razzie Award ricevette ben 9 nomination e Mariah vinse quello di peggior attrice. Il clima che si venne a creare attorno al film la portò successivamente a rinnegarlo, anche se lì per lì invece sperò che quella storia tutto sommato romantica e spensierata potesse servire ad alleggerire il dramma che il popolo americano stava vivendo, regalando un po' di evasione. Qualcuno si spinse a definirlo il peggior film mai fatto....anche meno. Si vede che questi soloni non si erano mai fatti un giro nelle sale italiane. A tal proposito Beesley ebbe a dichiarare che la Carey dimostrò sul set di avere doti attoriali anche drammatiche ma che poi il montaggio del film si accanì proprio su quelle, tagliandole brutalmente per evitare che il racconto avesse un tono troppo grave. Questo naturalmente non aiutò la nomea della Carey come attrice. Non brillantissimo il doppiaggio italiano che le appioppa una voce (Irene Di Valmo) troppo spesso sussurrata in modo fastidioso.

Trailer ufficiale

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