Vincenzo Alfieri è un attore, sceneggiatore, montatore e regista che ha lavorato per cinema e tv, Gli Uomini D'Oro è il suo secondo film (per un totale ad oggi di tre) come regista ed è un gran bel film che mi ha colto di sorpresa poiché, per mia ignoranza, non conoscevo questo autore italiano. La sceneggiatura, che lo vede coinvolto assieme ad altri tre scrittori, si rifa ad un evento di cronaca nera italiana risalente al 1996 (lo stesso periodo nel quale è effettivamente ambientato il film). All'epoca dei dipendenti delle Poste progettarono ed attuarono un colpo ai danni dell'Ente nel giorni di riscossione e deposito di varie somme di denaro da vari uffici del torinese. Il piano venne messo in pratica con l'aiuto di amici e complici, con conseguente tentativo di fuga in Costa Rica dei diretti interessati, ma il crimine si risolse in un bagno di sangue a cui seguirono arresti e morti per infarto dei vari membri della band. In modo relativamente fedele Alfieri ricostruisce quella cornice affidando ad un montaggio molto accattivante e di vago riferimento tarantiniano l'incarico di narrare la storia da diversi punti di vista, quello dei tre protagonisti, il playboy (Giampaolo Morelli), il cacciatore (Fabio De Luigi), il lupo (Edoardo Leo).
Il cast farebbe pensare ad una tipica commedia italiana di stampo contemporaneo ed elementi comici in effetti ci sono, ma risultano del tutto marginali, tesi unicamente ad arricchire un racconto che prevalentemente si tinge di noir e di tensione da thriller. Fabio De Luigi finalmente ha la possibilità di mettersi alla prova con un ruolo meno stupidino e prevedibile del solito, evidenziando ottime tinte drammatiche e sfumature interpretative che in genere gli sono precluse per motivi di sceneggiatura. Morelli è uno versatile, ne ha dato già prova in passato ed anche stavolta riesce brillantemente a muoversi sul doppio registro dolce/amaro, mentre Leo è forse quello dotato di un personaggio meno verticale rispetto agli altri, ma comunque porta a casa il mestiere. E' semmai Gianmarco Tognazzi a ricadere nello stereotipo, oramai abbonato a questi caratteri sempre un po' grotteschi, sopra le righe, assai affettati nelle maniere e nell'eloquio. Matilde Gioli, Susy Laude e Mariela Garriga sono le controparti femminili (rispettivamente di Morelli, Luigi e Leo); la Gioli in realtà sta pochissimo sullo schermo ma lo illumina con grande bellezza ed espressività (e con due occhi che hanno pochi termini di paragone nel cinema italiano contemporaneo), è sua l'unica scena di sesso e beh... pochi secondi che lasciano il segno. La Laude ha il ruolo più teatrale e "carico" ma è impeccabile, mentre la Garriga è un po' la showgirl Mediaset di turno, curiosamente il personaggio più lineare e squadrato dei tre, proprio come Leo, che è il suo fidanzato nel film. Molto valida anche tutta la schiera di caratteristi che sostiene l'architettura della pellicola, a cominciare da Giuseppe Ragone.
Alfieri fa un ottimo lavoro a livello di ritmo, di incastri, di immagini accattivanti, di commento musicale, dosato con grande maestria e filologia, cogliendo lo zeitgeist dell'epoca. Gran merito della riuscita finale del film è certamente suo, financo arrivando ai titoli di coda, la cui grafica riassume "digitalmente" la storia appena raccontata in modo carino e creativo. Gli Uomini D'Oro dimostra come si possa fare del buon cinema italiano, che non sembri né vecchio né ripiegato meschinamente su esigenze di botteghino, con un cast credibile, con tante idee dietro la macchina da presa e con un respiro financo internazionale nella messa in scena. Nel 2000 Gianluca Maria Tavarelli aveva diretto a sua volta Qui Non E' Il Paradiso, ispirato ai medesimi fatti di cronaca de Gli Uomini D'Oro.