Gli Insaziabili (aka Femmine Insaziabili)

Gli Insaziabili (aka Femmine Insaziabili)
Gli Insaziabili (aka Femmine Insaziabili)

Nel 1969 Alberto De Martino dirige questo giallo a base di indagini e ricostruzioni ex post. Giulio Lamberti (Roger Fritz) è emigrato dall'Italia negli Stati Uniti con un bel contratto in tasca per fare l'uomo immagine della Chemical International. Anni dopo si ritrova con l'amico di infanzia Paolo Vittori (Robert Hoffmann), al quale rivela di essere braccato. Vittori viene picchiato perché riveli dove si nasconde Lamberti, il quale più tardi verrà ucciso, ma la sua morte sarà venduta alla stampa come un incidente automobilistico (forse addirittura un suicidio). Vittori, giornalista, indaga sul caso, convinto che il Lamberti sia stato fatto fuori. La frequentazione con il consiglio d'amministrazione della Chemical lo spinge verso l'idea che sia stato proprio uno di loro a commissionare l'omicidio, benché siano sotto ricatto di un fantomatico Bill Steiner che dice di sapere la verità. Con tutti o quasi Lamberti aveva avuto rapporti difficili. Vittori li avvicina uno per uno, coadiuvato dalla segretaria personale di Lamberti, Mary Sullivan (Luciana Paluzzi). - SPOILER: passo dopo passo emergerà una doppia vita di Lamberti, profondamente cambiato dagli anni italiani. In America era diventato avido, ambizioso, arrivista e donnaiolo. Bill Steiner è proprio Lamberti, il quale ha inscenato la propria morte ed ora ricatta la sua azienda (dalla quale era stato recentemente mollato), cercando di garantirsi una cospicua indennità di buonuscita. Disilluso, l'idealista Vittori accetterà l'offerta della consigliera Vanessa Brighton di scrivere la sua biografia personale e divenirne l'amante, sostanzialmente prendendo il posto che fu di Lamberti.

De Martino, che firma la sceneggiatura assieme ad altre 6 mani, costruisce un filmetto solido e di mestiere, "tipico" del periodo e del filone (medio/alta borghesia, vizi e capricci, giochi di potere, trasgressioni sessantottine), senza vette e senza capitomboli, un prodotto medio ma affidabile, con tutte le tessere del mosaico al posto giusto. Al thriller aggiunge il retrogusto sexy; nulla di che, intendiamoci, è più il detto che il visto, ma il carico da novanta è la subitanea ri-titolazione della pellicola che diventa Femmine Insaziabili, per altro immotivatamente poiché, anche se la trama ospita delle femmine sessualmente attive, quell'aspetto non ha alcun ruolo risolutivo nella vicenda gialla che viene raccontata. E per la verità anche il titolo originale andrebbe quantomeno ridotto dal plurale al singolare. In questo caso però è funzionale alla costruzione semantica del depistaggio ai danni dello spettatore, e allora passi. D'altra parte, una visione minimamente attenta del film permette di farsi un'idea precisa abbastanza rapidamente, non è affatto impossibile capire come siano veramente andate le cose, gli indizi non mancano. Credo tuttavia che a De Martino più che l'identità dei colpevoli interessino le atmosfere, i personaggi, i giochi di ambiguità e cinismo, la parabola del "tutto si può comprare", soprattutto i segreti celati nel lato oscuro che tutti posseggono. Personaggi forti del racconto sono il buon Vittori, cavaliere senza macchia e senza paura, Frank Donovan (Frank Wolff), appartenente al "terzo sesso", come viene detto nel film, Vanessa Brighton (nientemeno che Dorothy Malone) virago non abituata ad accettare i no come risposta, sua figlia Gloria Brighton, ovvero Romina Power, in una parte da lolita hippy piuttosto audace considerando che all'epoca l'attrice aveva 17 anni. Il '69 fu un anno di grande trasgressione per la Power che girò questo film e Justine, Ovvero Le Disavventure Della Virtù di Jess Franco, entrambi molto "nudi" e provocatori. Buona parte della storia è ambientata negli USA, anche degli interni "losangelini" vennero girati a Roma.

A verbale metterei la scena del cinema psichedelico a casa di Romina Power (ma tutta la parte che la vede in scena risulta abbastanza interessante), il litigio tra Fritz e la Malone, che poi termina con uno strip di quest'ultima dal sapore dolce/amaro, la visita di Hoffmann a casa di Wolff (in vestaglia, intento a gustare prelibatezze) ed il finale dove tutto si svela. Le musiche occhieggiano ai James Bond, in particolare la canzone dei titoli di testa "I Want It All" cantata da Lara Saint Paul e scritta da Audrey Nohra e Bruno Nicolai (che cura la O.S.T.). Davvero interessante la chiusura della parabola di Vittori, segnato dagli eventi e costretto ad un cambio di prospettivo affatto entusiasmante ma pragmatico e rassegnato, un finale magari non così imprevedibile, e tuttavia severo e poco conciliante.

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