Frenzy

Frenzy
Frenzy

Frenzy è un film enorme di un regista enorme ed arriva mezzo secolo dopo il suo esordio. E' il penultimo lavoro di Hitchcock e, nonostante tanto abbia già detto e fatto, questo ennesimo thriller basato sulla caccia all'uomo (sbagliato) si rivela un caposaldo della cinematografia del regista britannico. Verrebbe facile fare il paragone con l'ultimo Argento incapace di regalare altrettanta qualità e lucidità, ma sarebbe anche ingiusto perché equivarrebbe a mettere accanto pere e mele, un gioco di sponda tanto inutile quanto velleitario. Certo stupisce che Hitch abbia diretto film leggendari come Psycho, Gli Uccelli, La Donna Che Visse Due Volte o Intrigo Internazionale praticamente nella fase crepuscolare della sua carriera. Una creatività che non accennava ad esaurirsi se non con il sotterramento di quella inequivocabile silhouette curvilinea che è entrata nell'immaginario collettivo cinefilo e non solo. Per Frenzy (che è tratto dal libro Goodbye Piccadilly, Farewell Leicester Square di Arthur La Bern) Hitchcock torna nella natia Londra, questo gli permette di ammortizzare i costi e lasciarsi andare alla nostalgia, proponendo al pubblico molti dei luoghi a lui personalmente cari, come il Covent Garden, con il suo mercato ortofrutticolo. Pure dietro il licenziamento del compositore Henry Mancini c'è una componente nostalgica, Hichcock voleva una main theme di apertura che celebrasse Londra poiché la scena iniziale è una ripresa a filo di Tamigi (con l'elicottero) della città e del London Bridge, Ron Goodwin cattura esattamente lo stato d'animo del regista, che si sente assai più appagato rispetto alle note di Mancini. Hitch non voleva un'atmosfera cupa agli strumenti, quella c'era già nel film, il commento sonoro doveva essere esattamente all'opposto, allegro e un po' pomposo. La cifra dell'intero film è decisamente più britannica che americana, con un cast di attori teatrali molto focalizzati anche su parti minori, facce di gente comune, donne non bellissime, della porta accanto, di classi sociali non particolarmente elevate. Non c'è Tippi Hedren per intenderci, ma delle normali donne londinesi. Barry Foster poi è la quint'essenza della britannicità, le sue fattezze non lasciano adito a dubbi.

Frenzy mette assieme violenza e brutalità, coniugandole con uno humour nero irresistibile. C'è del grottesco, c'è della commedia noir, ma al momento opportuno Hitchcock sa essere diretto e sgradevole. La storia è quella di un serial killer di donne assassinate mediante strangolamento con una cravatta. Il movente è dichiaratamente sessuale. Per una serie di circostanze viene individuato come colpevole un perdigiorno col vizio di alzare il gomito e venire licenziato. Richard Blaney (Jon Finch), doppiato magnificamente da Pino Colizzi, è un poveraccio che sbarca il lunario male, è sempre al verde, ha un passato non irreprensibile ed un presenta caratterizzato dal legame sentimentale con una cameriera, Babs (Anna Massey). Dopo la morte della sua ex moglie Brenda (Barbara Leigh-Hunt) la Polizia lo bracca, nel frattempo le morti proseguono. - SPOILER: morirà anche Babs. Blaney verrà arrestato e incarcerato ma giurerà vendetta a chi lo ha incastrato. Sarà il capo ispettore Oxford (Alec McCowen) che dopo averlo fatto arrestare si convincerà della sua innocenza assicurando alle patrie galere anche il vero colpevole.

Hitchcock svela immediatamente chi è il colpevole, la sceneggiatura non si basa sul disvelamento dell'identità del killer ma sul nodo scorsoio che va stringendosi attorno al collo di un innocente (come accade alle donne strangolate) e su come il povero Cristo riuscirà a venirne fuori. Nei momenti di violenza la narrazione si fa efferata ed impietosa, il primo omicidio è molto forte e per altro avviene dopo uno stupro. L'attore che interpreta l'assassino racconta di quanto emotivamente costò quella scena a lui e alla sua vittima, occupando tre giorni di girato. Non è l'unico momento ad alta intensità, visto che le vittime che muoiono durante i 116 minuti di pellicola sono quattro (e sono a loro volta precedute da altre morti che ci vengono raccontate), anche se materialmente assistiamo solo al primo omicidio, per precisa scelta stilistica volta ad esasperare lo spettatore. A tanto nero Hitchcock contrappone momenti di umorismo tagliente, talvolta macabro (come la lotta tra l'assassino ed un sacco di patate contenente un cadavere), talvolta spumeggiante e brioso, come le schermaglie tra moglie e marito (rispettivamente Vivien Merchant e Alec McCowen) sui pranzetti luculliani che la donna, ferrea sostenitrice della cucina francese, propone - o sarebbe meglio dire impone - al capo ispettore di Scotland Yard. Il cibo viene mostrato continuamente, i personaggi mangiano, oppure parlano di cibo, oppure sono fisicamente circondati dal cibo. Uno dei temi portanti di questa pellicola assieme a Londra, all'omicidio e all'umorismo nero, topoi che travalicano Frenzy e dilagano un po' in tutto il cinema hitchcockiano. Su di un piano concettuale poi si dovrebbe parlare anche di difficoltà relazionali tra uomo e donna (financo di una certa misoginia), di rovesciamento delle apparenze e della realtà, ulteriori ingredienti piuttosto ricorrenti nella filmografia di Hitch. Frenzy è un film magnificamente realizzato in ogni sua componente (con alcuni movimenti di macchina da cineteca), una prova di vitalità costruita a 71 anni e mentre la moglie di Hitchcock stava recuperando in ospedale (in America) a seguito di un infarto.

Trailer ufficiale

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