Le False Verità sono quelle che ci svela Atom Egoyan col suo film del 2005, nel quale fa interpretare a Kevin Bacon e Colin Firth due ex intrattenitori televisivi i quali, sul finire dei '50, erano divenuti eroi nazionali a colpi di maratone Telethon per bambini poliomelitici. Quindici anni dopo il mondo si è dimenticato di loro, ma un mistero è rimasto insoluto, quello legato ad una giovane ragazza ritrovata morta nella vasca da bagno della camera d'albergo dei due nel New Jersey. Una giornalista, Alison Lohman, tenta di ricostruire a posteriori l'accaduto, non senza complicazioni e ambigui coinvolgimenti. Egoyan tesse il consueto film alla sua maniera, con una cura maniacale per dettagli e forma (scenografie e musiche in particolar modo), un occhio estetizzante, una sospensione tra generi quali il noir, il thriller e il dramma. Mentre getta uno sguardo "alla Altman", non privo di sfumature e retropensieri, sui meccanismi del mondo dello spettacolo e soprattutto sul suo dietro le quinte (la malinconia del lato oscuro della Luna), plasma e destruttura l'immagine stereotipata dei due attori che sceglie di coinvolgere, chiedendo a Bacon (spesso iconico, impulsivo, virile) e a Firth (sempre un lord inglese) di andare nella direzione opposta, trasformando così Bacon nella mente lucida e razionale che si cela dietro gli eventi narrati nel film, e Firth nella maschera che cela segreti inconfessabili e la cui integrità non è così irreprensibile. A tutto questo aggiunge il proprio gusto per l'erotismo, declinato in tutte le sue varianti, amore eterosessuale, omosessuale al maschile ed al femminile (in questo echeggiando vagamente David Lynch). Le immagini sono patinate e di classe ma mai stucchevoli. Il racconto procede all'insegna del formalismo, anche se pervaso da una sua gravità emotiva ed una morbosità strisciante.
L'omonimo romanzo di Rupert Holmes è il canovaccio dal quale Egoyan trae la sceneggiatura, al quale apporta alcuni cambiamenti, sia nel tono (molto più leggero e divertente il libro, più cupo e sofferto il film) che negli accadimenti; nel romanzo la giornalista è una specie di femme fatale che arriva unicamente a smascherare la verità sull'omicidio del '57, mentre nel film c'è un preludio che vede la donna partecipare allo show del duo in quanto bambina sopravvissuta alla poliomelite. La Lohman è cresciuta nel mito dei due showmen, ed in particolar modo prova una forte attrazione per Kevin Bacon. Intervistare Colin Firth e, al contempo, instaurare una relazione con Bacon, si rivelerà un gioco pericoloso che la porterà sull'orlo del baratro, anche se, con determinazione, riuscirà a scorprire l'esatta sequenza degli eventi accaduti la sera della morte della ragazza nella camera d'albergo dei due uomini. Perché, quando, come, chi. Nonostante il peso delle vicende narrate, Egoyan non sembra veramente interessato alla sostanza e alla profondità verticale dei fatti, perlomeno non quanto lo è alla forma e alle atmosfere. Tutti recitano bene e la macchina da presa accarezza ambienti ed attori con delicato e partecipe trasporto, tuttavia la narrazione rimane fredda, aristoctratica, distaccata. Sul finale il plot si complica un po'. Le poche scene di erotismo disseminate nei 104 minuti di pellicola lasciano il segno, per quanto siano all'insegna dell'eleganza che non concede troppo agli occhi dello spettatore, il portato emotivo è sempre intenso. Al termine della visione si avverte un qualche senso di pesantezza e di pretenziosità, sebbene se non si tratti poi di una vera e propria critica poiché quello è lo stile genuino di Egoyan, e non una velleità ricercata dal regista canadese. Richiesto di proporre dei nomi per interpretare i suoi personaggi, lo scrittore Holmes aveva avanzato quelli di Ben Affleck, Matt Damon, Tom Cruise e Kate Hudson.