Exhibition

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Qualcuno forse ricorda la pellicola Inhibitions del 1976 firmata da Paolo Poeti, con una Ilona Staller ancora non devotamente consacrata al cinema hard a far coppia con la starlette francese Claudine Beccarie, lei sì, già consumata attrice del circuito a luci rosse. Il titolo che naturalmente gioca con le (presunte) "inibizioni" delle protagoniste fa anche il verso a Exhibition, uscito un anno prima, un documentario-intervista alla Beccarie, firmato da Jean-François Davy, attore, regista, produttore del circuito, ascritto al circolo dei cosiddetti "porno-chic". Partendo dai film ai quale i due stanno lavorando (Les Pornocrates e Change Pas De Main), Davy si inventa dei backstage nei quali pone alla Beccarie domande che vanno via via oltre gli stretti confini del girato e tracimano nella vita personale e nella biografia dell'attrice, con un risultato così inaspettato che ben presto il documentario acquista assai più importanza delle pellicole porno in lavorazione. Secondo alcuni si tratta del primo documentario sul genere e su un'attrice hard; più propriamente è il primo a finire nei cinema con tutti i crismi del caso, transitando persino nei festival (Cannes, New York, Los Angeles), ma forse il primato (come esperimento) è da ascrivere a Inside Marilyn Chambers di Artie Mitchell, sempre del '75. A Davy viene perlomeno riconosciuto l'intento più veritiero di voler "documentare" e non elevare dei "dietro le quinte" a mero pretesto documentaristico per insistere con le nudità e le performance. Exhibition è un film duro, che getta lo sguardo sulla personalità della Beccarie ma anche sull'industria del cinema hard europeo, all'altezza della metà degli anni '70, anni pionieristici e che tuttavia avevano già istituito un'industria di settore, pur con tutte le ingenuità e le inesperienze del caso. La Beccarie probabilmente è da considerarsi la testa di serie per quanto riguarda la Francia, avendo lavorato molto anche all'estero, come in Olanda e Italia.

La lunga confessione dell'attrice è costantemente intervallata da immagini che la vedono all'opera, senza censure o ipocrisie di sorta (ma anche da estrapolazioni da altri film). Spesso e volentieri con lei c'è il resto del cast dei film, anch'esso intervistato in merito a cosa sia il cinema pornografico e quale sia l'esperienza di ogni singolo attore/attrice al riguardo. Claudine risponde alle domande in varie circostanze, dalla sala di montaggio al set vero e proprio, seminuda con una pelliccia che la copre a stento, a casa della madre, a casa propria, assieme al fidanzato del momento (Didier Faya, di 10 anni più giovane di lei, all'epoca trentenne), all'uscita di un cinema nel quale si proietta un suo film, mentre la Beccarie stessa chiede a degli spettatori visibilmente imbarazzati le impressioni a posteriori. Sorride, scherza, racconta aneddoti, ma presto ci si rende conto che questa patina "spensierata" di superficie fa da preludio a diverse parentesi decisamente serie e disgraziate (come quando si parla del suo passato di prostituta in Spagna), a riflessioni sul senso dell'amore e della pornografia secondo Claudine. Il tutto si conclude con un finale assai ambiguo e ambivalente, ma innegabilmente anche molto potente. Dapprima la Beccarie si concede al piacere solitario, a favore di telecamera, in una elegantissima camera da letto (forse la scena più celebrata del film); poi risponde alle domande di Davy e la conversazione si sposta rapidamente dall'orgasmo alle violenze subite da ragazzina da parte di uno zio, episodio che la fa fuggire di casa ed a causa del quale finisce per quattro anni in riformatorio. Anni di inferno nei quali conosce la solitudine, la violenza, le attenzioni morbose di una guardia carceraria, e nei quali viene a contatto senza filtri e senza dolcezze con il mondo della sessualità (anche saffica), che finirà per segnarla indelebilmente, fino al tentativo di suicidio. E' evidente come nonostante tutta la razionalità e la lucidità con le quali la Beccarie cerca di dipingersi, il passato affatto morbido ne abbia plasmato le fragilità emotive, il desiderio di indipendenza (anche economica) e un costante senso di fuga dal degrado e dalla miseria. La casa di Claudine è arredata come quella di un adolescente, lei stessa dice di aver lungamente desiderato una cameretta per sé che da ragazza non aveva potuto avere. Cerca figure paterne ma allo stesso tempo sceglie un ragazzo appena ventenne, molto aperto mentalmente ma con il quale ha un rapporto esclusivamente ludico-sessuale.

Claudine racconta del suo primo insensato matrimonio con un militare americano (praticamente un'occasione di emanciparsi dalle oppressioni familiari), poi della fuga in Spagna dove, senza un quattrino e una parola di spagnolo nel proprio vocabolario, viene introdotta da un tassista (col quale va episodicamente a letto) in un bordello. Ricorda con orrore l'obbligo di sottostare ai clienti, in particolare quelli anziani. Fugge anche da lì, torna in Francia, frequenta i circuiti da go-go girl e poi immancabilmente finisce a girare film hard, che lei tuttavia definisce indistintamente come "erotici" (pur avendone girati di erotici e di esplicitamente pornografici), e talvolta nemmeno tali, poiché sostiene di essere un'attrice che fa cose erotiche in film non necessariamente erotici. Un groviglio di autoindulgenze e giustificazioni che tratteggiano una donna non completamente risolta, ma verso la quale indubbiamente si prova tenerezza ed un po' di compassione. Il siparietto con la madre non è più rassicurante, una donna che sembra superficialmente aver accettato la professione della figlia (forse neanche l'ha granché compresa fino in fondo) ma che non appare completamente genuina, e che spesso viene contraddetta da Claudine quando rievocano l'adolescenza della ragazza (ad esempio in merito alle visite che Claudine riceveva dalla famiglia al Riformatorio), lasciando evidenti amarezze sul rapporto tra le due e su quanto questo si sia tradotto in un'infanzia infelice per la protagonista costellata da carenza affettive, se non da cattiverie vere e proprie.

Anche le dinamiche con i colleghi sul set non sono sempre all'insegna dell'acqua di rose, c'è chi è completamente nichilista e distruttivo riguardo alla pornografia, alle sue pretese autoriali, al feedback degli spettatori, chi pensa ai soldi, chi ci mette idealismo e passione, chi si colloca a metà di tutto. Le ragazze sono ora spavalde ora impacciate, i ragazzi sembrano totalmente privi di emotività. L'incontro della Beccarie con un giovanissimo attore (Marc) la dice lunga sulla (assenza di) chimica che si crea tra i due al momento dell'atto pratico. Marc è goffo, incapace, privo di voglia, Claudine è smaniosa e lo provoca continuamente. Tra gli attori intervistati e ripresi durante l'amoreggiamento c'è anche Beatrice, cugina di Claudine, con la quale cerca ripetutamente un contatto fisico, mentre Beatrice si sottrae e le dice apertamente di non volerlo. Viene da chiedersi quanto queste situazioni - che oggettivamente trasmettono una certa tristezza in chi guarda - siano state servite consapevolmente al pubblico. Atteggiamento sgradevole è anche quello che Claudine ha nei confronti degli spettatori dei suoi film, etichettati ripetutamente come una massa indistinta di deviati perversi. Dice di rifiutarsi di girare determinate scene perché non vuole fare film per "malati"; commenta il contemporaneo successo di Gola Profonda con la Lovelace parlandone quasi come di un film per persone disturbate. Davanti al cinema sbeffeggia il pubblico al quale si presenta come l'attrice dei manifesti, trattando questi signori con evidente alterigia e sarcasmo, anche se dopotutto sono coloro i quali le garantiscono il tenore di vita.

Alcune affermazioni della Beccarie peccano di moralismo e qualunquismo, eppure al contempo sono accompagnate da momenti di rara lucidità e profondità. Un personaggio complesso, difficile, irrisolto come ho già detto, in fin dei conti una persona come tutte le altre, con le sue zone d'ombra e le sue debolezze, parzialmente giustificata da un background indubbiamente doloroso e dal fatto di essere un'apripista in un ambiente che da allora in poi si evolverà in modo esponenziale. Exhibition ebbe dalla sua il merito di sdoganare un po' il porno e, proprio assieme a pellicole come Gola Profonda (o su versanti meno espliciti, Emmanuelle con Sylvia Kristel), fece diventare l'erotismo qualcosa al quale pure l'intellighenzia cinefila poteva approcciarsi con un qualche alibi culturale. Davy trasformò questo film nel primo capitolo di una ideale trilogia comprendente Prostitution e Claudine Beccarie E Il Mondo Proibito De Les Pornocrates, riguardante l'intero mondo del porno, dagli attori fino alle cassiere dei cinema. La Beccarie invece rimase abbastanza traumatizzata dal risultato di Exhibition, tanto da aver poi denunciato i produttori, sostenendo di essere stata "psicanalizzata in pubblico".

Trailer ufficiale

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