Con The Expendables Stallone ha sdoganato la reunion nostalgica delle vecchie glorie del cinema action anni '80. Ai tempi dei Rambo dei Cobra, dei Commando e dei Codice Magnum sarebbe stato impossibile pensare di vedere assieme (e collaborativi) due pilastri del cinema sparatutto come Gatto Silvestro e Schwarzy (figuriamoci i "minori" come Lundgren o gli Statham di oggi). Al limite si poteva pensare ad un bereve cameo, una specie di tributo, che già sarebbe bastato ad infiammare il pubblico. Ora non ci facciamo nemmeno più caso, avere Bruce Willies che lotta fianco a fianco con Van Damme è persino ovvio. In questo senso Escape Plan l'effetto sorpresa se lo è giocato, arriva dopo che il treno è passato o, perlomeno è ancora in corsa ma lanciato sui binari a grande velocità. Il progetto, in essere dal 2008, era stato originariamente proposto a Bruce Willis, il quale declinò l'offerta. Quindi si pensò a Schwarzenegger (che avrebbe dovuto interpretare Ray Breslin, il personaggio di Stallone, notare il nome, Breslin, aggiungeteci una "S" e diventa onomatopeico....) ma, al dunque, Governator gli preferì The Last Stand. Salì allora in cattedra Stallone. Nel frattempo, arrivati al 2012, la produzione insisté con Schwarzenegger cercando di riportarlo nel progetto, e per lui si pensò al ruolo di Emil Rottmayer, una figura più complessa e sfaccettata dell'eroe stalloniano Breslin. Bingo, era fatta, il film poteva vivere delle due star del cinema cazzottaro fracassone degli anni '80.
La trama vede Mr. Breslin evadere da una prigione di massima sicurezza, per l'ennesima volta, perché lui quello fa di lavoro, testa le carceri per vedere quanto sono sicure le patrie galere dello zio Sam. Gli propongono un nuovo lavoro, apparentemente più complicato (e misterioso) dei precedenti. Ma gli offrono pure un bel pacco di dollaroni fruscianti. Sly accetta. Da subito le cose volgono al peggio, il protocollo concordato non viene rispettato e Breslin si accorge che qualcuno lo ha incastrato, stavolta la fuga dalla prigione non è solo un "lavoro". Il labirinto tecnologico nel quale viene spedito è soprannominato amorevolmente "la Tomba" e, proprio grazie alle indicazioni fornite in tanti anni di carriera da Breslin, pare essere a prova di evasione. Sul posto, nel mezzo alla feccia della feccia, Stallone conosce Rottmayer, un bisonte molto loquace che prende subito in simpatia il nuovo arrivato e si mette al suo servizio per cercare di fuggire dalla Tomba. - SPOILER: i due scopriranno che il carcere è in realtà la pancia di una enorme chiatta ormeggiata nell'oceano Atlantico dalle parti del Marocco. Come va a finire ve lo immaginate (avete mai visto un film nel quale Sly o Schwarzy falliscono o peggio ancora muoiono?), il vero colpo di scena è in realtà il fatto che Stallone era stato assoldato a sua insaputa per far evadere proprio Rorttmayer, padre dell'agente della CIA che ha ingaggiato Breslin ad inizio film, oltre al fatto che contemporaneamente il suo socio Lester Clark (Vincent "Palla di Lardo" D'Onofrio) lo aveva venduto al boss del carcere (Jim "Gesù Cristo" Caviziel).
Il film, generalmente ben accolto dalla critica, è una specie di Sorvegliato Speciale 2.0 tutto concentrato sulla fuga dal carcere. Formalmente il film non ha grandi difetti ma, a mio gusto, manca di sapore. Un po' come quando assaggiate una pietanza che non è affatto cattiva ma sentite che manca un ingrediente, anche se a caldo non riuscite ad individuare quale sia. Il ritmo c'è ma si va anche avanti in modo troppo meccanico, liscio, è tutta discesa per Jan Mikael Håfström (regista di Derailed); paradossalmente non c'è tensione, si aspetta solo che l'Houdini delle evasioni escogiti il suo solito sistema per stupire la platea. Forse l'unico vero momento che minimamente prende allo stomaco sono i soggiorni nelle celle d'isolamento, cubi di metallo riscaldati da fari bollenti ed accecanti. C'è un Sam Neil (dottore buono della prigione) sprecato e banalmente manicheo nel suo essere ingenuo e positivo. C'è Caviziel che è la polarità opposta, il cattivo privo di emozioni (pure mentre muore), e ci sono i due eroi della situazione, segnati dal tempo (la maschera di Stallone è in disfacimento completo) che recitano più col corpo che con la faccia. Stallone perché il volto (qualcuno dice riempito di botox) non gli consente nemmeno più quelle due espressioni e mezzo che prima aveva, Schwarzenegger perché veste i panni di un tizio appiccicoso e molto su di giri (anche se la parte in cui finge un attacco isterico in cella d'isolamento, con tanto di preghiere in lingua madre austriaca, mi ha sorpreso). Parecchio fastidiose le esemplificazioni in 3D dei piani di evasione di Breslin; lui dice e lo spettatore vede materializzarsi mappe e condotti sullo schermo; roba da videogame. Così come gli spiegoni del "how to escape" sono piuttosto "si vabbè...", un po' stiracchiati diciamo. Pessimo il doppiaggio italiano, a Schwarzy viene affibbiata una voce anonima che non lo rappresenta per niente. Già è un duro colpo sorbirsi Stallone senza Ferruccio Amendola, almeno vediamo di tenere su la baracca dignitosamente. Interessante notare come all'inizio il super carcere venga presentato come l'ultimo avamposto che difende il mondo dei giusti dallo sterco, i suoi detenuti sono terroristi (addirittura rivoluzionari!), tutto ciò che Washington odia e teme di più, gente che deve sparire dalla circolazione o sarebbe capace di scatenare la terza guerra mondiale. Poi, sul posto, Stallone scopre tanti brutti ceffi tatuati che però hanno il cuore tenero tenero, persino un tizio islamico aiuta Sly nella fuga, sacrificandosi nel nome di Allah. Praticamente la prigione dei buoni padri di famiglia.