Enrico V

Enrico V
Enrico V

Dopo essere stato un enfant prodige a teatro e segnatamente su adattamenti shakespeariani come Enrico V, Molto Rumore Per Nulla, La Dodicesima Notte, Amleto, dopo aver raccolto buone critiche e riscontri di pubblico, Kenneth Branagh fonda la propria compagnia la Reinassance, humus mediante il quale arriva al grande schermo per l'adattamento dell'Enrico V, suo esordio come regista, protagonista e gran direttore d'orchestra dell'ambiziosa produzione. Branagh esplode, deflagra letteralmente al cinema con questo film sontuoso ed eccezionale che, a parere del sottoscritto, rappresenta a tutt'oggi il suo lavoro più bello, pur tenendo conto delle acerbità degli albori (cinematografici, non certo attoriali). Misurarsi a 29 anni con lo spettro di Laurence Olivier (il più celebre Enrico V della storia britannica) avrebbe fatto tremare le vene a chiunque ma Branagh l'irlandese si accosta a Shakespeare, al sovrano d'Albione e a sir Olivier con il dovuto bilanciamento di umiltà e consapevolezza dei propri mezzi. Branagh ha una visione e sa come realizzarla su grande schermo. Supportato da una compagnia eccellente di attori, che vanno da un giovanissimo Christian Bale a Judi Dench, da Derek Jacobi (il suo mentore, Branagh decise di fare l'attore vedendolo recitare l'Amleto) a Emma Thompson, da Ian Holm a Robbie Coltrane, Branagh ricrea la corte plantageneta, quella francese di Valois e tra loro il campo di battaglia sul suolo transalpino che, città dopo città, villaggio dopo villaggio, troverà la sua sublimazione ad Agincourt, il cui castello darà il nome alla battaglia che deciderà le sorti della guerra.

Branagh gioca tra Shakeaspeare e metateatro, affidando le chiavi del coro (il narratore extradiegetico) a Derek Jacobi, vestito in modo contemporaneo, un Virgilio che accompagnerà lo spettatore dentro la scena con mano sicura e piglio declamatorio. Tutto ha inizio in un teatro, il coro si scusa per l'ardire di rappresentare ciò che non può essere adeguatamente rappresentato, contestualizza, presenta e spiega, ed infine spalanca le porte dell'Inghilterra del '400. Veniamo quindi proiettati nell'azione, nelle trame di corte, nei desiderata politici del clero e dei sudditi di Carlo. Il re è giovane e ha alle spalle un passato (prossimo) chiacchierato, una gioventù scapestrata, turbolenta, il credito di cui gode è scarso, forse il peggior re per farsi trascinare in una guerra. Ma l'insolenza dei francesi (che si appellano alla legge salica) è insanabile e il passo è giudicato inevitabile. Accanto a principi, nobili e valorosi, si schierano i soldati semplici, scudieri giovanissimi e anche vecchi di bettola, come Bardolfo, Nym e Pistola, che partono alla volta della Francia con il solo scopo di sopravvivere e rubacchiare, non faranno la miglior fine. Proprio loro tre, assieme al vecchio compagno di bevute John Falstaff (morto prima di partire alla locanda), diventano lo specchio dell'anima di Enrico, un tempo suoi amici, ora sacrificati alla ragion di Stato e alla realpolitik del sovrano. Come è noto dai libri di storia, Enrico avrà ragione su Carlo VI, il prezzo pagato in termini di uomini sarà altissimo. Al tavolo ella pace, Enrico pretenderà come prima condizione la mano di Caterina, figlia di Carlo. Il film si chiude proprio sul corteggiamento maldestro di Enrico a Caterina, ritrosa (ma non troppo) verso il "nemico di Francia".

Per quel che vale, l'Enrico V di Branagh è una delle poche pellicole che ha raccolto il 100% di favore sull'aggregatore di critiche Rotten Tomatoes, è universalmente considerato uno dei migliori adattamenti shakespeariani di sempre e personalmente sono certo che Shakespeare in persona lo avrebbe amato ed adorato. Branagh è letteralmente bruciato da un fuoco sacro e tutti i suoi attori sono in stato di grazia. Non c'è un solo attimo nel quale non sembri di essere al fianco di Enrico sul campo di battaglia. La rappresentazione è piuttosto manichea, con gli eroici inglesi da una parte e i leziosi francesi dall'altra, tuttavia Branagh non risparmia zone d'ombra ed ambiguità su entrambi i lati del fronte. E' evidente quanto Enrico venga spinto e manipolato dall'arcivescovo di Canterbury, così come Carlo di Valois appare assai più lucido e turbato di tutti i suoi cortigiani rispetto all'eventualità della guerra, prefigurandone il disastroso esito. Per non parlare dell'uso strumentale di Dio, abitudine malsana che accompagna l'uomo da che mondo è mondo. Branagh plasma abilmente il testo shakespeariano, conoscendolo a menadito, ed usa flashback derivanti dall'Enrico IV che non figurano nel V (vedi le parti in taverna con Falstaff). Rispetto allo stile oliveriano Branagh si fa più realistico e crudo, ambientando ad esempio la battaglia di Agincourt nel fango e sotto la pioggia, senza risparmiare momenti sanguinolenti e di pura violenza. Grandioso il commento sonoro di Patrick Doyle, eseguito dalla Birmingham Symphony Orchestra. Branagh ricevette la nomination all'Oscar per la miglior regia e come attore protagonista, anche se in effetti il film vinse solo quello per i costumi.

Trailer ufficiale

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