
Do Or Die è il nono lungometraggio girato da Andy Sidaris a partire dal suo esordio nel 1969 con The Racing Scene. In Italia i suoi lavori sono stati distribuiti a fasi alterne, spesso facendo un po' di confusione con titoli e sequel, e qualche volta non sono proprio stati distribuiti, il che significa che quei film rimangono unicamente visibili in lingua originale, magari mettendo la mano su qualche dvd d'importazione. E' il caso di Do Or Die, ennesimo prodotto di tette e pistole ("girls with guns"), con delle fanciulle abbondantissime nelle misure ma altrettanto tenaci e volitive nell'azione, che devono sfuggire alle grinfie del villain di turno, ingaggiando sparatorie, inseguimenti e scazzottate a colpi di arti marziali. Non essendo il primo film che tratto su Cineraglio di Sidaris avvertirete probabilmente un qualche deja vu, ma il punto è che il cinema di Sidaris è proprio così, ripetitivo, incardinato su determinati topoi che sono ineludibili e che fanno sì che la sua produzione sia un corpus omogeneo (più che omogeneo direi granitico quanto a inamovibilità da certi schemi), fatto di titoli praticamente sovrapponibili l'uno sull'altro. A Sidaris piace il cinema d'azione, è un regista che lavora molto per la tv negli anni '70 (dirige anche un episodio di Kojak) ed inizia a girare film con continuità dalla seconda metà degli '80; lo farà poi anche lungo tutti i '90, sempre e soltanto rimanendo nell'ambito dei cosiddetti b-movies e nel filone della sexploitation, poiché delle sue opere si potrebbe dire tanto che siano film d'azione pieni di ragazze nude quanto film nei quali vengono ininterrottamente mostrate nudità con la scusa del genere action.
La base è sempre esotica, alla Magnum P.I., tant'è che si tratta proprio delle Hawaii. C'è un'agenzia di spie americane che è fatta di palestrati col ciuffo irresistibile e gli occhiali da sole (alla Miami Vice) e di conigliette di Playboy/Penthouse, sempre con occhiali da sole e costumi da bagno iper minimalisti, che solo per un caso hanno intrapreso la carriera di agenti segrete anziché quella di star del cinema hardcore. In Do Or Die due di loro, Dona Speir e Roberta Vasquez, vengono sfidate a morte dal boss criminale Pat Morita. Lui potrebbe ucciderle seduta stante invece decide di ingaggiare il gioco del gatto col topo. Le libera e mette alle loro calcagna sei squadre di cecchini (da operetta), i quali uno dopo l'altro dovranno sorprenderle in territorio aperto e ucciderle. Team dopo team, le due ragazze li abbattono tutti, aiutate da altri agenti della squadra L.E.T.H.A.L. (il nome è tutto un programma), sia uomini che donne, sempre reclutati secondo la stessa procedura, tette giganti le donne, pettorali imponenti gli uomini. Unica eccezione, il pilota d'aerei Erik Estrada, qui un po' imbolsito, decisamente meno maschio alfa rispetto ai tempi di Poncherello (anche se ci provano lo stesso ad ammantarlo di testosterone, con risultati un po' imbarazzanti). A guidare le squadre di assassini patentati è Pat Morita, il quale dal suo quartier generale - quando non è impegnato a fare massaggi shiatzu alla sua bella segretaria cinese (Carolyn Liu) che poi vanno a finire tutti nello stesso modo - assiste impotente alla eliminazione della sua intera squadra. Alla fine subirà pure il tradimento della Liu, la quale nasconderà in un ciondolo un piccolo microchip tracciatore che permetterà alla L.E.T.H.A.L di sapere sempre in anticipo le mosse di Morita, prendendo le opportune precauzioni.
Al netto della trama, che è oggettivamente un pretesto, i 97 minuti di Do Or Die sono scanditi inesorabilmente da ragazze giunoniche. Secondo una precisa tabella turni, ognuna di loro deve tassativamente pagare il dazio della propria scena di sesso. Oltre a far vedere i seni il più possibile mediante vestizioni, svestizioni e bagni tonificanti in vasche d'acqua, tutte hanno ad un certo punto il momento dell'accoppiamento con uno dei tori da monta del film, ad eccezione della Liu che deve arrangiarsi con Pat Morita. Il che tra l'altro è paradossale perché la Liu è forse la più belloccia del lotto (anche se la scena se la conquistano le freak tipo Pandora Peaks, le cui rotondità abbondantemente plasmate dalla chirurgia sfidano il guinness dei primati). La visione di una simile pellicola può solo essere goliardica, come si stesse guardano una puntata dell'A-Team ma strapiena di ragazze del Drive In di Antonio Ricci e ben più inclini a spogliarsi ed amoreggiare. Era un'altra America ed un altro mondo, quella di Reagan e di Bush senior, nella quale bigger era better, punto e stop.