Diario Di Un Vizio

Diario Di Un Vizio
Diario Di Un Vizio

Film strampalato del solitamente strampalato Ferreri (ma mi si dice che l'aggettivo "strampalato" vada sostituito con "provocatorio" e forse addirittura esistenzialista). Intanto il primo colpo messo a segno è un Jerry Calà in versione semiseria drammatica anzichenò; il secondo è una Sabrina Ferilli pre inglamourimento, qui molto molto generosa nel proporsi "nature" allo spettatore. Pare un'attricetta di Tinto Brass, culone panoramico, mutandoni di pizzo nero, balconata con firiere tette alla bisogna e frasi di gran classe tipo "sono un po' porca". Infine, il cinema di Ferreri, quello che non ha un inizio, non ha una fine, procede per accumulazione di episodi senza un particolare sviluppo narrativo e temporale, basato su umori, sensazioni, un'emotività cupa, agra, cinica, disillusa, nichilista, all'insegna dello sconfittismo. Mi si dice che i topoi di Ferreri sono la pulsione, l'ossessione la femmina che soggioga il maschio e in Diario Di Un Vizio ci sono tutti.

La trama quindi è presto detta: Calà è un laureato in filosofia che sbarca il lunario facendo il rappresentante di detersivi di quarta categoria, la Ferilli è la sua fidanzata zoccolissima. La loro relazione fondamentalmente si fonda sul sesso, ma contemporaneamente lui è sempre intento ad estorcere denaro a lei, mentre lei si serve di lui come di uno scendiletto per soddisfare i propri bisogni uterini quando ne ha voglia, altrimenti si dedica ad altri uomini. Attorno si muove un mondo che solo in piccolisima parte scalfisce Calà, tutto arrovellato su se stesso, tanto da redigere con cura maniacale un diario di ogni minima piccola cosa che gli accade durante la giornata, con particolare riferimento al sesso, al cibo e alla salute, i bisogni primari.

La costruita sciatteria della messa in scena procede di pari passo con la sciatteria dei personaggi e del loro interpretare la realtà che li circonda. C'è da dire che Calà rende al meglio il suo Benito, recitando un ruolo drammatico ma sempre sulla falsariga di un background sornione, beffardo, un po' grottesco e surreale, e quindi sotto sotto ironico. Anche la Ferilli qui è molto più sopportabile del solito, visto che, una volta tanto, non si attribuisce la megalomane eredità di Anna Magnani, ma semplicemente fa quello per cui è più adatta (le physique du role), la romana un po' svampita un po' furbetta. Giorno dopo giorno, le vicende si ripetono in modo monotono, anonimo, quasi inutile, si sarebbe portati a dire. Forse a testimonianza di una vita priva di senso, contro la quale, più o meno rassegnatamente, i nostri si dibattono come code di lucertola abbandonate a loro stesse. Ci sono molti simbolismi inspiegati nel film, o semplicemente io non li ho compresi, continui accenni, rimandi, riferimenti, immagini, mezze frasi (tipo la prostituta incinta, la Ferilli vestita da Cleopatra che sentenzia massime epocali), è tutta fuffa o dietro c'è chissà quale elucubrazione? Anche lo stesso "vizio" del titolo non è ben identificato, qual è? Il vizio del sesso? Il vizio di Benito di ricadere costantemente su Luigia (la Ferilli)? Il vizio del pessimismo cosmico leopardianio? L'attesa spasmodica di un accadimento che dia la svolta è che non può verificarsi? Il vizio è il diario stesso? Il vizio è la vita? Terminata l'ultima scena (che lascia presagire una malattia di Calà), si rimane con un grande punto interrogativo in fronte; siamo penetrati nella vita di questi personaggi, ne abbiamo assaporato la quotidianità, ma in realtà nulla di fattivo è accaduto, tutto continuerà a scorrere come prima, abbiamo solo la consapevolezza di due individui in più a questo mondo, che non se la passano bene e che cercano eternamente qualcosa, rimanendo immancabilmente insoddisfatti.

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