Il 1972 è l'anno del delirio, quello caldo di Renato Polselli, abituato a pellicole per l'appunto "deliranti", ovvero assurde, disconnesse, folli, sconclusionate, incoerenti, illogiche, inverosimili, ma non per questo necessariamente da buttare via. Indubbiamente il suo cinema ha avuto una cifra peculiare, inimitabile e, fosse anche solo per questo, a suo modo ha lasciato un marchio, un segno; non sarà stato Roberto Rossellini o Luchino Visconti, ma è stato Renato Polselli, oibò! Nel 1972, si diceva, con già all'attivo alcune perle come L'Amante Del Vampiro e Il Mostro Dell'Opera, arriva uno dei titoli più strampalati del cinema di genere italiano, che fa il paio con Riti, Magie Nere E Segrete Orge Del Trecento (1973), non a caso sempre di Polselli. La storia è quella di uno psichiatra collaboratore della Polizia, Herbert Lyutak (Mickey Hargitay), spesso e volentieri coinvolto nella risoluzione di casi nei quali assassini maniaci compiono delitti a sfondo sessuale e con una certa ritualità. Si dà il caso che pure il dr. Lyutak sia egli stesso un maniaco omicida strangolatore di donne e che compia i suoi crimini sullo sfondo di una impotenza sessuale che non gli ha mai permesso di consumare il matrimonio con la bella Rita Calderoni, moglie devotissima ma purtroppo illibata. Al quadretto familiare, già sufficientemente perverso e morboso, si aggiungono la cameriera di casa Lyutak, Cristina Perrier, ovvero una mezza ninfomane, Joaquine (Christa Barrymore) un'amica innamorata di Marcia Lyutak, dalla quale non riesce ad ottenere la dovuta attenzione poiché la virginea signora Lyutak è troppo presa dal problematico consorte; nonché Tano Cimarosa, in arte "Crocchetta", un italoamericano un po' guardone che rimane invischiato nel caso dei ripetuti omicidi di giovani donne, anche perché una di queste era la sua fidanzata.
- SPOILER: sarà proprio Crocchetta a smascherare il professore agli occhi della Polizia, anche se la realtà si rivelerà più complessa del previsto poiché, per fornire un alibi al marito, la stessa Marcia Lyutak proseguirà gli ammazzamenti, col solo scopo di depistare gli inquirenti e non far ricadere la colpa su Herbert. Il finale sarà un'ecatombe nella quale si salverà solo Crocchetta, mentre tutti gli altri protagonisti della zona oscura si stermineranno vicendevolmente.
Il film già di per sé è un groviglio di sceneggiatura che lascia stremati; a questo si aggiunge anche la peculiare storia delle varie edizioni parallele che sono circolate. Quella italiana, che è suppergiù quella la cui trama vi ho appena raccontato; quella americana, che è più corta ma prevede personaggi e scene addizionali (soprattutto un prologo ambientato addirittura in Vietnam, su suggerimento pare dello stesso Argitay) e un montaggio differente, col risultato che inizio, trama e finale sono totalmente un altra cosa rispetto alla versione italiana. Poi c'è l'edizione francese, che consta di scene hard insertate un tanto al kg e un po' di dialoghi accorciati. Al dunque potreste vedere e rivedere Delirio Caldo assistendo ad un film sempre diverso. I punti fermi rimangono il disturbato prof. Lyutak e l'altrettanto disturbata moglie Marcia, tutto il resto gira loro intorno coinvolgendoli, ora più ora meno, come causa o come effetto. Polselli di suo non aiuta, adottando la sua consueta bizzarra angolazione di osservazione degli eventi. Dialoghi strampalati, personaggi borderline, improvvisi impulsi erotici, dettagli paranoici, recitazione lignea, citazioni argentiane, sogni sadomaso ad occhi aperti, minigonne sempre e comunque; tutta una serie di elementi che rende la visione polselliana una vera e propria esperienza senza termini di paragone.
Argitay era il marito di Jayne Mansfield, un omone infinito con qualche difetto di dizione, dalle espressioni dure come un marmo di Carrara; ebbe un discreto successo in Italia, interpretando diverse pellicole tra gli anni '60 e i primi '70 (tra queste Il Boia Scarlatto, peplum e western). La Calderoni, ex ballerina, ex cestista della squadra di Udine, debutta al cinema con Sergio Pastore nel 1967 in Omicidio A Sangue Freddo; Polselli se ne innamora (artisticamente) e la vuole con sé per qualche film. La Calderoni ricorda come il regista fosse un po' "fissato" con i nudi, Polselli da parte sua ricorda come la Calderoni fosse una che non si faceva tanti problemi a spogliarsi e a girare scene di nudo. E infatti in Delirio Caldo la Calderoni si offre con generosità, risultando uno dei punti a favore del film. Da segnalare le improbabilissime mise dell'ispettore Raul Lovecchio e del suo attendente, camicie sgargianti degne di un night club dell'epoca, il Commissariato di Polizia che pare casa del regista e la sottile metodologia d'indagine imparata per corrispondenza alla Scuola Radio Elettra. Cinema kult ed exploitation ai massimi vertici insomma per un film che merita di essere visto, o perlomeno di non essere perso, se si vuole ravanare a fondo nel barile del cinema bis nostrano degli anni d'oro.