
E' importante collocare la pellicola al suo giusto posto nella filmografia brassiana, al netto della prima fase ('63 - '71) tutt'altro che esclusivamente "erotica" e pervasa di una ricchezza di spunti che la differenzia dal binario monotematico intrapreso poi con La Chiave a partire dal 1983, Così Fan Tutte è a mio parere l'ultimo dei migliori film di Brass, il che non significa che le opere successive siano modeste o mal riuscite, ma solo che nessun altro lavoro post 1992 riuscirà ad eguagliare la qualità delle pellicole antecedenti a quella data spartiacque. Pur mantenendo la sua carica dissacratoria, ironica, ludica e solare, Brass perderà via via il suo tocco artistico, avvitandosi nella ripetizione ossessiva di determinatai topoi, senza arricchirli ulteriormente o esplorandone di nuovi. Anche la messa in scena, vero marchio di Brass, si impoverirà sempre più (in diretta proporzione col budget dei suoi film), rimanendo ancorata unicamente a rari flash e sporadiche illuminazioni. La forma prevarrà sulla sostanza e, fuor di metafora, saranno unicamente le forme delle attrici a catturare in modo totalizzante l'occhio del regista e quindi l'obiettivo della camera. Detto ciò, ribadisco che difficilmente un film di Brass si rivela noioso o non interessante, ma bisogna pur ammettere che quanto visto in Paprika o in Miranda non si è - ahimé - più ripetuto con tanta vibrante intensità.
Finito il pistolotto critico, si può proseguire oltre, soffermandosi sul centro nevralgico di Così Fan Tutte, ovvero il deretano della Koll, miglior attore protagonista del 1992, nonostante quell'anno l'albo d'oro della Academy assegni il premio a Anthony Hopkins. Brass fa di tutto per farcelo capire, è la prima cosa che vediamo in scena, addirittura ci scorrono sopra (letteralmente) i titoli di testa. La scelta di Claudia Koll sorprende se si pensa ai gusti del regista che sin qui si era avvalso di attrici ben più in carne, morbide ed avvolgenti (dalla Sandrelli alla Caprioglio, dalla Grandi alla Dellera), meno "cupe", tormentate e spigolose della Koll e mediamente con un talento recitativo minore. Racconta il regista che la Koll si era presentata ai provini di Paprika ma il ruolo era già stato assegnato alla Caprioglio, Brass era disposto a darle un ruolo secondario, ma l'attrice si rifiutò, pretendendo di essere la protagonista o niente. Atto coraggioso, se si pensa che nella maggior parte dei casi una simile arroganza porta alla cancellazione definitiva dal mondo del cinema. Brass invece seppe ricompensarla, riconoscendo in lei il talento (oltre naturalmente al physique du role) e la richiamò per Così Fan Tutte.
La storia è esile esile, nonché fondamentalmente la solita, la Koll è una mogliettina vivace che ama avere relazioni extraconiugali (le famose "botte di allegria"), non perché non ami il marito ma perché un po' di condimento in più a suo dire non fa mai male. Inizialmente lui pare non apprezzare, ma poi scopre che la cosa può farsi eccitante per entrambi e così, alla fine, vada pure per le corna purché poi lui abbia libero accesso al parco giochi. La rappresentazione di Brass qui è una delle più spinte e trasgressive di tutta la sua filmografia, in alcune scene il confine con l'hard viene oltrepassato, nonostante i falli siano di resina (ma non sempre, ad esempio la VHS che la Koll ed il marito guardano per eccitarsi mostra sesso vero, così come la fellatio che si intravede brevemente durante il rave party è indubitabilmente "live"). La Koll si dona generosamente, è praticamente sempre nuda e recita la svampita sporcacciona in modo divino, il che la dice lunga su cosa le sia accaduto dopo. Ad esser cattivi bisognerebbe ricordare che una delle sue battute nel film è: "i preti non mi sono mai piaciuti!", pronunciata dopo che una ricca borghese con l'hobby del meretricio le propone di diventare squillo di lusso per arrotondare lo stipendio e le suggerisce come primo cliente proprio un alto prelato (aperta irrisione di Brass al falso moralismo clericale). Da notare poi che sull'autobus sempre la Koll fa eccitare un povero pretino di colore il quale poi, spretatosi, parteciperà al rave party libertino di cui sopra con l'intenzione di conoscere il più possibile il peccato, e sarà proprio lui il fortunato a godere delle gioie offerte dalla Koll. Senza contare - altra scena - l'accoppiamento all'aperto tra le calli veneziane della protagonista con una sua vecchia fiamma, mentre un gruppo di suore passa a pochi centimetri di distanza dai due amanti (una delle due per altro parrebbe un uomo travestito).
Come detto, la messa in scena qui è ancora di livello, molti gli scorci, le inquadrature, i momenti appaganti per l'occhio (oltre ai corpi femminili, intendo); buona la fotografia, sempre ritmato il montaggio, di gusto gli arredi e le scenografie, indispensabile alla narrazione l'uso fiammeggiante delle luci. Venezia è omaggiata con il cuore dal suo figlio d'elezione Tinto, che la ritrae come una "dolce alcova" (battuta che mette in bocca a Paolo Lanza). Chi insiste sul tasto della "recitazione" pessima nei film di Brass non ha capito i film di Brass. Le prove attoriali nelle sue storie sono evidentemente sforzate, calcate, persino "grossolane", in quanto funzionali al contesto narrativo, si instaura cioè una sorta di complicità con lo spettatore, un gioco delle parti nel quale chi vede accetta di essere trasportato nel linguaggio "eccessivo" brassiano ed in cambio l'autore dà allo spettatore tutto l'appagamento che una frizzante narrazione erotica può e deve dare. Per capirsi, è un po' come vedere un film di fantascienza e sentenziare ogni due minuti che quella tal cosa non è scientificamente possibile, non è reale, non esiste, etc; è fanta-scienza, si chiama così apposta, o accetti di aderire alla realtà immaginifica e visionaria del regista oppure ti vai a leggere un bel trattato di pragmaticissima meccanica quantistica. Lo stesso dicasi per le esagerazioni smodate e ridondanti delle vicende e dei personaggi brassiani; situazioni e attori/attrici sono mezzi di divulgazione, contenitori di una filosofia di vita paradigmatica votata all'edonismo, all'epicureismo, al sesso e all'appagamento corporale, sono gioia di vivere scevra da offuscamenti, eros senza thanatos; sono fumetti una consapevole semplificazione incardinata in un messaggio preciso che Brass intende dare e che vuole sia compreso senza infingimenti paludati o equivoci, il sesso è vitalismo e liberazione, quanto di più lontano dalla colpa, dal peccato e dalla mortificazione. Si può giudicare tale approccio superficiale o banale, il che è legittimo, ma va perlomeno compreso "perché" i film di Brass siano così, dopodiché si ha tutto il diritto di non aderire e spostare la propria attenzione sul cinema di più alto profilo culturale, o presunto tale.
Nonostante il registro lieve e spudorato, rimane comunque molto forte la sequenza del rave party, concepita come una parentesi da film drammatico a tutti gli effetti. Si prova disagio per lo stordimento della Koll, intenta ad annegare nell'alcol, nella droga (la pasticca di ecstasy) nel sesso selvaggio il dispiacere della disapprovazione del marito. Mentre viene palpata da un'infinità di uomini, telefona al marito col preciso intendo di umiliarlo ma è la prima a rimanere scottata dal suo gesto, chiudendo la conversazione col pianto e scappando via dai suoi predatori, a malapena lucida e in grado di rimanere in piedi, e con un solo pensiero in testa, recuperare l'amore di suo marito. Molto suggestiva la chiusa con l'alba che sopraggiunge e la musica assordante che viene spazzata via dal cinguettìo degli uccelli, una sorta di quiete sofferta e catartica dopo la tempesta. Così Fan Tutte ha l'ironia, lo sberleffo, l'arguzia che raramente mancano nel tratto di penna brassiano, in qualche modo rievocando lo spirito dei novellieri e facezieri dell'Umanesimo e del Rinascimento, da Boccaccio a Poggio Bracciolini, da Masuccio Salernitano all'Aretino, ecc. Naturalmente qui l'unico argomento degno di attenzione sono le grazie muliebri. Le musiche stavolta sono di Pino Donaggio anziché del solito Riz Ortolani, per la verità molto adeguate poiché alternano a Mozart (al quale il titolo del film rende esplicitamente omaggio) inserti molto moderni ed aggressivi che ben si sposano con i fotogrammi che incorniciano una Claudia Koll sempre su di giri.