Dei fantasy mitologici che ho visto sin qui, Conquest di Fulci (1983) è indubbiamente quello che preferisco. Siamo agli albori dell'umanità, o almeno così si dice, prima che le civiltà colonizzino il pianeta; drappelli di uomini, ominidi e creature di vario tipo si fronteggiano per la conquista di piccoli territori, il tutto circondato da manti di nebbie misteriose nelle quali hanno luogo magie e sortilegi. In particolare seguiamo le gesta di Ilias e Mace, due guerrieri che si addentrano nel regno di Ocron, una regina mortifera, a sua volta dominata da Zora, stregone semidivino che brama la sacerdotessa. La trama è più che altro una sequenza di incontri, incantesimi e combattimenti dei due avventurieri nel mondo prima del mondo (così come i libri di Storia ce lo hanno raccontato).
Fulci non si limita a girare il "solito" spaghetti fantasy abborracciato; nonostante i cronici limiti di budget, l'artigiano Fulci riversa in Conquest una quantità impressionante di idee, rivelandosi ispirato e creativo come nei suoi momenti migliori. I fulciani doc forse non gradiranno troppo questa divagazione al di fuori degli abituali sentieri giallo-horror-gore del regista romano, tuttavia penso che si farebbe un torto al cinema di genere se non si dedicasse una visione attenta a questa pellicola. Fulci gira in modo particolare, usando luci e nebbie in modo del tutto personale; la macchina da presa ci trasmette immagini dal sapore fatato, soprannaturale, onirico, delineando un mondo fantastico che sembra esistere altrove, accanto forse agli universi paralleli di Tolkien, di Howard e di Moorcock. Campi corti, immagini strette, lo spettatore non può mai distendere i propri occhi su paesaggi aperti ed orizzonti troppo profondi; un po' perché questo consentiva allo scenografo di sopravvivere con tre lire, un po' perché l'incombenza dell'azione sullo schermo consente di lasciare nel mistero sfondi e cornici nei quali la storia è ambientata, amplificando il senso di ignoto e minaccia. Suggestivi i costumi e le maschere dei vari personaggi che popolano il cammino di Ilias e Mace, che si tratti di tribù umane o di veri e propri mostri. Fulci attinge ampiamente al suo background horror, infilando simulacri di licantropi, vampiri, spettri e non morti anche in una storia prettamente fantasy (e del resto, questa è una componente che si ritrova spesso nel cosiddetto heroic fantasy, particolarmente cupo ed epico). Non mancano neppure effettacci gore, come qualche testa spaccata, cervelli mangiati, pustole marce e una donna letteralmente squartata a metà (scena censurata all'epoca e che oggi è possibile rivedere in homevideo).
Croce e delizia dei censori dell'epoca deve essere stata anche Sabrina Sellers aka Sabrina Siani (Ocron), che recita per 95 minuti indossando unicamente una maschera di metallo ed una placca borchiata al pube. Giusti parla di "sadismo" fulciano per aver costretto la bella Siani in una maschera per tutto il film, senza che mai lo spettatore ne veda le fattezze (....anche se tutto il resto che vede è decisamente interessante). Zora ha un costume curioso, dal vago sapore orientaleggiante (e pure un po' sadomado), che lo ricopre dalla testa ai piedi. Serpenti, pipistrelli e lupi condiscono a dovere i paesaggi naturali, mentre gli effetti speciali, naturalmente piuttosto goffi visti con gli occhi di oggi, cercano di fare il possibile. Personalmente non mi hanno infastidito pur nella loro estrema povertà, mi hanno semmai comunicato più un senso di ingenuità che di faciloneria. E comunque il lodevolissimo lavoro di Fulci in termini di fertilità creativa (e registica) contagia per entusiasmo e mette in secondo piano anche il dislivello produttivo che un film del genere era costretto a subire nei confronti di un Conan di John Milius (evidente progenitore di Conquest come di tutti gli altri fantasy italiani del periodo; qui però c'è pure un po' de La Guerra Del Fuoco, uscito nel 1981 proprio come Conan). Coproduzione con la Spagna (ma girato in Messico) e musiche di Simonetti (un po' così).