Chinese Kamasutra

Chinese Kamasutra
Chinese Kamasutra

Joe D'Amato come è noto ha girato di tutto, western, horror, commedie, soft core esotici, la sua personale serie di Em(m)anuelle ricalcata su quella francese della Arsan, fantasy, hard tout court, action avventurosi, eccetera eccetera. A un certo punto si è inventato pure la variante erotico-asiatica, cominciando a produrre pellicole di (presunta) ambientazione orientale. Una di queste è Chinese Kamasutra, che Giusti nel suo Dizionario Stracult definisce un film "teorico"; si perché tra quello che dovrebbe essere e quello che in effetti è, ci passa un treno merci a pieno carico. Un film "in teoria". Credo sia stato girato in qualche periferia romana, anche perché gli esterni si riducono ad una villa, i giardinetti che la contornano ed una specie di camminamento labirintico chiuso tra le sue mura. Il resto sono solo interni. Ora, né la villa (tutto fuorché architettura cinese), né gli arredi (tutto fuorché arredi cinesi) richiamano minimamente l'Oriente, però secondo D'Amato siamo nella Cina Meridionale. L'unica cosa che c'è di cinese sono gli attori con gli occhi a mandorla (sempre che dalla Cina vengano, perché non è che se fossero della Mongolia o della Corea si capirebbe al volo).

La storia vede una studiosa inglese perfezionare i suoi vaghissimi studi culturali in una biblioteca cinese. Ci sta chiusa dalla mattina alla sera, integerrima, finché non le capita per le mani una copia del kamasutra cinese. Inizia a leggerlo avidamente, e le illustrazioni (ci sono solo quelle) le scatenano pulsioni, desideri e sogni lussuriosi ad occhi aperti. Presa da questo raptus erotico, la donna si sente sempre più attratta da una villa che costeggia ogni giorno tornando a casa. Tenta che ti ritenta, entra nella villa e viene concupita da una specie di santone cinese vestito di drappi, che aspettava da secoli l'arrivo della donna. In un'altra vita i due infatti erano amanti e la morte per assassinio dell'uomo lo ha imprigionato come fantasma nella villa. La sua unica via di liberazione pare essere il nuovo incontro con l'amata, che pertanto deve essere iniziata ai piaceri sessuali del kamasutra cinese (se state cercando un passaggio logico tra le due cose.... no, non c'è, confermo). L'inglesina non si formalizza, prende dimora nella villa e si fa fare di tutto, iniziando a rivivere brandelli della sua passata esistenza. In tutto questo, un collega studioso della donna - invaghito di lei - la cerca ovunque, fino a che scopre dove è relegata. Penetra (....) anch'egli in villa e incontra la donna, oramai ampiamente svezzata e consapevole delle gioie dell'eros. C'è un ideale passaggio di testimone tra il santone e il ragazzo, la donna con la sua sessualità (dopo un rituale a base di dildo) ha finalmente liberato catarticamente l'amante della sua vita passata, ed è pronta a concedersi al ragazzo cinese che fin dall'inizio del film cercava disperatamente di concludere qualcosa.

Chinese Kamasutra è la rappresentazione plastica del termine exploitation; D'Amato non ha praticamente niente in mano se non un'idea al minimo sindacale, una villa di cui gli hanno dato le chiavi per il fine settimana, e un manipolo di comparse cinesi raccattate forse tra i take away del Tufello. Con questi ingredienti tira fuori un'ora e mezzo di pellicola, e però il vuoto si sente. I fotogrammi procedono con una lentezza estenuante, e la ripetizione di alcune scene è irritante; quante passeggiate compie Georgia Emerald tra quelle mura? Quanti replay della fuga della Emerald col suo fiancée, inseguiti dall'esercito degli armigeri (tre Cristi vestiti con gli avanzi della carta delle uova pasquali) ci sorbiamo? Quante volte D'Amato piazza le palpate saffiche (più o meno sempre la stessa scena, montata anche dove non ha connessione logica con le posizioni dei personaggi....senza contare il fatto che un momento la patonza è pelosa, un momento è glabra), inframezzandole al resto, tanto per? L'impressione è proprio che si dovesse stirare, allungare, fare ciccia per arrivare alla durata di un lungometraggio, senza avere però niente da dire, ma solo un'idea su cui costruire un film, che inevitabilmente risulta noioso, raffazzonato, totalmente privo di ritmo, oltre ad essere recitato pessimamente e ulteriormente incattivito da scenografie squallide. La Emerald manco mi è piaciuta, una cavallona anonima e senza fascino, va bene che è sempre nuda, però è insipida. Le altre donne sono delle attempate cinesine in carne, e quanto ai personaggi maschili...esprimo tutta la mia solidarietà alle eventuali sparute spettatrici femminili che avessero dovuto visionare il film. Tutto il cast (ad eccezione della protagonista e del suo bel nome hollywoodiano), anche quello tecnico, figura come cinese; finezza del buon D'Amato che maschera così le sue maestranze. La Cina questi non l'hanno vista nemmeno in fotografia, però tutta l'operazione viene spacciata come made in China 100%. Si tentano pure delle pretestuose sottotrame che naturalmente abortiscono un secondo dopo, tipo quando si equipara gli zozzoni che si godono la Emerald ad una sorta di setta religiosa. Impagabile la scena della "punizione" a colpi di dildo, si rimane imbarazzati. Ma più in generale, nessuna scena di sesso raggiunge l'obbiettivo di eccitare, annoia o fa ridere, e per Joe D'Amato questo è un fallimento bello e buono. Citato sempre come un grande direttore della fotografia, qui quantomeno ha lavorato svogliatamente. Chinese Kamasutra se non è il peggior D'Amato che mi sia capitato di vedere ad oggi, ci si avvicina molto.

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica