Come rendere un possibile remake live in action di un cartone animato Disney interessante e stimolante anche per un pubblico non necessariamente composto da bambini e famiglie? Beh, ad esempio affidarlo a Kenneth Branagh il quale, nonostante alti e bassi ed una certa propensione per il commerciale, vanta in carriera (soprattutto nella prima parte) titoli assolutamente di pregio, sia come regista che come attore. Onestamente non credevo ma la sua rivisitazione di Cenerentola, ancorché Disney, è davvero eccellente, gradevolissima e ottimamente realizzata. La storia è arcinota, è piombata nelle nostre sale cinematografiche dal 1950 e poi si è insediata stabilmente nei nostri lettori dapprima VHS e DVD senza più abbandonarli (chi ha marmocchi ne sa qualcosa). Il gusto della visione del film dunque sta tutto nei particolari della messa in scena, nelle interpretazioni, nelle soluzioni di regia e di snodo narrativo che Branagh architetta, come insomma il nordirlandese più shakespeariano di tutti i tempi abbia manipolato e riadattato un classico, sfida affatto facile e priva di rischi.
La pellicola in realtà è stata travagliatissima in fase di realizzazione; era nel limbo fin dal 2010 ma la spinta propulsiva venne dal successo riscosso dal riadattamento di Alice nel Paese delle Meraviglie di Tim Burton (curioso che Burton abbia smosso la Disney). La regia venne affidata inizialmente a Mark Romanek, il quale abbandonò perché la sua visione risultò troppo dark per la Disney (ecco appunto... Burton). La sceneggiatura venne riscritta due volte, ed anche per il ruolo di Ella/Cenerentola prima di assegnare la parte a Lily James vennero interpellate altre 5 prime scelte (tra le quali Emma Watson) e provinate altre 3 attrici (tra le quali Margot Robbie). Con i se ed i ma non si fa la Storia, ma a conti fatti mi pare un bene che sia stata la James a diventare Cenerentola poiché la sua prova è senz'altro un valore aggiunto del film. Non solo, Branagh ha cura di infondere alla sua Cenerentola un tocco di sensualità sempre evidente (naturalmente senza calcare la mano ed esagerare, lo stipendio arriva pur sempre da papà Disney), vestendo la James con costumi dotati di un balconicno studiato ad arte per incorniciarne le doti. Fateci caso, a parte Helena Bonham Carter (la fata turchina), molto attrezzata di natura, nessun altro personaggio femminile ha quel tipo di sottolineatura, nonostante i costumi lo avrebbero tranquillamente consentito.
Il fido Derek Jacobi, compagno sempiterno di scorribande di Branagh, si aggiudica il solido e rigoroso ruolo del Re; Cate Blanchett è la terribile matrigna, quasi una diva degli anni '40, perfida, caricaturale, sempre truccatissima e impegnata a sottolineare ogni battuta ed ogni fotogramma nel quale è in scena con smorfie e faccette. Lo Stellan Skarsgard di Von Trier è ridotto a Gran Duca consigliere infingardo del Re, un ruolo che rende poco o che Skarsgard non sa far proprio. Così come il Capitano dell'esercito reale, il gargantuesco Nonso Anozie, pare davvero uscire da un cartone animato anziché da un film in carne ed ossa. Il Principe azzurro (Richard Madden) è poco più che un paio di abbaglianti fari celesti incastonati in un ragazzo di bell'aspetto, spesso e volentieri un po' imbambolato (del resto il Principe azzurro ce lo siamo sempre immaginati così, la forza tenace e creativa della storia è Cenerentola). Personalmente ho una dichiarata antipatia per la Bonham Carter, anche se come fata turchina (da mettere rigorosamente a dieta) se la cava, pure lei calcando abbondantemente la mano nel repertorio di teatralità varie. Divertente la parte "magica" del film, nella quale Ella viene visitata dalla sua tata mancina/fata turchina e assiste alla trasformazione di zucche, topolini, lucertole e oche in altrettante carrozze, cavalli, cocchieri, etc., oltre alla fattura del vestito di Cenerentola, momento autenticamente iconico del film.
Aleggia un sentore di Frozen lungo tutta la visione, probabilmente non voluto ma ineluttabile vista una certa contiguità delle atmosfere, delle storie e del colore celeste. A rincarare la dose la proiezione in sala è stata fatta precedere dal cortometraggio Frorzen Fever, mini sequel proprio di Frozen. Tutte le suntuose location, Palazzo reale compreso, sono anglosassoni. Per la precisione Re e Principe sono stati insediati nientemeno che al Royal Navy College di Greenwich. Davvero notevole il comparto costumi, creativo, colorato e spumeggiante (tanto da guadagnarsi una nomination agli Oscar). Si parla di circa 500 ore per la realizzazione del solo vestito di Cenerentola al ballo. Ad oggi è il maggior incasso di sempre di Branagh. Apprezzabilissimo il fatto che il regista non mostri alcuna smania di adattamento modernista della storia, iattura che spesso affligge i remake dei classici. Branagh lascia Cenerentola al suo posto, in un mondo fuori dal tempo ed in uno spazio che è quello delle favole.