Secondo la nota trafila di cortometraggi che precedono al debutto dietro la macchina da presa, Simone Hebara percorre esattamente le consuete tappe (scrittura e direzione di corti) prima dell'approdo a Cattivo Sangue, una produzione piccola ma tignosa, un po' come il marchio Berserker Film che appare sulla locandina. Presentato in anteprima al Fi-Pi-Li- Horror Fest 2021, il racconto di Hebara viene affidato in prima persona al protagonista, il silenzioso ed apparentemente mite Sergio (Claudio Camilli), detto non a caso "il muto". Trattasi di killer che pare aver appeso la pistola al chiodo con tutta la fondina, ritirandosi sull'isola di Malta, trascorrendo le giornate riposandosi, osservando il mare e gestendo un bar. Una routine che però va evidentemente stretta a Sergio e che vacilla non appena un suo vecchio amico fraterno (divenuto poliziotto e poi uscito dal corpo di Polizia) lo va ad incontrare insieme alla sorella. Francesco (Francesco Braschi) e Roberta (Giulia Paoletti) sono venuti apposta da Roma per assoldare Sergio e fargli uccidere i fratelli Ventura, palazzinari criminali con i quali c'è un conto in sospeso. Da poliziotto Francesco ha mandato in galera uno dei due, Edgardo (Matteo Quinzi), quello pazzo, e dopo l'ha scontata pesantemente, visto che Edgardo gli ha attaccato l'Aids con una siringa infetta e ha trucidato la fidanzata della sorella davanti ai suoi occhi. Da allora i quattro se la sono giurata e Sergio è la grande occasione per chiudere il capitolo nel sangue. Il sangue dei Ventura è cattivo, quello di Sergio è cattivo, e lo è anche quello di Francesco, malato. Tra Roberta e Francesco c'è un legame di sangue e anche l'amicizia fraterna con Sergio è una sorta di legame di sangue. Non è granché sano neanche quello di Edgardo, che in carcere è finito dentro la tossicodipendenza, e certamente già di partenza la sua sanità mentale partiva decisamente svantaggiata. Ecco perché Cattivo Sangue.
Sono diverse e molteplici le possibili fonti di ispirazione di Hebara, dalla cronaca nera (i clan mafiosi di Ostia) ai noir francesi di ultima generazione (Olivier Marchal), da Tarantino (i diti tagliati, la violenza pulp, la bizzarria di alcuni personaggi e di alcune location, come il ristorante cinese) al Michael Douglas di Un Giorno Di Ordinaria Follia, sulle cui fattezze è abbastanza chiaramente ricalcato il personaggio di Edgardo, anzi pare proprio lo sviluppo di quel personaggio, cosa sarebbe potuto diventare D-Fens se anziché morire per mano di Robert Duvall fosse proseguito ad andare in giro, giungendo fino a Ostia. C'è un po' di estrosità nella costruzione della sceneggiatura (meno nella regia e nella fotografia), il protagonista ha l'aspetto di un grande bambolotto, ma la sua scorza invece è dura; al contempo la sua corazza non gli impedisce di avere una sorprendente vitalità interiore. Sergio riflette, analizza, è profondo, ci racconta con dovizia di particolari (e con voce off) alcuni pezzetti della sua vita, e scrive, scrive continuamente, è la sua medicina al mutismo (o meglio, alla insofferenza verso la necessità di doversi per forza relazionare al prossimo). Edgardo Ventura, pur nel suo "derivare" da un altro personaggio, ha una sua solidità, una sua fisionomia ed è ben interpretato da Matteo Quinzi, sebbene non manchi anche qualche momento sopra le righe. Il clima del film in generale è freddo, trattenuto, rassegnato, come si conviene ad un noir criminale dove tutto andrà prevedibilmente a finire male, nel quale di personaggi in piedi alla fine del film ne rimarranno pochi, il minimo indispensabile; la predestinazione del male, del cattivo sangue appunto. Molto asciutto anche nella durata, 90 minuti netti, precisi, quelli che occorrono per raccontare questa storia di vendetta, disfatta e parziale redenzione. Più che altro Cattivo Sangue è l'esempio perfetto di come si possa fare molto e bene con poco in tasca, a patto di avere idee, entusiasmo e naturalmente mestiere, senza l'ansia di inventare chissà cosa ma attenendosi al genere e percorrendolo al meglio, e con personalità.