Dieci anni esatti dopo il cultissimo Bugie Rosse, Pierfrancesco Campanella (4 titoli all'attivo come regista, ma anche attore in La Trasgressione), si rifa vivo sul grande schermo con Cattive Inclinazioni, pellicola da Champions League del trash di genere italico. In effetti l'operazione nasce proprio come un recupero/tributo/rilancio del cinema di genere, inteso alla maniera dei gialli (anche un po' erotici) degli anni '70, quelli di Martino, di Fulci e naturalmente di Argento. Nel 2003, anno nel quale nessuno si ricordava neppure più che l'Italia avesse prodotto gioielli assoluti di cinema "criminale", riconosciuti ed invidiati in tutto il mondo, Campanella mette in piedi un progetto tanto strampalato quanto a suo modo ardito. Nel XXI° secolo chi mai sarebbe corso al cinema per vedere un film del "genere" (appunto)? Infatti, nessuno, tant'è che il sottoscritto lo vide in sala, unico spettatore pagante in un cinema drammaticamente deserto. Impossibile non riconoscere il temerario eroismo di gettarsi in un fallimento annunciato (soprattutto a guardare il cast e dopo aver letto la sceneggiatura). In un ricco condominio romano avviene un omicidio molto cruento, una maestra elementare viene uccisa a colpi di squadra metallica e lasciata in un lago di sangue. Gli inquirenti iniziano le indagini mentre gli omicidi si moltiplicano, sempre nello stesso condominio, sempre con le stesse modalità esecutive, sempre a danno di donne (una colf e la manager di un'attrice). E' psicosi serial killer. Quando finalmente viene arrestato un colpevole (uno degli inquilini, un ragazzo con un passato difficile a livello psicologico e la predilezione per pratiche sessuali estreme) tutto sembra sistemarsi, ma una testimone mette in discussione la tesi sbrigativa della Procura, portando nuove prove che scagionerebbero l'arrestato e attribuirebbero gli omicidi ad altri inquilini dello stabile.
- SPOILER: Cattive Inclinazioni ha la sua più brillante trovata nel titolo, che allude al doppio senso scaturito dall'uso di una squadra geometrica come arma del delitto. Poi è tutto uno scendere di livello. 1) La trama: ci sono diverse incongruenze e sottotesti lasciati morire. Del primo presunto colpevole incriminato (Guido Berti) ci viene tracciato un complicato profilo psicologico fatto di traumi infantili, disegnini rivelatori e devianze sessuali, lì per lì il contesto di "sofferenza" fa molta scena, ma nulla di tutto ciò viene poi sviluppato in alcun modo, rimane appeso lì, due battute in sceneggiatura dette "tanto per". La zia del magistrato Mirca Viola (Delia D'Alberti) viene usata a mo' di grillo parlante, ci abituano all'idea che tutte le riflessioni a voce alta che escono dalla sua bocca abbiano un fondo di verità, pare un po' la coscienza saggia della Viola e mette la nipote sempre sulla buona strada; quindi quando a un certo punto la donna, sentendosi braccata, dice di essere certa che qualcuno vuole ucciderla ci si aspetta che l'amo gettato porti da qualche parte, invece anche quell'abbocco non viene minimamente sviluppato da Campanella. Esempi come questi se ne possono fare in quantità industriale lungo tutto il film. Com'è possibile che la Viola, per il solo fatto che la maestrina uccisa fosse caruccia, si metta in testa la convinzione che avesse una vita oscura nel mondo dell'hard? Non solo, va sul primo motore di ricerca, trova elencati quattro siti a luci rosse a caso, e in uno di questi la primissima foto in evidenza è - manco a dirlo - proprio quella della maestra, in lingerie, assieme ad una negra. Alla faccia del fiuto investigativo e delle ricerche su internet! Ancora, sempre il magico computer della Viola ospita un mitico casellario dei casi insoluti nel quale praticamente qualsiasi morto dal 2000 avanti Cristo ad oggi trova la sua bella catalogazione. La Viola cerca il padre di Berti, che a suo tempo morì suicida, e ovviamente lo trova. Sarebbe un caso insoluto? Eva Robin's nasconde un sacchetto pieno di prove scottanti a due rampe di scale dalla porta di casa sua, nel vaso di una pianta del condominio. E lo fa proprio quando la Polizia arresta Berti e setaccia da cima a fondo ogni centimetro quadrato. Naturalmente non trova il sacco della Robin's; lei, non contenta, torna a prenderlo, esce dallo stabile, gira l'angolo e per strada si mette a dar fuoco a tutto. Un piano raffinatissimo per non farsi scoprire.
2) La regia: tirata via e raffazzonata è dir poco, non c'è il minimo gusto estetico ed anche il montaggio è anonimo; quel retrogusto kitsch paradossalmente si rivela positivo, perché (almeno quello) ci riporta un po' al clima degli anni '70, anche se non basta a dare uno stile ed una cifra alla direzione di un film già sufficientemente squinternato. Ci sono ben 3 finali, l'arresto di Berti, poi l'uccisione della Robin's, quindi l'omicidio di Petrocelli. Nonostante ciò, non si viene a capo di nulla, il vero omicida rimane sconosciuto, tanto rumore per nulla verrebbe da dire. E tutta la scena della cattura e successiva morte della Robin's è inspiegabilmente girata nella sovraesposizione totale data dai fari delle auto accesi in piena notte, col risultato che personaggi e ambiente sono immersi in una patina nebbiosa che rende poco leggibile la scena. Vogliamo parlare degli assurdi nomi attribuiti ai personaggi? Premio Politano (Berti), Otilia non-so-come (Elisabetta Cavallotti)....ma che, era la fiera dell'antiquariato? Sembrano le barzellette della Settimana Enigmistica dove gli anziani coniugi litigarelli si chiamano sempre Ermenegildo, Agilulfo, Ofelia, Adalgisa. Solo che lì fanno ridere, per quello li scelgono.
3) Bloopers: veri e propri errori, ce ne sono numerosi, alcuni davvero grossolani. Quando il magistrato Antonio Petrocelli legge una mail a testimonianza della "pressione" esercitata dell'opinione pubblica (si tratta di una mail di un anonimo cittadino che scrive "vergogna" alla Polizia, per l'inconsistenza delle indagini condotte sin lì) si vede chiaramente che la mail non è ricevuta ma è inviata, e l'invio è pure fallito, poiché si legge distintamente l'avviso di Outlook Express che recita che il messaggio non è stato inviato. Ci voleva tanto a farsi spedire una mail e poi inquadrare il monitor del pc? Sempre Petrocelli entra in ascensore ed attende di arrivare al piano; peccato che sul vetro della cabina si veda chiaramente riflesso l'operatore della MdP.
3) Il cast: come sia potuto venire in mente a Campanella di assemblare dei nomi simili è un mistero, li ha estratti a sorte al posto di una tombolata di fine anno? Mirca Viola è una magistrata mascolina e rigorosa (ed è forse anche la miglior attrice della pellicola). Petrocelli gigioneggia ed è poco aiutato da un personaggio tratteggiato in modo davvero stupido. Eva Robin's è una quasi protagonista, sopra le righe (belle le acconciature ed i costumi, perlomeno più curati rispetto alla media del film), ma pure lei cade nello stereotipo con estrema facilità (tante parolacce inutili). Elisabetta Cavallotti è la sua amante bisex e manager, e figuriamoci se non si dava spazio ad un po' di amore lesbo. Il film è pieno di siparietti saffici random, né mancano tette (tutte rifatte) e gemiti muliebri. Da questo punto di vista la Cavallotti è quella che ci dà più dentro (attrice non fortunatissima a livello di carriera, ed evidentemente etichettata come adatta a ruoli di questo tipo, me la ricordo come alter ego di Moana Pozzi in Guardami, con una scena di fellatio esplicita che la Cavallotti pratica in modo irreprensibile e professionale). Rosaria De Cicco è la colf di casa Bolkan, una macchietta da sceneggiata napoletana, imbruttita oltre misura. Florinda Bolkan, incredibile partecipazione di un'attrice che ha conosciuto ben altre realtà produttive (e questo sarà il suo ultimo film ufficiale). Altro cameo assurdo è quello di Franco Nero, probabilmente chiamato come citazione affettuosa al cinema di genere, tuttavia il suo barbone messianico non ha né capo né coda. Elisabetta Rocchetti, ridotta ad Asia Argento de' noantri, fa quello che può, ma pure il personaggio è quello che è. Inspiegabile come lei accetti la richiesta della Bolkan di essere "aiutata a morire", nella modalità che ricalca gli omicidi del killer. Anche un albero avrebbe capito che gatta ci covava, lei no.
Salverei le musiche di Natale Massara, che non rimarranno negli annali del cinema ma che fanno il loro mestiere e si adattano benone al contesto giallo thriller del film; ed il lussuosissimo packaging all'insegna dell'arroganza deluxe del dvd Eagle Pictures (fuori catalogo, rassegnatevi), privo di extra ma che prevede una elegante confezione cartonata argentata sulla quale si sovrappone addirittura una copertina trasparente che crea un gioco di effetti e riverberi cremisi una volta calzata sulla scatola d'argento. Tanta grazia per un film al quale guardare con grande tenerezza (soprattutto se si è devoti al cinema di genere italiano) ma anche con realistico disincanto. Cattive Inclinazioni lo si può inquadrare solo all'insegna del cinema exploitation e del "so bad so good", elevando i difetti a pregi, secondo quel gioco perverso che spesso i cinefili, me compreso, amano praticare. Tanto per capirci, al confronto il vituperatissimo Tulpa fa la figura de L'Uccello Dalle Piume Di Cristallo.