Lo sapete chi è Lizzie Borden? I più borchiati di voi mi diranno in coro "Gregory Charles Harges!", ovvero il cantante Lizzy Borden della omonima metal band americana attiva discograficamente tra il 1985 ed il 2007, ma pure lui prendeva spunto dalla vera Lizzie Andrew Borden, una donna borghese del Massachussets che nel 1892 finì sotto processo con l'accusa di aver massacrato a colpi d'ascia il padre e la propria matrigna, accusa dalla quale venne scagionata. La morte dei genitori le procurò una cospicua eredità che le consentì di vivere nell'agio fino al 1927, quando morì di morte naturale, lasciando il suo patrimonio ad amici, parenti e leghe animaliste. Quello di Lizzy Borden rimane uno dei più grandi misteri insoluti della storia criminale americana, che ha naturalmente ispirato la mente fervida di auturi a vario titolo, scrittori, cineasti, musicisti. Tra questi anche Stephen Kay, sceneggiatore dello screenplay televisivo Lizzie Borden Took An Axe, diretto da Nick Gomez, interpretato da Christina Ricci come Lizzy, e andato in onda a gennaio di quest'anno sul canale Lifetime negli Usa.
Il film, della durata di 87 minuti, è stato il preludio ad una miniserie intitolata The Lizzie Borden Chronicles trasmessa ad aprile, a partire dal giorno di Pasqua, fino a maggio, per un totale di 8 puntate, cronologicamente ambientate immediatamente dopo la fine del processo, ovvero laddove si concludeva il film. Il lungometraggio si era incaricato di presentare il fatto storico, conosciamo Lizzie e la sua famiglia (il padre Andrew Borden, la matrigna sposata in seconde nozze Abby Durfee Borden, e la sorella maggiore Emma Borden), poco prima dei delitti. Non tutto scorre tranquillo nel menage familiare dei Borden, il rapporto col padre, burbero e severo, è complicato e la matrigna non è accettata da Lizzie. Nei confronti di Emma c'è amore sincero ma Lizzie si sente stretta da convenzioni, obblighi e regole che mal sopporta. Aspira a libertà che una donna nella sua posizione, incardinata in quel tipo di società, non può avere; vorrebbe probabilmente poter avere un compagno senza doverlo sposare, vorrebbe lasciare il tetto di famiglia e vorrebbe poter godere del denaro del padre il quale invece pare avere il braccino corto. Qualcosa cova sotto la cenere ma ciò che accade va oltre ogni aspettativa.
Andrew Borden viene trovato ucciso sul divano di casa con 11 colpi d'ascia inferti in pieno volto (il cui primo basta ed avanza ad ucciderlo). Prima di lui, al piano superiore, è stata seccata Abby Borden con oltre una dozzina di colpi d'ascia abbattutisi sulla parte posteriore del cranio. E' stata Lizzie a rinvenire il cadavere del padre, mentre quello di Abby viene scoperto dalla domestica Bridget Sullivan. Gli omicidi sono avvenuti a due ore di distanza l'uno dall'altro, mentre Lizzie era in casa ed Emma invece era fuori. Due uccisioni di violenza e ferocia inaudite, tali da inondare pareti, mobilia e suppellettili di sangue, sarebbero accaduti senza che Lizzie e la Sullivan si accorgessero di nulla. Il film si trasforma quindi in un legal thriller, durante il quale seguiamo tutte le fasi processuali con dovizia di particolari. Veniamo condotti sino al pronunciamento finale della giuria. Non si tratta di spoiler - poiché storicamente i fatti sono acclarati - se dico che Lizzie venne scagionata nell'incredulità generale. Nonostante le apparenze, diversi elementi propendevano a suo favore, non ultimo la totale assenza di prove concrete che la inchiodassero come materiale esecutrice dei delitti. Non una goccia di sangue su di lei (solo una di stufato sulla gonna della sua veste), non una ferita, nessun testimone, niente di niente; per altro durante il processo in città si verifica un altro omicidio secondo le medesime modalità. Una donna viene aggredita in casa propria e uccisa brutalmente a colpi d'ascia. Se anche fosse stata Lizzie ad uccidere la propria famiglia, Fall River avrebbe dovuto fare i conti con un secondo assassino a piede libero.
Lizzie Borden Took An Axe sceglie colori pastello, molto tenui, per descrivere il grigiore asettico della cittadina di Fall River e della vita morigerata dei Borden, anche se le uccisioni vengono invece esaltate da un sangue vivido e brumoso che schizza da tutte le parti. Nick Gomez fa commentare tutta la storia da musiche moderne e rock n roll, creando un corto circuito che sulle prime può anche infastidire (il suo unico colpo di testa, per la verità). Il taglio è televisivo e non si fa nulla per mascherarlo con artifici minimamente più cinematografici. Nonostante ciò, la Ricci è in grande spolvero, regalando alla sua Lizzie Borden una bella prova attoriale. Enigmatica e affine a ruoli neri ed horror che più volte ha ricoperto in carriera, Christina tratteggia una donna di difficile lettura, manipolatrice ma anche ingenua, demoniaca ma anche frivola, devota e rigorosissima (attiva nella chiesa e nel volontariato) ma anche preda di impulsi incontrollabili. Il film, a parer mio, ha il torto di avere una tesi sin dal primo fotogramma. Non ci prova nemmeno a lasciare lo spettatore nel dubbio, ma costruisce progressivamente il percorso di come un'assassina efferata abbia fatto a scampare le proprie colpe, ingannando anche la propria sorella ed il proprio avvocato. Per quanto sia molto probabile che la Borden sia stata l'autrice dei delitti, rimane comunque un "ragionevole margine di dubbio" che la donna possa essere stata innocente, vittima di circostanze sfaforevoli, per quanto schiaccianti, ed il film avrebbe guadagnato più spessore e finezza rimanendo perlomeno in bilico tra la tesi innocentista e quella colpevolista./p>
Lizzie invece l'ascia la prende per davvero; ci viene fatto vedere non solo in 2500 flashback anticipatori (da ritenersi proiezioni dei vari personaggi che prendono parte alla vicenda, Lizzie stessa compresa) ma anche nel finale, quando - nella scena più bella ed evocativa - Lizzie confessa dettagliatamente alla sorella (che l'ha difesa a spada tratta in tribunale, anche mentendo) le modalità di esecuzione dei genitori. Rivediamo così per l'ennesima volta tutte quelle scene che a spizzichi e bocconi ci erano già state mostrate, e mostrate, e mostrate... Quell'ascia la vediamo salire in aria e calare giù a tutta potenza un'infinità di volte, tanto che, decurtando quelle parti dalla durata totale del film, forse leveremmo via un buon quarto d'ora almeno. Gomez dirige scolasticamente, senza la minima inventiva, attentissimo a spiegare e rispiegare quei tre concetti che altrimenti il pubblico rischiava di non capire. Messa così, i motivi di interesse del film rimangono nella prova degli attori e nel fascino della vicenda in sé, comunque agghiacciante. Incomprensibilmente, alcuni dettagli di cronaca sono stati cambiati, come il numero effettivo dei colpi inferti o la distanza temporale tra un omicidio e l'altro. Licenze poetiche.