Buried è una produzione spagnola ma con il canadese Ryan Reynolds protagonista (unico) e con sceneggiatura dell'uomo di Providence, Chris Sparling. Il film è divenuto rapidamente celebre per la sua specificità, primo lavoro ad essere interamente ambientato e girato in una bara di legno, per 94 minuti, con un solo attore. Una roba che sulla carta appariva decisamente proibitiva, pazzoide, autolesionista. Cosa poteva salvare un'idea del genere e renderla una mezza genialata? Una sceneggiatura di ferro, un attore monstre, un regista creativo capace di sfruttare ogni dettaglio possibile, luci, angolature di ripresa, ritmo, musica, persino il buio ed i silenzi. Buried parte lento, la situazione colpisce subito, come un pugno nello stomaco, però si fatica un po' ad accettare quella costrizione, pare ci si debba preparare ad una pellicola forse troppo ambiziosa e noiosa, invece poi Cortés inforca il binario giusto, la storia prende la sua piega e Reynolds ci accompagna nel suo inferno personale. Emotivamente ci si avvinghia sempre di più a quelle 6 pareti di legno e al disgraziato che vi è intrappolato, minuto dopo minuto l'aria inizia a mancare, a lui e a noi. Buried è il classico film dove ad ogni scena (oddio, parlare di scena è un concetto curioso con Buried....) ti chiedi: "e se fossi io al suo posto?" E infatti ricordo che al cinema ci furono i soliti casi di mancamenti e ambulanze a sirene spiegate dirette verso il più vicino Pronto Soccorso (dico io, ma andare a vedere Jennifer Aniston o La Principessa E Il Ranocchio no eh?).
A parer mio però, il virtuosismo "tecnico" non deve distogliere dal plot, e invece questo rischio c'è. Tutti a dire di quanto sia "figo", estremo, diverso, sperimentale Buried, per la sua testardaggine nello svolgersi tutto nella bara per 94 interminabili minuti; ok, vero, però, come lo stesso Cortés dice, non si tratta di un docu-film o di un capriccio da Paganini della celluloide, Buried è innanzitutto un thriller, che vive del fatto che vuoi continuamente sapere cosa accadrà dopo, e perché, e come. Esiste un climax, come in ogni thriller che si rispetti, e c'è un finale ad effetto (Repubblica a suo tempo ha scritto che "Il finale lo rende un capolavoro"), forse la cosa che mi è piaciuta di più, cinico, duro, senza sconti. Disperatissima e straziante la telefonata di Reynolds con la moglie, e da papà ho vissuto male anche la segreteria telefonica del piccolo Shayne, alla voce del quale Reynolds si commuove. Ci sono addirittura momenti buffi, con qualche battuta divertente, risate nervose naturalmente.
Girato in 17 giorni, una vera prova fisica per tutta la troupe e soprattutto per Reynolds, realmente chiuso in una bara per tutto il tempo. E' tornato a casa dimagrito di 5 kg, con tagli sparsi sul corpo ed una epidermide devastata (senza contare lo stress mentale). Cortés dice di essersi ispirato ad Hitchkock, vuoi per la tensione, vuoi per l'azzardo provocatorio, vuoi per una sottotraccia ironica. Nonostante Reynolds sembri sempre inscatolato nella stessa bara, nel film ne vengono invece usate ben 7 diverse, ognuna con precise caratteristiche tecniche, funzionali al momento storico del film, e all'intensità da trasmettere allo spettatore - formidabile quella "a torre", infinita verso l'alto, che trasmette tutto il senso di solitudine e profondità abissale nel quale e sprofondato il protagonista.