No seriamente, posso permettermi io di fare una recensione su Blade Runner? Macché e infatti queste righe non sono una recensione ma parole di "accompagnamento" alla ennesima revisione del film, complice l'acquisto del doppio bluray final cut della Warner Bros (e complice anche il desiderio di tornare ad immergermi nel mondo di Dick e Scott in previsione dell'imminente uscita in sala di Blade Runner 2049). Stiamo parlando di una roba enorme, che si gioca il podio della miglior pellicola di fantascienza mai concepita assieme a 2001 e Metropolis, così...per dire.
Riassaporarlo nel super blu ray ottimizzato al mille per mille, con totale libertà artistica di Ridley Scott (questo significa "final cut", che qui le scene, il finale, il montaggio sono esattamente quelli voluto dal regista e non quelli imposti dal business, quindi niente voce narrante, vai con la sequenza dell'unicorno con conseguente implicazione a carico di Deckard, etc.) non ha prezzo, anzi ce l'ha avuto, ma veramente risibile considerando il rapporto qualità/costo. Che meraviglia, che fantasticheria, che grandeur, che visionarietà profetica, che grandezza assoluta ed incommensurabile di Scott ad aver dato forma a tutto ciò. Ok dietro c'è Philip K. Dick, c'è la sceneggiatura rimaneggiata da Fancher e Peoples, ok c'è l'evidente ispirazione dei comics alla Metal Hurlant aka Heavy Metal (Moebius) e dell'arte pittorica di Edward Hopper, nonché l'innegabile lascito di giganti quali Kubrick e Lang, ma il talento di Scott è stato anche assemblare questo marasma e dargli un corpo coerente, stabile, convincente, aggiungendovi del proprio.
Assai interessante a tal riguardo tutta la parte documentaristica contenuta su uno dei due dischi Warner, davvero un secondo tempo del film che permette di comprendere l'immane opera di gestazione e lo spirito avventuriero e pionieristico nel quale ha lavorato il team tecnico-artistico di Blade Runner. Il fatto che poi oggi, a distanza di 35 anni, il film sia ancora così splendidamente splendido (con tanto di effetto "wow" che non cessa mai) la dice lunga sulla qualità di ogni singolo fotogramma concepito da Ridley & friends. Ostica la vita sul set, con riprese sempre immerse nel fumo artificiale e sotto l'acqua, con le incomprensioni tra il cast e il "dispotico" regista, con le antipatie vicendevoli tra gli attori (a Harrison Ford non piaceva per niente Sean Young... peccato però che al suo Deckard la bella Rachael piaceva eccome!), con le improvvisazioni del bizzarro Rutger Hauer che derogava dalla sceneggiatura, con il cityspeak letteralmente inventato di sana pianta da Edward James Olmos (scelta difesa da Scott ma osteggiata dai colletti bianchi che finanziavano) e con lo stesso Scott messo ad un certo punto in discussione per l'enorme ammontare di denaro richiesto dalla lavorazione.
Praticamente infinite le implicazioni tematiche che Blade Runner fa esplodere. Partiamo da un film di fantascienza che si balocca tra ambientazioni action e noir dal retaggio anni '40 (tant'è che Robert Mitchium era stato pensato come prima incarnazione di Deckard), ma in men che non si dica veniamo investiti da retrofuturismo, distopia, prodromi cyberpunk, robotica, interazione umano-macchina, allegorie di padri eterni creatori e angeli caduti ribelli (ma tra diluvi universali e scenari da apocalisse la Bibbia è sempre dietro l'angolo), eugenetica, clonazione e chi più ne ha più ne metta. C'è chi ha parlato anche di malcelata misoginia; pensateci un attimo, i personaggi femminili sono alquanto sui generis. Deckard uccide eslusivamente replicanti donne. Pris è accattivante ma non proprio intelligentissima, Zhora è una danzatrice erotica estremamente ammiccante sul versante sessuale. Rachael è una bambolina delicata del tutto accondiscendente con il suo "uomo". Figure femminili che ad una prima, sommaria lettura, non sembrano deporre a favore di una storia che "supporta" il gentil sesso.
Immensa, letteralmente immensa la musica di Vangelis, che sta a Blade Runner esattamente come quella dei Gobiln sta a Profondo Rosso. Senza di essa il film perderebbe un elemento consistentissimo. Ed è buffo il parallelo con Argento poiché va ricordato che anche lui per Profondo Rosso andò in fissa con il quadro Nighthawks di Hopper, ed anche lui come Scott è un regista duplice ed ambiguo, circondato da amanti devoti e detrattori instancabili, un regista che nella sua carriera ha alternato capolavori assoluti che hanno fatto da spartiacque tra il cinema "prima di" e "dopo di" (Alien e Blade Runner) a episodi bruttarelli (Le Crociate, Un'Ottima Annata, The Counselor) con, nel mezzo, diverse pellicole di valore (I Duellanti, Legend, Chi Protegge Il Testimone, Il Gladiatore) e tra queste una manciate che per me rosicchiano le terga dei suddetti capolavori (Black Rain, Prometheus, 1492 La Conquista Del Paradiso).