Film nell'occhio del ciclone, soprattutto in patria (Olanda), per due motivi: vecchia acredine verso il regista connazionale Paul Verhoeven, e accuse di presunto revisionismo storico. Andiamo per ordine. Verhoeven realizza qualche pellicola in Olanda, poi si trasferisce ad Hollywood dove trova fama e successo; dirige diversi "blockbuster" come Robocop, Atto di Forza, Basic Instinct, Starship Troopers, Showgirls. Verhoeven ha dichiarato: "Hollywood mi ha insegnato il rispetto e l'attenzione verso il pubblico. Per me il cinema è un ibrido sorprendente tra arte e commercio. L'ideale è combinare brillantemente questo dualismo: un film di pregio che attiri un pubblico numeroso." Evidentemente la critica intelligente, in Olanda come in Italia, non perdona il successo commerciale, la ricerca della spettacolarità, il gusto per l'entertainment. Se nel raccontare una storia sei in grado di divertire ed appassionare il pubblico allora non puoi essere un autore, lapalissiano. Nonostante tutto, dopo venti anni Verhoeven torna in Olanda a girare il suo Black Book e viene finanziato dal fondo nazionale per la cinematografia (costo complessivo: 17 milioni di Euro). Beccati questa!
Black Book è un film "revisionista"? Le oltre 2 ore di pellicola non revisionano proprio nulla. Non c'è alcuna apologia del nazismo, né i libri di storia vengono smentiti o derisi. Tuttavia la vicenda è ispirata a fatti realmente accaduti e per la realizzazione del film sono stati presi in esame più di 800 documenti; il regista aveva questa idea in testa da 20 anni e per tutto questo tempo ne ha pianificato ed elaborato ogni spigolatura. Si narrano le peripezie di una ebrea olandese la quale, dopo aver visto sterminare la propria famiglia nel 1944, inizia una collaborazione con la Resistenza partigiana, si infiltra nell'Alto Comando Nazista, stringe legami pericolosi e si ritrova divisa tra affetti ed idealismo, sino alla liberazione da parte delle truppe alleate che, se possibile, peggiorerà ancora di più la sua situazione, in un susseguirsi magistrale di colpi di scena e rocamboleschi rovesciamenti di fronte. Il film è incredibilmente avvincente, a testimonianza della suddetta capacità di Verhoeven di fondere narrazione e fascino visivo.
Cosa ha infastidito tanto gli olandesi? Verhoeven ha dichiarato di non essere particolarmente affezionato alla visione schematica e manichea che il cinema ha spesso fornito dei nazisti (cattivi) e dei partigiani (buoni). Ed infatti i personaggi di Black Book anziché limitarsi ad una bidimensionalità politicamente corretta si scoprono tridimensionali e sfaccettati, ovvero persone, esseri umani nel bene e nel male, come Natura vuole. I nazisti di Verhoeven non sono tutte caricature di Kakkientruppen e i partigiani non sono tutti santini di Padre Pio. Il film offre un vastissimo parterre di figure e caratteri, all'interno del quale trovano posto tedeschi cattivissimi cinici e spietati come no, partigiani eroici e generosi come no. Esistono comprensibili e fisiologiche sfumature e zone d'ombra da entrambe le parti, il che rende una storia (e la Storia) vera e plausibile. Capita che, a liberazione avvenuta, parte del popolo olandese, provato e sfiancato da anni di terrore, morte e soprusi, si rivalga brutalmente sui connazionali in odore di collaborazionismo. Alcuni olandesi, pur osteggiando la Germania, privilegiano la salvezza di compatrioti a quella degli ebrei. La messa in scena di simili episodi ha turbato parecchio gli spettatori orange. Eppure sono accadimenti registrati in ogni nazione occupata dai nazisti prima, durante e dopo la guerra. Tutto questo riabilita il nazismo e scredita le lotte di liberazione partigiana forse?
Chiunque veda il film dovrebbe essere in grado di contestualizzare, ma pare sia impossibile quando ci si approccia alla Seconda Guerra Mondiale. Black Book è un film interessantissimo, ottimamente realizzato, coinvolgente, semplicemente bel Cinema. Eccellente Carice Van Houten (...Scarlett Johansson chi??)