"Non c'è motivo di farlo. Non ho bisogno di soldi e non sarebbe un passo in avanti. Quante volte puoi far parlare Axel Foley velocissimo e puoi metterlo in un contesto che non è il suo? Ma questi figli di puttana stanno sviluppando degli script. Sono in pre-produzione. L'unica ragione per fare un Cop III sarebbe battere una banca, e la Paramount non staccherà nessun assegno grande abbastanza per farmi fare una cosa del genere. Infatti, se facessi un Cop III potreste tranquillamente dire: "Oh, deve avere avuto un sacco di soldi" - intorno al 1989 questo era il tenore delle dichiarazioni di Eddie Murphy in merito alla possibilità e all'opportunità di continuare la serie che gli aveva dato tanti soldi e successo. Beh, è andata diversamente.
La Paramount si mette d'impegno a far fallire il progetto ancor prima di cominciarlo, problemi di budget, tempi di produzione ballerini che innescano reazioni a catena, come ad esempio l'impossibilità di avere nel cast John Ashton (Taggart), Ronny Cox (Bogomil), Paul Reiser (Friedman). Non solo, Cox dichiarerà che dopo aver letto lo script del film fece in modo di essere già "impegnato". La sceneggiatura fu da subito un problema, cosa inventarsi per risolvere il problema che lo stesso Murphy poneva, ovvero far risultare il personaggio sempre fresco e porlo in una situazione che non fosse l'ennesima ripetizione dello schema poliziotto di Detroit nel magico mondo dorato di Beverly Hills? Tornò in voga l'idea - già accarezzata ai tempi del secondo episodio - di spostarsi in Europa; in particolare c'erano due versioni dello script, una con Sean Connery ed una addirittura con John Cleese, che avrebbero visto Foley alle prese con Scotland Yard. Alla fine fu ingaggiato Steve E. De Souza (quello di Commando e Die Hard), il che inevitabilmente dette un certo tipo di impronta alla sceneggiatura. Forse per controbilanciare, la regia venne affidata a John Landis, come a dire, action e commedia in egual misura. Il risultato fu un film stranissimo, affatto facile da decriptare e che ad ogni visione sembra far prevalere determinati elementi a scapito di altri, ora comici ora adrenalinici.
Beverly Hills Cop III è universalmente ritenuto un fiasco (di certo lo fu al botteghino, incassando meno degli altri due), l'apprezzamento di critica e pubblico fu davvero modesto per non dire inesistente. A distanza di anni Murphy lo ritiene un madornale errore, "atrocità" e "disgrazia" sono i termini esatti con cui ama ricordarlo. Landis da parte sua dice che lavorare con Murphy fu un vero problema, poiché oltre ad essere in un momento della carriera in cui appariva più stanco e demotivato, pareva che quasi lavorasse "contro" il film, imponendo scelte che sabotavano più o meno consapevolmente il buon esito. Più Landis cercava di rendere "simpatico" Axel Foley - probabilmente avvertendone la necessità per arginare l'effetto "Die Hard" impresso da Souza - più Murphy spingeva per un personaggio più maturo ed eroico, e dunque meno ridanciano. Questa tensione si avverte benissimo durante la visione, il film è una specie di ibrido, un po' enigmatico, che lascia interdetti.
Si avverte un tono dimesso, un po' sciatto, trasandato, anche considerando che invece il predecessore diretto da Scott esaltava in modo quasi parossistico proprio la forma, la grandeur, l'aspetto lussuoso della confezione, anche a scapito dei contenuti Il confronto è schiacciante. A ben vedere, secondo me Cop III non è davvero così peggiore di Cop II, anzi a livello di trovate è più brillante e certamente neanche i dialoghi sono peggiori. E' vero che l'azione si riduce (anche se il nome di Souza farebbe pensare il contrario), l'investigazione prende il sopravvento, anche per questioni di budget, ovvero meno esplosioni (tutte concentrate nel finale pirotecnico) e l'aspetto glamour di Beverly Hills - quindi macchine, ville, maison d'alta moda, fotomodelle col barboncino, etc. - sparisce del tutto. La prima sparatoria, quella che apre il film, pare estratta da un telefilm, la sensazione è proprio quella della tv, non del cinema. L'impatto è negativo, ci vuole un po' per riprendersi e finché non si arriva a Wonder World (il parco di divertimenti modellato su Disneyland nel quale avviene il grosso dell'azione) il malessere non passa. Poi il film riprende quota, Murphy piazza qualche buon gancio, c'è più ritmo, più movimento, più dinamismo, ma in generale Cop III rimane all'insegna del ridimensionamento, del vorrei ma non posso. Hector Helizondo a riprodurre le fattezze anche fisiche di Taggart (licenziato nel film con un pensionamento di cui nemmeno Foley è al corrente....poco credibile, vista la stretta amicizia tra i poliziotti), un Rosewood sempre più spinto verso l'autoparodia, una sparring partner femminile (dopo Lisa Eilbacher e Brigitte Nielsen) innocua ed anonima come Theresa Randle, un villain con la faccia di plastica come Timothy Carhart, seppur accompagnato anche dalla presenza rinfrancante di John Saxon, vecchia conoscenza del nostro cinema di genere.
Landis fa quel che può, alcuni momenti sono indubitabilmente suoi, portano la sua firma, come per i tanti cameo dei vari amici registi, il balletto dei meccanici o l'Annientatore 2000, una roba fumettistica che strappa risate sicure quando Foley tenta di usarlo, così come quando il redivivo Serge (Brosnan Pinchot) lo illustra con grande concitazione a Murphy e Judge Reinhold. La scena d'azione sulla ruota panoramica del luna park per qualche motivo non funziona come dovrebbe, alto tasso di spettacolarità, risultato mediocre. Terribili le musiche; Faltermeyer non partecipa ed il suo main theme viene violentato in una nuova versione "breakbeat hardcore" (qualsiasi cosa voglia dire). Fa abbastanza effetto rileggere le dichiarazioni dell'epoca in cui si magnificava il film e lo stesso Murphy dipingeva Foley come molto più maturo che negli episodi precedenti, rispetto poi alle infastidite distanze prese un decennio dopo, col senno di poi. Ogni volta che rivedo il film non riesco a capire se sia davvero così disastroso o se in fondo molti suoi pregi siano stati minimizzati e dimenticati. Personalmente penso che sia molto maggiore la sopravvalutazione del film di Scott che la reale esecrabilità di quello di Landis. Fatto sta che la saga - per ora - termina qui e che anche la carriera di Murphy dopo il '94, nonostante il buon successo commerciale de Il Professore Matto e del suo doppiaggio del ciuchino in Shrek, è passata dalla discesa alla salita.