Benedetta

Benedetta
Benedetta

Ultima controversa pellicola di Paul Verhoeven, sempre controverso, sempre divisivo con le sue opere. Benedetta nasce dal libro di una studiosa che a Firenze presso l'archivio storico cittadino rinviene la trascrizione di un processo seicentesco a due monache accusate di blasfemia, vuoi perché praticano l'amore lesbico in convento, vuoi perché una delle due è una profetessa apocalittica la quale ritiene di parlare per bocca di Gesù, che incontra abitualmente e che le ha anche fatto dono delle proprie stimmate. E suppergiù Verhoeven riporta la medesima vicenda sullo schermo pur prendendosi alcune libertà e mettendoci anche qualche suggestione derivante da Giovanna D'Arco. Nel caso di Benedetta è la giovane monaca a sedurre quella più matura e non viceversa, e questo Verhoeven lo fa per rovesciare la prospettiva sin troppo attuale del #MeToo che avrebbe visto del tutto fisiologico che la vittima fosse stata chi subisce il potere e non chi lo detiene. Per altro di vittime nel film non ce ne sono, se non della peste che imperversa in Italia ed in Toscana, mentre il convento sito nell'area di Pescia cerca di tenere fuori dalle mura il castigo divino. Benedetta (Virginie Efira) è una bimba che, sopravvissuta a morte quasi certa al momento della nascita, viene offerta a Dio e chiusa in un convento delle teatine. Qui viene subito adocchiata come testa pensante potenzialmente pericolosa da parte della badessa (Charlotte Rampling), ma giorno dopo giorno Benedetta guadagna le attenzioni di tutte attraverso una serie di accadimenti sempre più prodigiosi, immediatamente scambiati per miracoli. Benedetta è sempre nel posto giusto dove capita la cosa giusta che la mette in evidenza davanti alle compagne e alle autorità ecclesiastiche accorse per toccare con mano la presenza della prescelta da Dio. Nella sua scalata al successo Benedetta sostituisce la badessa alla guida del convento, mette a tacere ogni voce contraria e si erge a vero e proprio vice di Gesù Cristo sulla Terra. - SPOILER: Christina (Louise Chevillotte) si schiera apertamente contro di lei ma non viene sostenuta né dalle compagne né dalla vecchia badessa, finendo così per essere punita e arrivando a suicidarsi. Questo evento scatenerà la rabbia della anziana badessa ed una serie di eventi a catena che porteranno al martirio di Benedetta, salvata sul rogo dalla popolazione inferocita di Pescia, tutta schierata con lei.

Benedetta è il solito buon film di Verhoeven, girato con immenso gusto e mestiere, e con la sua altrettanto consueta propensione alla provocazione. Qui di elementi sfidanti ce ne sono parecchi, la visione del clero, la sovrapposizione spregiudicata di fede e inganno nonché di fede e lussuria, l'estasi religiosa e quella orgasmica sono praticamente la stessa cosa poiché Benedetta riceve persino istruzioni da Dio proprio attraverso il piacere sessuale, sia concretamente (un dildo ricavato dalla statuetta di legno di una Madonna), sia spiritualmente (Gesù profetizza proprio mentre lei si tocca, oppure le chiede di denudarsi e toccare il suo corpo). Sembra una pellicola fatta apposta per sconcertare pii uomini di fede, benpensanti, femministe e chi più ne ha più ne metta. Regia e fotografia sono davvero eccellenti e le oltre due ore di pellicola scivolano via in un batter d'occhio nonostante un budget non faraonico, ma anche a questo Verhoeven è abituato. La messa in scena sia degli esterni che degli interni colpisce. Particolarmente ambigui gli attori, non c'è praticamente nessuno che trasmetta la minima empatia, non ci sono giusti e non ci sono sbagliati. La figura centrale è naturalmente quella di Benedetta, il cui nodo non si scoglie mai. E' un'invasata che crede davvero in ciò che dice? Probabilmente si. Oppure è una manipolatrice opportunista? Probabilmente anche ed il bello è che le due cose non sono affatto in contraddizione ma si tengono perfettamente, anzi si alimentano l'un l'altra. Cerca di stare al suo passo l'amata Bartolomea (Daphné Patakia), apparentemente assai più ambigua e disincantata ma la quale rimane inevitabilmente vittima della malìa di Benedetta.

Verhoeven ha in progetto un suo film su Gesù, avendo un punto di vista che certamente non eviterà polemiche al regista (che Gesù sia il figlio di Dio è una torsione della verità imposta dalla Chiesa, Gesù di sé non lo ha mai detto e questo ha compromesso tutta la religione cattolica) ed in qualche modo Benedetta ne è stata una sorta di prova generale. Il co-sceneggiatore Gerard Soeteman (già tre film all'attivo insieme a Verhoeven) ha espressamente richiesto che il suo nome fosse rimosso dai credits perché non ha gradito l'eccessiva sottolineatura sessuale portata dal regista nella vicenda. In compenso il copione è stato invece assai gradito dalla Prof.ssa Brown, autrice del libro al quale Verhoeven si è ispirato per Benedetta, "Immodest Acts: The Life of a Lesbian Nun in Renaissance Italy". Il film è stato girato tra Montepulciano, la Val d'Orcia e in Francia. In Italia la distribuzione non è stata felicissima, diciamo che non ci si è sforzati troppo perché la gente avesse l'opportunità di andare a vederlo al cinema (nonostante sia passato anche da Cannes), e pure in homevideo da noi ci è arrivato con un ritardo di ben due anni, ma già da qualche mese è finalmente reperibile e personalmente ne consiglio la visione perché questo è ottimo cinema, per forma e contenuto. Ho letto ed ascoltato recensioni piuttosto negative che invece ne minimizzano e un po' ridicolizzano il portato, arrivando persino a citare i decamerotici o gli Squallor (di Uccelli d'Italia) come termini di paragone. Francamente faccio fatica a capirne il motivo, c'è una certa dose di furbizia, impossibile negarlo, ma nel caso di Verhoeven è sempre e solo un complimento. Concordo semmai sul fatto che la Efira, indipendentemente dalla sua volontà, non aveva forse il phisique du role più adatto perché saranno i capelli (per taglio e tintura), saranno i seni molto fotogenici, sarà la silhouette davvero scarsamente monacale, ma emana una carica sin troppo glamour per tenerci ancorati dentro il personaggio della savonarolesca suora del XVII secolo, ma tutto sommato questo si potrebbe spiegare come un'arma diabolica il cui scopo è proprio inebriare chi ne ascolta il messaggio messianico.

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