Belle Al Bar

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Belle Al Bar

Alessandro Benvenuti è un autore purtroppo assai poco valorizzato. Tralasciando l'esperienza cabarettistica con i Giancattivi e limitandosi anche soltanto al suo apporto alla causa cinematografica nazionale, sia come regista che come attore il suo contributo è stato notevolissimo eppure mai troppo considerato e sottolineato, tant'è che oggi Benvenuti - al di là della partecipazione al Barlume di Sky, come rimpiazzo dopo la scomparsa del povero Carlo Monni nel 2013 - si è sostanzialmente ritirato in teatro dove imperversa, ma ignorato dal pubblico delle sale martellato a suon di Checcho Zalone, Alessandro Siani e patetiche commedie scorreggione natalizie. Reduce dal non proprio eccellente Caino E Caino in coppia con Montesano nel '93, un anno dopo il regista toscano confeziona un film che è un piccolo gioiello di sensibilità, umanità e tolleranza. Assieme al compagno di sempre Ugo Chiti (ed a Nicola Zavagli), scrive una sceneggiatura incentrata sul cambiamento di orizzonti e prospettive, uno di quei travolgimenti che accadono in modo imprevisto, inaspettato e neppure desiderato in fin dei conti, tuttavia accadono, esplodono tra le mani senza lasciare alcuna alternativa se non accettarli, o soccombere rinunciando alla vita.

Leo (Alessandro Benvenuti) è un ex dj radiofonico, pittore fallito, oggi restauratore, tristemente sepolto dentro un menage familiare con Simona (Assumpta Serna); insieme hanno perso un figlio al quinto mese di gravidanza e la tragedia ha ulteriormente affossato il già stantìo rapporto sentimentale tra i due. Mentre SImona cerca disperatamente di emergere attaccandosi a comportamenti effimeri e superficiali, Leo si trincera sempre di più dentro un'armatura di insicurezze, ipocondria e perbenismo. Un giorno viene soccorso durante un attacco di claustrofobia (per essere rimasto imprigionato dentro un bagno pubblico) dal cugino Giulio, che non vede da quando i due avevano cinque anni. Giulio nel frattempo è diventata Giulia (Eva Robin's), una transessuale. Complice un lavoro di restauro che lo porta fuori casa per alcune settimane, Leo viene ospitato da Giulia, buttandosi alle spalle le incomprensioni con Simona. - SPOILER: Durante il suo soggiorno da Giulia, Leo risveglia il vitalismo e la curiosità per il mondo che aveva completamente obnubilato adagiandosi su di una vita pavida e indolore. Giulia lo mette davanti ad un universo completamente nuovo, l'ambiguità sessuale, il suo lavoro di escort, l'amicizia con un ragazzo omosessuale che desidera diventare donna ma viene osteggiato duramente dalla famiglia, i pericoli che la stessa Giulia fronteggia a causa di uno stalker violento e volgare. Al termine di questo percorso catartico di rinascita e rinnovamento Leo è un altro, al punto tale da aver messo in discussione ogni sua certezza, abbandonare il legame ormai avvizzito con Simona e scommettere sull'avventurosa storia d'amore con Giulia.

Prima di ogni altra considerazione, l'aspetto più interessante e convincente di Belle Al Bar è l'estrema delicatezza con la quale Benvenuti tratta il tema; non solo senza facili trivialità o ammiccamenti, ma anche riuscendo a tenere assieme commedia, sentimentalismo, romanticismo e un pizzico di "impegno civile" (senza scadere nel moralismo o fare pistolotti didascalici). Leo è un uomo qualunque, assomiglia a molti di noi ed è davvero significativo e persuasivo assistere alla sua trasformazione, lo sgretolarsi progressivo di ogni suo pigro e falsamente rassicurante ancoraggio per lasciarsi andare in balia delle onde, accogliendo l'amore sincero e disinteressato che Giulia gli dimostra. Fragile e seducente al contempo il personaggio interpretato da Eva Robin's, una compenetrazione inscindibile di finzione cinematografica e vita vera vissuta dell'attrice (anche per questo  il film è così forte ed incisivo). Benvenuti non si fa scrupolo di mostrare dettagli anatomici della Robin's, sono funzionali all'economia della pellicola, eppure sa farlo con garbo e intelligenza, senza approfittarne. Ecco, l'intelligenza è proprio il tratto fondante della storia e del modo in cui il finissimo autore ce la racconta. Un'estrema dolcezza e tenerezza miste ad una immensa umanità. Non pensiate che non ci siano battute comiche fulminanti ("Si Leo, io batto...." - "Ah, no perché a scuola avevi preso l'indirizzo per Geometra mi pare, no?") o contraltari che stemperano una certa tensione emotiva (è il caso di Gianni/Giovanni Pellegrino, poliziotto meridionale innamorato di Giulia, o di Andrea Brambilla, alias Zuzzurro, antiquario sessuomane).

Molto carina anche la colonna sonora firmata Patrizio Fariselli, che ha ovviamente il suo punto forte in "Pensiero Stupendo" di Patty Pravo. Diverse buone intuizioni registiche colorano la narrazione (qualche bel taglio di luce sugli occhi della Robin's, angoli di ripresa ricercati, penombre, eccetera). Il ritmo talvolta è un po' troppo nevrotico ed i dialoghi convulsi si fagocitano vicendevolmente, ma questa è una caratteristica che è sempre appartenuta a Benvenuti e, sebbene questa storia in particolare avrebbe forse meritato maggiore calma, non si può fare una colpa all'autore di quella che è una sua firma tipica e consolidata. Ad averne anche oggi di film così e di sceneggiature così. Per la Robin's si parlò di "ruolo della vita", peccato però che questo ruolo così profondo e importante non la condusse in realtà da nessuna parte, perlomeno in ambito cinematografico. Certo, la Robin's non sarebbe mai stata un'attrice "qualunque", sarebbe stata difficile da maneggiare all'interno di altri film, date le sue specificità (alle quali avrebbe fatto da contraltare la sua indiscussa bravura), ma se Benvenuti ci è riuscito con tanta brillantezza non si vede perché altri registi non avrebbero dovuto, saputo e potuto fare altrettanto.

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