
Gianluigi Calderone è l'assistente di Giovanni Bertolucci sul finire dei '60, ma nel '66 ha già diretto un cortometraggio e nel '69 un paio di lavori televisivi. I lungometraggi arrivano qualche anno più tardi, quando nel '74 scrive la sceneggiatura e cura la regia di Appassionata e La Prima Volta Sull'Erba (con questo'ultimo spunta una nomination al Festival Internazionale di Berlino), poi si seppellisce in tv per non uscirne più (le sue produzioni sono durate fino al 2008, tra queste I Ragazzi Del Muretto, Il Santo, Il Giovane Mussolini). Appassionata è il suo esordio e, benché venga ritenuto talvolta il debutto anche della Giorgi e della Muti, le due attrici in realtà avevano già diverse pellicole alle spalle, anche se pochi ruoli da protagoniste. Né vale la credenza che questo sia stato il primo film a mostrarne le grazie, poiché qualcosa si era intravisto anche prima. Certo è che Appassionata riunisce questa sfavillante coppia del cinema italiano degli anni a venire, e la spoglia quanto possibile, tenendo anche conto della scabrosità dell'argomento trattato. Va considerato poi che la pellicola esce nel '74, un anno prima che passi la legge che porta la magigore età da 21 a 18, quindi tecnicamente all'epoca entrambe le attrici sono minorenni, esattamente come i personaggi che interpretano (anche se si tratta di liceali e sia la Giorgi che la Muti liceali non lo erano più).
La famiglia borghese del dottor Emilio Rutelli (Gabriele Ferzetti), dentista, è composta dalla figlia Eugenia (Ornella Muti) e dalla moglie Elisa (Valentina Cortese), da tempo oramai vittima di un forte esaurimento nervoso e confinata tra le mura di casa. Eugenia frequenta assiduamente Nicola, sua compagna di classe, figlia di un diplomatico e allevata da una zia. Tra le due ragazze c'è un rapporto ambivalente di amicizia e competizione continua. Entrambe cercano pervicamente di sedurre Emilio. Ed entrambe ci riusciranno. La prima cosa che colpisce di questo ritratto di interni è la decadenza assoluta, la vuotezza, l'odore di putredine che si respira attorno all'architrave cardine della società italiana: la famiglia. Qui la famiglia è in assoluto disfacimento, pare essersi estinta da tempo, all'insaputa dei membri che ne fanno parte e che, quasi per inerzia, continuano a tenerla in piedi come una salma debosciata. E' un tutti contro tutti, all'insegna dell'egoismo, dell'edonismo e della perfidia a tratti gratuita. Emilio ci mette pochissimo a cedere alle lusinghe di una ninfetta coetanea della figlia; è sempre indeciso sul destino da riservare alla moglie (che comunque non ama più), sempre in bilico riguardo all'eventualità di chiuderla in una clinica. E sul finale arriva pure a concepire di fuggire via con Nicola abbandonando tutto e tutti in nome del suo "diritto" a rifarsi una vita. Eugenia è irrequieta, riottosa, annoiata, crudelissima verso sua madre, la quale ha il torto anche solo per l'1% di distogliere le attenzioni di suo padre da lei. Emilio non deve avere occhi che per Eugenia. Nicola apparentemente è la più equilibrata, ma le sue spintissime avances a Emilio la rendono una pericolosa virago, capace di assumere molteplici personalità. Elisa è una derelitta disperata, la cui carriera di pianista è stata frustrata dal menage matrimoniale, il cui ruolo di madre e moglie non è sostanzialmente riconosciuto da Eugenia ed Emilio. Vittima di una fragilità nervosa insanabile, subisce dispetti imbarazzanti e chiude la sua parentesi con una scena di corto circuito cerebrale degna dell'epica d'annunziana (almeno così la definisce il Mereghetti).
Un autentico nido di serpi, lo spettatore non vorrebbe avere a che fare con nessuna di queste. Molte le scene autenticamente disagevoli, come la seduzione di Nicole nello studio dentistico di Emilio, le provocazioni sessuali di Eugenia ai danni del padre, la festa di compleanno di Eugenia, le accoglienze che Elisa riserva puntualmente a Emilio, l'acquisto del regalo di Eugenia in un negozio di lingerie. Situazioni che donano malessere e sono ben scabrose, tant'è che la pellicola a suo modo fece "scandalo". Uno scandalo con ogni probabilità anche cercato, poiché si insiste abbastanza sui nudi e sulle profferte erotiche delle due "acerbe" protagoniste. Addirittura esisteva anche un approccio saffico tra le due che poi però non venne montato nel film. E però è noto che Calderone chiese alla Giorgi e alla Muti di inscenare una sorta di lite furibonda sul set, per alimentare le dicerie sulla feroce competizione tra le due (che in effetti c'era e proseguì negli anni Ottanta). Sul finale non è dato di sapere se effettivamente Eugenia abbia scoperto la relazione di Nicola col padre e se il suo incesto sia un piano favorito dalla compagna o una sua iniziativa all'insaputa di entrambi. Fatto sta che riesce ad ottenere ciò che ha cercato sin dal primo momento, e Emilio, osservando dalla finestra le ragazzine andare a scuola in una mattina come tante, pare forse rendersene conto. Sia la Giorgi che la Muti sono doppiate. Le musiche a carico di Piero Piccioni sono ridondanti, drammatiche, accorate e un po' barocche, comunque vanno d'accordissimo con la mortifera carta da parati dell'appartamento del dentista, e con l'incedere, a tratti abbastanza noioso, della pellicola. Rimane l'interrogativo sul titolo, "appassionata" chi sarebbe, Eugenia? I personaggi del film sono tutto fuorché mossi da passione, ovvero un'energia vitalistica e corroborante, bensì manovrati da un istinto di distruzione e annichilimento che mette paura.