Americani

Americani
Americani

James Foley è un regista imprevedibile, in carriera ha diretto le cose più disparate, da A Distanza Ravvicinata (1986) con Christopher Walken e Sean Penn a Who's That Girl (1987) con Madonna, da Americani a 50 Sfumature di Nero (e poi di Rosso), film estremamente distanti tra loro per atmosfere e intensità. Americani in particolare è forse il momento più "profondo" e verticale della sua carriera, benché la pellicola sia un adattamento (di David Mamet) di un lavoro teatrale. In 39 giorni il cast stellare assemblato per il film costruì un'architettura vorticosa tutta basata sui virtuosismi dei suoi interpreti, costantemente ripresi con un'alternanza di primi, primissimi piani e campi medi. Un film di interni, girato al 90% nell'ufficio di una agenzia immobiliare e con rarissime puntate esterne, perlopiù sotto piogge scrocianti. Americani (che in originale si chiama Glengarry Glen Ross, dalla fusione di due proprietà che i venditori devono piazzare ai clienti) è la radiografia del sogno americano, la sua diapositiva al negativo, cosa c'è dietro quel sogno, cosa comporta inseguirlo e che costi in termini di vite umane ha. In questo senso la pellicola di Foley è di una crudeltà e di una spietatezza assolute, al punto da mettere fortemente a disagio lo spettatore in più di un passaggio. Difficile sostenere le situazioni di Shelley Levene (Jack Lemmon), un anziano venditore sul tramonto, in bolletta e con la figlia all'ospedale (la sanità in America è a pagamento); di George Aaronov (Alan Arkin), un venditore totalmente privo di fiducia in se stesso e troppo poco aggressivo per fare quel tipo di lavoro; di Dave Moss (Ed Harris), sin troppo aggressivo, al punto da sfociare perlopiù nella boria e nella polemica improduttiva. Poi c'è Ricky Roma (Al Pacino), la piccola star dell'agenzia, i cui metodi psicologici sono tuttavia pura circonvenzione di incapace nei confronti del cliente, un mentitore spudorato, un diavolo trasformista capace di assumere qualsiasi identità e qualsiasi punto di vista pur di arrivare all'unico fine che gli interessa, vendere ed incassare. John Williamson (Kevin Spacey) è il giovane coordinatore dell'ufficio, costretto a rappresentare le istanze dei padroni e, contemporaneamente, fare da parafulmine per le insoddisfazioni e le recriminazioni dei venditori, la sua sedia si trova tra l'incudine ed il martello.

Questo microcosmo, già al quanto precario, viene sconvolto dalla visita di Blake (Alec Baldwin), un motivatore che anziché lavorare sulla fiducia dei venditori ne mina ogni residuo di autostima, annunciandone il licenziamento in una settimana se il loro volume di affari non aumenterà adeguatamente. Il passaggio dell'uragano Blake sarà il detonatore della esplosiva situazione dell'agenzia. Quella stessa notte verranno rubati i contatti (per le future vendite) destinate al miglior venditore in classifica. Si aprirà un tutti contro tutti all'insegna della sopravvivenza cannibale e dell'egoismo più sfrenato ed ambiguo. Americani è davvero doloroso da guardare, urticante come l'ortica nello stomaco, sferzante come filo spinato sulla carne viva. Per sognare occorre soffrire e talvolta la sofferenza può essere irreversibile e disintegrare ogni senso di moralità, etica ed umanità. Americani è verbosissimo, fisiologicamente tale, con ripetizioni ossessive di concetti, parole, atteggiamenti, indubbiamente molto "americano" anche nella cifra recitativa. Foley esprime grande finezza nel riprendere la scena e regalarle il dinamismo necessario a non far pesare sullo spettatore la staticità dell'azione. Un esempio su tutti: il dialogo tra Lemmon e Pacino nel quale il primo racconta al secondo la sua ultima gloriosa, epica, leggendaria vendita di 8 lotti di terreno per un totale di 82.000 dollari; Foley parte da una ripresa molto stretta e lentamente si allontana, dando profondità e rotondità a quella parentesi, che finisce con l'assumere la cornice di un racconto mitico e paradigmatico. Eccellente la prova di tutto il cast, con Pacino che (come al suo solito, per la verità) gigioneggia vistosamente, costringendo il nostro Giancarlo Giannini ad inseguirlo con il suo doppiaggio in cima alle montagne russe. Semplici e divertenti i titoli di testa che simulano il passaggio di vagoni della metropolitana (di New York, anche se il film è stato girato a Chicago), suggestiva la colonna sonora jazz, suadente e leggermente ansiogena. Tra gli slogan promozionali del film c'era anche "Amici veri. Amici generosi. Amici per la pelle. Degli Altri", estremamente appropriato, pensando ad esempio al battibecco che Harris e Pacino hanno subito dopo il furto dei contatti. Inizialmente il ruolo di Ricky Roma avrebbe dovuto interpretarlo Baldwin ma mollò quando comprese che se il corteggiatissimo Pacino avesse ceduto, lui sarebbe saltato. Tornò quando venne concordato e scritto un nuovo ruolo appositamente per lui (che non era presente nella versione teatrale). Col senno di poi quello di Blake ha finito con l'essere uno dei personaggi più iconici (e citati) del cinema americano.

Trailer ufficiale

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