E cosa vuoi dire di Alien, realizzato nel 1979 e praticamente fresco come una rosa, come fosse stato girato giusto qualche mese fa? E' ancora e sempre un punto di riferimento per qualsivoglia regista che intenda cimentarsi nella fantascienza, ed in quella segnatamente claustrofobica a sfondo horror; praticamente insuperato dopo 40 anni, non dà il minimo segno di invecchiamento ed è paragonabile solo e soltanto ai suoi sequel e prequel (lasciamo perdere gli spin off Alien vs Predator), non tanto perché questi siano di pari livello (solo uno può giocarsi questo derby sul filo di lana, quello di Cameron, pur essendo completamente diverso), ma perché il linguaggio è affine, identitario, assimilabile. Recentemente ho guardato l'edizione director's cut del 2003, nella quale Ridley Scott rivede il montaggio ed aggiunge alcune scene non inserite nella versione cinematografica originale, la più importante delle quali è quella in cui Ripley scopre i bozzoli di Dallas (Tom Skerrit) e Brett (Harry Dean Stanton) sequestrati dallo xenomorfo. Alien ha dei momenti di un'intensità "astronomica" (tanto per rimanere in tema), a cominciare dal vero e proprio incipit del film, l'introduzione lenta e discreta nei labirintici ed opprimenti meandri della Nostromo, mentre l'equipaggio ancora dorme e Mater inizia la laboriosa procedura di risveglio. Lo spettatore osserva da dietro uno specchio (uno schermo, a dir la verità), quasi spia il futuro che lo attende quando l'umanità viaggerà nello spazio. Poi c'è la comparsa del face hugger ed il conseguente deposito in infermeria del povero John Hurt. E' noto che la scena dello spacca petto non venne rivelata agli attori, tranne che ad Hurt per ovvi motivi. Dunque lo smarrimento che si legge sui volti del cast è genuino e sincero, Skerrit, la Weaver e la Cartwright sono davvero disorientati e spaventati, anche perché coperti di sangue gettato loro (a sorpresa) in faccia.
C'è l'estetica disturbante e raggelante di Giger, voluto fortemente da Scott perché contribuisse graficamente al film. La Produzione temeva che le sue creazioni risultassero troppe estreme per un pubblico "normale", ma Scott tirò dritto (grazie al cielo). Il dipinto Necronomicon IV è probabilmente quello che più di tutti determinò l'aspetto che avrebbero avuto gli alieni (ma c'è anche un pochino di Rambaldi). Per altro lo stesso titolo, semplice ed efficace, venne preso in considerazione (ed andò a sostituire il precedente Star Beast, assai meno centrato e più orientato sul fantasy, come del resto era la versione iniziale della sceneggiatura, per via del successo riscosso da Star Wars). L'aspetto dello xenomorfo adulto porta con sé molte delle ambiguità - anche sessuali - dell'arte gigeriana, e nel corso degli anni si sono sprecate le interpretazioni allegoriche e metaforiche sulla presunta simbologia dell'alieno, un nemico che è dentro di noi, la "bestia" che fronteggia la "bella", eccetera. La Weaver una volta lo paragonò anche all'AIDS. Il capitolo Ripley vs Ash (il droide interpretato da Ian Holm), oltre ad aprire un interessantissimo spunto di riflessione in ambito uomo vs macchina (con implicazioni filosofiche ed esistenziali praticamente infinite), conduce diretto alla fine - intendo la fine materiale, la terminazione - del robot, ovvero la scena del suo dialogo con Ripley mentre la testa è sommersa di quel liquame bianco sintetico che sarebbe la sua linfa vitale (ottenuta mescolando pasta scotta, cipolla e caviale). Il finale è un po' telefonato, nessuno si aspetta che Ripley sia veramente sola sulla navetta di salvataggio, e tuttavia il confronto con lo xenomorfo rimane comunque impressionante e coinvolgente, pur non potendo giocare sull'effetto sorpresa.
E' opportuno ricordare che Alien non sarebbe Alien se oltre al talento di Scott, di Giger, della Weaver (e del restante cast artistico, compreso il gatto Jones), non ci fosse stato anche il fantastico script di Dan O'Bannon, influenzato - per sua stessa ammissione - da tanti rivoli diversi della fantascienza filmica, come La Cosa Da Un Altro Mondo (1951), Il Pianeta Proibito (1956), Terrore Nello Spazio del nostro Mario Bava (1965), Strange Relations (1960) ed un cortometraggio del 1953 intitolato Junkyard, dove degli astronauti atterrati su di un asteroide si imbattevano in uova aliene. Ma anche Lo Squalo, tant'è che O'Bannon girava di studio cinematografico in studio cinematografico usando il film di Spielberg come termine di paragone (Scott invece pare preferisse pensarlo come un Texas Chainsaw Massacre nello spazio). Più ambigua la derivazione da un racconto del 1939 intitolato Crociera Nell'Infinito, che presenta alcune affinità col film (sarebbe meglio invertire i termini della proposizione). Su tutte: la sproporzione di potenzialità tra la creatura e gli umani, la riproduzione mediante "fecondazione" umana e la sconfitta del mostro con espulsione nello spazio. Tra lo scrittore (E. van Vogt) e la Produzione venne raggiunto un accordo (economico) di non belligeranza, esito che vorrà pur dire qualcosa sulla effettiva parentela della storia del film con il racconto.
Dopo essere stato offerto a Meryl Streep, il ruolo di Ripley sarebbe dovuto essere di Veronica Cartwright, la quale se lo vide soffiare dalla semi esordiente Weaver protagonista di un provino al quale evidentemente non si poteva dire di no; avremmo avuto una Ripley decisamente diversa (e più efebica). Non è una notazione di poco conto dato che il tenente Ellen Ripley è tra i più importanti archetipi di eroine cinematografiche femminili in ambito action e fantascientifico. Il set fu intenso e molto teso, scientemente reso tale da Scott, che cercava di mantenere alto il livello di tensione, pare riuscendovi divinamente (tant'è che furono numerosi i tumulti e i mugugni da parte degli attori). Il finale nelle intenzioni di Scott avrebbe dovuto vedere la morte (per decapitazione) di Ripley e lo xenomorfo che si sedeva ai comandi della navicella inviando comunicazione via radio alla Terra con la voce di Dallas. Per fortuna qualcuno impedì questa deriva grottesca. La post Produzione durò ben 6 settimane di più delle riprese, segno che Scott investì la massima cura in ogni dettaglio ed il risultato lo ha (e ci ha) decisamente ricompensato. Da notare che alla sua uscita Alien non ricevette solo critiche positive, Roger Ebert ad esempio disse in tv che il film era nulla più che una "intergalattica casa stregata genere thriller, ambientato all'interno di un'astronave", affiancandolo ad altre pellicole sci-fi che, a suo dire, si erano rivelate tra le più deludenti, come Guerre Stellari, Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo e 2001: Odissea Nello Spazio. Ebert insomma era l'uomo con il quale non andare al cinema se si cercava una compagnia che potesse garantire la visione di un buon film. Nel 2003 si rimangiò quanto detto 24 anni prima. Costato 11 milioni di dollari, Alien ne incassò 103 nel solo 1979. Eccellente la colonna sonora di Jerry Goldsmith, che contribuisce moltissimo al senso di angoscia e meraviglia che il film alterna incessantemente.