Questa pellicola è l'apice di una corsa a perdifiato che Sergio Martino inizia nel 1969 e che in particolare, a partire dal '71 (con la signora Wardh), concentra una serie di film fantasmagorici, che personalmente non mi perito di definire capolavori, che trovano appunto il loro climax con 40 Gradi all'Ombra Del Lenzuolo. Non che dopo non diriga altre squisite pellicole, tutt'altro (anzi!), ma questo sembra il punto più alto della salita che sulle montagne russe prelude poi alla picchiata della morte a velocità forsennata. 40 Gradi è una commedia (cosa tipica per il cinema italiano dell'epoca), sexy (cosa tipica per il cinema italiano dell'epoca) ad episodi (cosa tipica per il cinema italiano dell'epoca); è insomma la quint'essenza del cinema di genere di allora ed è il miglior esempio che possiate sottoporre ad un neofita del filone poiché, a differenza di molti altri titoli, questo film è tanto comico quanto sexy. Solitamente sotto quella dicitura rientrano film certamente sexy (chi più, chi meno), ma non sempre comici, la componente erotica finiva col prevalere o oscurare quella comica, vuoi per debolezza di quest'ultima, vuoi perché la guepierre e la scollatura procace garantivano un ritorno sicuro al botteghino. Martino dosa sapientemente i due elementi, li bilancia con maestria, esprimendo il meglio dell'uno e dell'altro (lo aveva già fatto in Spogliamoci Così, Senza Pudor... sempre del '78, sempre ad episodi). 40 Gradi è molto divertente ma è anche estremamente sexy.
Gli episodi sono 5, rispettivamente con le coppie Tomas Milian/Edwige Fenech (La Cavallona), Alberto Lionello/Giovanna Ralli (L'Attimo Fuggente), Marty Feldman//Dayle Haddon (La Guardia Del Corpo), Enrico Montesano/Barbara Bouchet (I Soldi In Bocca), Aldo Maccione/Sydne Rome (Un Posto Tranquillo). E' possibile fare una classifica interna di gradimento (il mio perlomeno), ma partendo dal presupposto che tutti e 5 sono brillanti e meritevoli. Vero è che quelli con le due regine del cinema sexy italiano, la Fenech e la Bouchet, hanno una marcia in più, e tuttavia - sorprendentemente - la palma di capitolo più divertente se lo aggiudica a mio parere quello con la Ralli. La Cavallona poggia su di una trama veramente esile, tuttavia è giocato interamente sulla caratterizzazione dei due protagonisti, grottesca ed estrema quella di Milian (che gli costò anche qualche critica), completamente trasfigurato, un camaleonte da Oscar, potentissima quella della Fenech, semplicemente irresistibile in questo film, ogni fotogramma grida erotismo e lussuria. Per altro Martino racconta di come fu lo stesso Milian ad insistere per una maschera così forte e cartoonesca. Con Alberto Lionello è difficile trattenere le risate, la sua mimica è fenomenale e la Ralli, partita dalle retrovie, qui si rivela una bomba sexy notevolissima, tanto da dar filo da torcere alle teste di serie del genere. I suoi stacchi di coscia in 40 Gradi sono diventati leggendari. L'episodio con Feldman e la Haddon risulta un po' avulso dal contesto, sarà per lo spessore internazionale dei due attori ma la differenza di tono si avverte. Feldman (doppiato sempre da Gianni Bonagura) è un animale da cinepresa, molti suoi momenti risultano esilaranti, tra il surreale e lo slapstick, e la storiella ha un suo perché, ma in effetti appare una specie di mondo a parte rispetto alle altre. Segue un Montesano ciociaro alle prese con una insostenibilmente bella Barbara Bouchet, perlopiù nuda o in lingerie. Montesano assicura la battuta schiacciante, la Bouchet provvede a tutto il resto. Si chiude con Maccione e la Rome, e con un episodio meno forte sul versante sexy, più naive e poetico, anche e soprattutto per la cifra attoriale dei due protagonisti, Maccione una sorta di Buzzanca meno ruspante e più fanciullesco, la Rome una fatina svampita ed (apparentemente) inconsapevole della propria carica erotica.
Ci vuole del bromuro per sostenere la visione, già dopo i primi minuti in compagnia con la Fenech appare chiaro in tutta la sua drammaticità. Martino spinge parecchio e le varie Fenech, Bouchet, Ralli offrono qui una delle prove più incandescenti di tutte le loro rispettive carriere. Cionondimeno, al netto della temperatura del termometro, si ride di gusto, la sinergia di Martino alla regia, di una sceneggiatura alla quale collaborano anche Tonino Guerra e Giorgio Salvioni, e di un cast di prim'ordine, dà vita ad uno dei migliori esempi di commedia sexy degli anni '70 in assoluto. Non a caso i fratelli Martino l'avevano pensata per l'esportazione all'estero, ma sia in Italia che fuori dai confini nazionali il successo di pubblico fu ampio (e meritato). Il faccione di Feldman fu messo al centro del lenzuolo (e dell'attenzione), dando ad intendere che sarebbe stato il protagonista di un film nel quale, in verità, non appare che 10 minuti. Uno di quei piccoli stratagemmi (come usare certi titoli ammiccanti o montare i trailer in un certo modo) che servivano ad ingannare "gentilmente" il pubblico e farlo sedere in sala.