36 Quai Des Orfèvres

36 Quai Des Orfèvres
36 Quai Des Orfèvres

Olivier Marchal, ex poliziotto, nominato cavaliere dell'Ordre des Arts ed des Lettres nel 2010, è un regista dalla scorza durissima, lo dimostrano molti suoi film, spesso e volentieri tendenti al noir, scanditi da poliziotti e criminali tra i quali non c'è una differenza poi così netta, uomini con la scorza altrettanto dura, dovuta ad un mondo circostante nero e senza pietà per quei parassiti che lo abitano, altrimenti noti come umanità. 36 - che sta per la sede della Polizia giudiziaria lungo la Senna, a Parigi - non fa eccezione; si tratta della storia di due poliziotti, una volta amici ma tra i quali è accaduta una frattura (naturalmente a causa di una donna). I due operano nello stesso distretto e le rispettive indagini finiscono col mangiare nel solito piatto. Léo Vrinks (Daniel Auteil) è sulle tracce di una banda di rapinatori di furgoni portavalori, efferata e inafferrabile, Dénis Klein (Gérard Depardieu) vuole acciuffare la stessa band ma le indagini sono in mano al collega. Klein le ostacola come può, causando persino la morte di un poliziotto oramai prossimo alla pensione. Quando poi annusa una pista che pare coinvolgere la copertura fornita da Vrinks ad un omicida.....

La cosa che più appassiona e coinvolge di 36 è il tono, l'atmosfera, il linguaggio filmico con il quale Marchal racconta e mette in scena. Un noir drammatico, aspro e arcigno, estremamente cupo, cinico,  violento, ineluttabile, senza redenzione. Il personaggio interpretato da Depardieu è un dannato che ha intrapreso la via senza ritorno della pena eterna. Ad ogni passo, ad ogni decisione, aumenta il fardello della sua colpa, lo fa consapevolmente, lucidamente e non mostra alcun pentimento o barlume di umanità. Non un cattivo sterile e fumettistico però, ma un uomo estremamente complesso, è potente, pur nella sua negatività, di indubbio carisma (ancorché malevolo). Di contro Auteil non interpreta il sergente Elias della situazione, Vrinks è altrettanto segnato dalla vita e dalla professione, accetta molti compromessi, fino all'ultimo, che lo spingerà oltre il baratro. I due uomini possono solo perdere, e perderanno. La pellicola, a suo modo, è di stampo classico, nessuna innovazione o particolare originalità, solo un film molto solido, girato in maniera appagante, da un cineasta che spinge sull'acceleratore, essendo disposto anche a sconfinare fuori dal politicamente corretto.

36 è atmosfera francese al 100% e tuttavia quando i cugini transalpini decidono di essere crudi e disperati ci riescono benissimo. Viene sempre il cruccio che molto difficilmente in Italia vedremmo un film così, c'è poco coraggio nel rappresentare i cattivi, compresi i buoni che si incazzano. C'è un generoso (e sapiente) impiego delle scene d'azione, questa non è fiction televisiva con commissari della porta accanto e l'appuntato meridionale al fianco, questo è cinema con tutti i crismi, una storia da raccontare, urbana, velenosa, intensa, un cast che risponde a dovere (tra cui anche la nostra Valeria Golino, piuttosto stimata oltralpe, anche se in un ruolo da poche pose centellinate), le meraviglie di Parigi sullo sfondo, tanto nero, dialoghi (con)vincenti ed un finale che non deve per forza mettere tutto a posto perché le vite che coinvolge sono già state minate irreversibilmente. 36 è dedicato alla memoria del comandante di polizia Christian Caron (vecchio collega di Marchal), ucciso in servizio proprio come Daniel Duval nel film. Ancora bellissima Mylène Demongeot, una delle regine di Francia (vista nei Fantomas, e in vari peplum, cappa e spada e polizieschi tra i '50 e i '70. Il riferimento all'informatore Silien (Roschdy Zem) è un tributo al poliziesco francese, Silien era il personaggio di Jean-Paul Belmondo in Lo Spione (1962).

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica