1990 – I Guerrieri Del Bronx

1990 – I Guerrieri Del Bronx
1990 – I Guerrieri Del Bronx

Il titolo "nobiliare" di primo post atomico italiano se lo aggiudica 1990 - I Guerrieri Del Bronx di Castellari. Che poi cosa si intende per "post atomico" italiano, o "post apocalittico", visto che le apocalissi possono essere di natura anche diversa da quella nucleare? Essenzialmente quel filone autoctono che si fa appunto canone, sulla scorta di alcune pellicole estere, segnatamente Interceptor e 1987: Fuga Da New York, opere che codificano determinate ambientazioni e topoi narrativi ma che si limitano a farlo per la durata di una storia, mentre il nostro cinema spaghetti se ne impossessa masticandolo e metabolizzandolo, per poi sputarlo fuori "rivisto e corretto" alla nostra maniera e serializzandolo, come accaduto anche per il western. Castellari per altro non si limita ai titoli menzionati, visto che ne I Guerrieri del Bronx c'è spazio un po' per tutto, dalla devastazione di paesaggi urbani proletari e post industriali al western, dalle scazzottate action a Easy Rider, dalla pseudo fantascienza distopica al fantasy, passando persino per il musical. Lo stesso progenitore del film, ovvero I Guerrieri Della Notte (1979), traeva in qualche modo ispirazione dal musical, non tanto per delle coreografie musicali (evidentemente assenti) quanto per la rappresentazione, l'assetto, l'impostazione soggiacenti alla messa in scena. In 1990 abbiamo un titolo che cita espressamente Carpenter, una trama che echeggia ripetutamente tanto il film con Kurt Russell quanto quello diretto da Walter Hill - con l'introduzione iniziale che illustra come una zona di New York sia stata adibita a recinto della criminalità, con tanto di scritta in sovraimpressione. Un rappresentante della classe dirigente borghese strappato dal suo aristocratico habitat naturale e trapiantato in mezzo ai nuovi barbari, la missione di recupero, variopinte gang/tribù che si spartiscono il territorio, capi messianici, alleanze e idiosincrasie tra opposte fazioni, la rivolta stracciona contro il sistema totalitario, sangue e violenza generalizzati, etc - ma abbiamo anche un budget ai minimi termini ed uno sceneggiatore (Dardano Sacchetti) che, su commissione del produttore Fabrizio De Angelis, deve sbrigativamente scrivere una sceneggiatura che si differenzi quel tanto che basta da I Guerrieri Della Notte per permettere la realizzazione di un film al traino dei campioni d'incasso americani ed australiani ai quali ci si intende ispirare.

Castellari gira gli esterni nel Bronx vero (le immagini più belle del film), mentre gli interni (fatiscenti e sgarrupati) a casa nostra. Infarcisce la storia di nomi e nomignoli che di per sé già stabiliscono suggestioni ed atmosfera di riferimento; c'è Witch con la frusta (Elisabetta Dressy), che effettivamente pare uscita pari pari da un nostro fantasy maccheronico; c'è Golem, ovvero il ciclopico George Eastman agghindato come una specie di sensei de' noantri; ci sono gli "zombie"; ci sono le svastiche naziste (usate un tanto al chilo, in modo un po' punk) e le uniformi da SS (che ovviamente smascherano subito colui il quale sarà il "traditore"); ci sono Speedy, Ogre, Trash, eccetera, tutti epiteti che disegnano istintivamente la silhouette di chi li "indossa", marchiando a fuoco il film. Il campione buono, il barbaro Conan della situazione, è un diciassettenne romano scovato da Castellari in qualche palestra locale. Il buon Mark Gregory (al secolo Marco Di Gregorio) ha un fisco possente, enorme, con un petto che pare il Titanc ed una testolina impiantata sopra smisuratamente piccola per quella montagna di carne. Ironia della sorte, ha anche delle movenze effemminate che un po' sorprendentemente intaccano il tasso di testosterone da super maschio alfa; ma tant'è, lo stesso Girolami lo riteneva una figura di grande impatto scenico ma un attore, se non altro, alle prime armi (cosa che, senza alcuna colpa, Gregory in effetti era). De Angelis comunque non si scoraggiò minimamente e lo volle con sé addirittura per una trilogia, la saga di Thunder (copia/incolla di Rambo). La dolce principessa da salvare e proteggere è addirittura la figlia stessa di Castellari (Stefania), che recita dichiarazioni d'amore estemporanee ed improbabili verso Gregory, mentre come nemesi di Trash (er Monnezza) c'è Vic Morrow (vero nativo del Bronx nel film e di fatto), che Castellari aveva già diretto nel precedente L'Ultimo Squalo (1981). Il suo è un personaggio particolarmente debole, così come la sua morte è piuttosto ridicola ed imbarazzante.

1990 - I Guerrieri Del Bronx a mio gusto non è un bellissimo film, in verità mi pare bruttino, per lunghi tratti pure un po' noioso (nonostante Girolami solitamente fosse un maestro del ritmo indiavolato), con una sceneggiatura che gira a vuoto su due o tre idee di base incaricate di tenere in piedi tutta la baracca assieme alla citazioni/omaggi/scopiazzature in economia dei vari Hill, Carpenter e Miller. Alcune scelte sono davvero estreme, come l'accompagnamento di sola batteria che scandisce una scena lunghissima e irritante proprio a causa di tale opzione. Di contro, l'ultima inquadratura, di grande respiro epico (e con dei riferimenti addirittura "classici") dura lo spazio di pochissimi secondi, quando invece Castellari si dilunga enormemente in alcuni passaggi che avrebbero richiesto un montaggio, a mio gusto, assai più stringente. C'è la gang dei ballerini di tip tap, con tanto di bastone e bombetta, che improvvisa un balletto attorno a Gregory, un quadretto che sta tra l'onirico ed il paradossale; c'è Joshua Sinclair che in una scena cappotta da solo con la moto sdraiandosi a pelle d'orso, un incidente palesemente vero che Castellari lascia tale e quale nel film; ci sono colluttazioni coreografate in modo un po' rozzo e grossolano, con colpi che vanno evidentemente a vuoto; c'è la recitazione atroce di Gregory (e gregari), c'è mr. "blaxploitation" Fred Williamson agghindato come John Travolta ne La Febbre Del Sabato Sera. Ciò nonostante, 1990 - I Guerrieri Del Bronx col tempo è diventato un vero e proprio cult, per la sua primigenia collocazione storiografica, per la sua visionarietà, per l'azzardo di Castellari, per un certo estremismo concettuale e con la complicità di una difficile reperibilità poi nel mercato dell'homevideo (se non rivolgendosi ad edizioni straniere magari mancanti di traccia audio italiana). Mi piace anche segnalare che il film può contare sui migliori doppiatori dell'epoca, voci familiari al pubblico italiano, dirette e coadiuvate da Pino Colizzi. Certamente un titolo da vedere, perché getta le basi di un importante filone del nostro cinema di genere (nonché di una trilogia di Castellari), anche se poi quel filone saprà esprimere pellicole, a mio parere, complessivamente migliori

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